1 aprile 2020
Quali sono i primi impatti del Covid-19 sull’economia globale e quali le prospettive? A queste domande ha cercato di rispondere ieri, nel corso del webinar “L’acciaio ai tempi del coronavirus”, Stefano Ferrari, responsabile dell’Ufficio Studi di siderweb.
«I dati a disposizione sono pochi – ha spiegato – perché il contagio è relativamente recente ed i tempi dell’elaborazione statistica sono abbastanza lunghi. Ciò che si può dire è che la produzione industriale cinese del primo bimestre del 2020 è scesa del 13,5% rispetto al medesimo periodo del 2019, che le vendite di auto sono calate del 92% nelle prime due settimane di febbraio e che i consumi si sono contratti di circa il 20%».
Questi numeri, uniti al crollo della fiducia in Europa ed al netto incremento delle domande per sussidi di disoccupazione negli Usa spingono a pensare che le conseguenze del lockdown saranno molto violente. Ciò ha portato i Paesi del G20 a mettere in campo risorse per 5mila miliardi di dollari (pari al 6,7% del PIL) per cercare di alleviare la crisi che sta per giungere. Ma quali sono le prospettive per il futuro?
«Dare un numero per la previsione del PIL è molto complicato oggi – ha proseguito Ferrari -, basti pensare che il managing director del Fondo Monetario Internazionale, Kristalina Georgieva, il 23 febbraio aveva dichiarato che l’epidemia avrebbe portato ad una riduzione del PIL mondiale dello 0,1% rispetto alle attese, mentre un mese dopo la stessa Georgieva ha reso noto che la recessione globale di quest’anno sarà come minimo di pari magnitudo della crisi finanziaria del 2008-2009.
Da ciò emerge che il quadro si è deteriorato in maniera violentissima e inaspettata». Le attuali attese sono di una recessione globale, che Moody’s stima in una contrazione del PIL dello 0,5%, un dato «da tener d’occhio visto che nel 2009 ci si fermò al -0,1%». Per l’Italia le previsioni rese note sinora variano dal pessimismo al catastrofismo, con Goldman Sachs che prevede addirittura una riduzione del prodotto interno lordo dell’11,6%.
Per concludere, Ferrari ha detto che «dare dei numeri al momento è quantomeno rischioso. Alcune cose, però, sono ormai date per assodate dalla comunità degli economisti: ci sarà una recessione che porterà volatilità e l’interruzione di alcune supply chain. La domanda di alcuni settori sarà irrimediabilmente persa (turismo, viaggi aerei…), mentre per altri sarà posticipata (beni di consumo) e per altri ancora ci sarà una domanda aggiuntiva (medico-farmaceutico, vendite online, distribuzione alimentare). Per quanto riguarda l’Italia, sarà probabilmente la maglia nera dell’Europa, in quanto Paese più duramente colpito dal virus e con un’economia, come dimostra la curva del PIL negli ultimi 12 anni, già tendenzialmente fragile».
Per scaricare le slide presentate da Stefano Ferrari nel corso del webinar basta cliccare sull’icona
Anche Emanuele Norsa, editor di Kallanish, ha offerto il suo punto di vista sull’effetto che sta avendo il coronavirus sul mercato siderurgico e cosa ci mostra l’andamento del settore cinese.
«Nelle ultime settimane – ha detto – i tagli di produzione nel settore siderurgico europeo sono stati rapidi. In Italia e in Spagna questi sono avvenuti in gran parte per decisioni legislative, ma nella maggior parte del mondo simili riduzione di output si sono viste anche per motivi legati all’abbassamento della domanda. Se durante i primi due mesi dell’anno l’Europa ha prodotto 12-13 milioni di tonnellate mensili di acciaio liquido, è lecito pensare che tra marzo e aprile questo livello mensile potrebbe scendere fino ad arrivare addirittura a 7-8 milioni».
La riduzione dell’output, ha spiegato Norsa, «sta avendo un impatto diretto sul prezzo del rottame, ma non è difficile immaginare una ripresa rapida se le riaperture saranno confermate da metà aprile, anche per la mancanza di rottame nel mercato. Per il minerale, invece, il ritorno all’attività dei cinesi sta confermando che il prezzo tiene tra gli 80-90 dollari la tonnellata grazie anche alle fermate dei fornitori di minerale. I prodotti finiti stanno ovviamente flettendo, in particolare in Turchia a causa della mancanza di opportunità all’esportazione. A livello europeo domestico però la velocità con cui i tagli di output sono stati implementati sta tenendo i livelli alti, nonostante tutto».
E poi la Cina, «che è in una fase particolare, la domanda interna piano piano si riaccende ma lo fa mentre il mercato globale si ferma. Secondo le stime di Kallanish – ha detto ancora Norsa – la domanda Q2 interna cinese dovrebbe crescere del 6% circa anno su anno, recuperando almeno 15-20 milioni di tonnellate persi nel Q1. Se questa previsione si avverasse non è difficile pensare che la prospettiva fatta a inizio anno di una domanda interna di circa 900 milioni di tonnellate di acciaio in Cina (in crescita dell’1% anno su anno) non sarà poi troppo disattesa.
Per scaricare le slide presentate da Emanuele Norsa nel corso del webinar basta cliccare sull’icona
Per chi non avesse potuto partecipare, o volesse rivedere il webinar, ecco il video integrale
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