7 maggio 2020
Con l’avvio della “fase 2”, anche la filiera automotive nel suo complesso si è rimessa in marcia e, stante il ruolo decisivo che riveste nell’economia dell’intero settore siderurgico (oltre che garantire lavoro a 270mila addetti solo nella produzione) siderweb ha pensato di chiedere una sorta di “aggiornamento” a Gianmarco Giorda (nella foto di testa), direttore dell’Associazione nazionale filiera industria automobilistica (ANFIA), per cercare di capire come il settore vive questo momento delicato.
«Intanto il settore si è rimesso in moto nel pieno rispetto, da parte delle imprese, di tutte le misure di sicurezza previste dal protocollo per la prevenzione della diffusione del coronavirus negli ambienti di lavoro sottoscritto il 14 marzo e aggiornato lo scorso 24 aprile. In diversi casi – spiega Giorda – le aziende hanno giocato d’anticipo rispetto al protocollo stesso, attuando misure ancora più restrittive e/o siglando accordi interni condivisi con le rappresentanze sindacali».
Le imprese hanno pagato, e probabilmente continueranno a pagare, un pesante tributo determinato anche da quelle misure alle quali Giorda accennava – basta ricordare i dati resi noti da FCA: appena 818mila vetture vendute nel mondo nel primo trimestre – e questo non può che portare ad immaginare lo scenario con il quale l’automotive si confronta nell’immediato, ma anche per il futuro.
«La ripartenza – conferma il direttore di ANFIA – è ovviamente molto sfidante, considerando che, in Europa, secondo le stime di ACEA, l’Associazione europea dei costruttori di autoveicoli, si sono persi, a livello produttivo, oltre 2,3 milioni di autoveicoli nell’arco del periodo di chiusura degli stabilimenti, 29 giorni in media, con forti ripercussioni su tutta la catena di fornitura».
Le aziende di settore, peraltro, non si dovranno confrontare solo con le problematiche legate al nuovo e diverso modo di lavorare all’interno dei reparti produttivi, ma anche con la crisi economica indotta dalla pandemia: «Lo scenario – spiega Gianmarco Giorda – presenta infatti una doppia criticità, dovendo rilanciare la domanda – dopo un blocco del mercato, dovuto al lockdown, che rischia di protrarsi per via del clima di incertezza di consumatori e imprese e della perdita di potere d’acquisto dettata dalla crisi – non solo per riavviare le vendite, ma anche per evitare un ulteriore fermo produttivo».
Come le associazioni continentali di categoria, in Italia ANFIA ha già, ed a più riprese, esposto la propria posizione. Forse però è bene ricordare le proposte più importanti già avanzate ai decisori politici e la visione di futuro prospettata.
«Continuando a supportare, in questo delicato momento, il settore che ANFIA rappresenta – dice Giorda – come associazione abbiamo presentato una serie di emendamenti al Decreto Liquidità, per introdurre ulteriori misure a garanzia della liquidità e dell’accesso al credito da parte delle imprese, nonché misure di natura fiscale. Manca ancora, tra i provvedimenti importanti da mettere in campo, un intervento per stimolare la domanda di autoveicoli, che dovrebbe articolarsi in maniera coordinata tra i maggiori Paesi europei. Incrementare l’utilizzo della capacità produttiva lungo tutta la filiera avrà effetti positivi anche sulla tenuta dell’occupazione».
Le proposte, specifica il direttore di ANFIA, «riguardano un rafforzamento dell’ecobonus già in vigore per le autovetture, sia in termini di plafond, sia con l’introduzione di una nuova fascia di auto beneficiarie dell’incentivo, quelle con emissioni di CO2 da 61 a 95 g/km. Siamo favorevoli anche a una piccola incentivazione all’acquisto delle vetture in stock presso concessionari e produttori. In assenza di interventi, il mercato auto 2020 potrebbe perdere oltre un terzo dei volumi del 2019 e potrebbero volerci alcuni anni per recuperare». Ed a risentirne sarebbe l’intera – o almeno una buona parte – filiera siderurgica italiana.
14 febbraio 2025
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