10 giugno 2014
Si sente raccontare fin troppo spesso che la chiave dello sviluppo e della crescita sta nella ricerca. E’ difficile non condividere un’affermazione tanto elementare. E', però, ormai così diffusa e sovente disattesa che, dopo averla ascoltata, si fa un cenno di assenso, poi ci si gira dall’altra parte e si rivolge la mente alla sopravvivenza quotidiana. E’ un atteggiamento sbagliato? Be’ magari il riflesso del politically correct ci spingerebbe a biasimarlo immediatamente, ma se provassimo a gettare uno sguardo disincantato e libero dai pregiudizi è giusto condannare simili atteggiamenti nel contesto in cui viviamo? La ricerca si basa soprattutto su un atteggiamento mentale aperto sia a guadagnare competitività sia ad accettare forti perdite. Tutto sommato sono elementi tipici della mentalità imprenditoriale: probabilmente se mancano questi elementi è compromessa la stessa linfa dell’impresa; basti guardare quanto siano severi i rapporti degli analisti statunitensi sulle società (anche siderurgiche) quotate al NYSE e al NASDAQ che non destinino una quantità cospicua delle loro risorse all’attività di ricerca. Personalmente non credo che gli imprenditori metallurgici e siderurgici italiani siano poco propensi a svolgere attività di ricerca, anzi hanno ottime idee e buone capacità di intuizione. Allora che cosa non funziona? Sarebbe giusto iniziare col dire che non sono certo aiutati dal contesto normativo e dal sistema di tassazione. Non è vero che il sistema in cui viviamo mette a disposizione pochi soldi per la ricerca, ma li alloca male e secondo logiche opache: rastrella parecchi solidi dalle imprese, finiscono nelle casse dei diversi ministeri che poi li ridistribuiscono con bandi di dubbia efficacia e con criteri di selezione discutibili. Pensate che questo sistema è riuscito a far nascere la figura dei progettisti dei progetti di ricerca (sic!). Si può anche aggiungere che nel caso specifico dei progetti di ricerca europei si sono formate delle lobby che controllano i centri di proposta e selezione dei programmi attraverso comitati di esperti che spesso hanno ben poca competenza tecnica e scientifica circa il settore in cui operano! Si potrebbe riflettere sul fatto che una delle ragioni per cui il tessuto delle piccole e medie imprese sente lontana l’Unione Europea è legato proprio al fatto che i suoi sistemi di ripartizione delle risorse appaiono più impermeabili al dialogo rispetto alle burocrazie nazionali, ma non per questo utilizzano criteri migliori o più imparziali. Una delle ragioni più profonde della diffidenza con cui ci si rivolge alla ricerca è legata ad un sistema che toglie agli imprenditori, alle università ed ai centri di ricerca uno dei motori fondamentali dell’esplorazione di nuovi percorsi tecnologici: la libertà (non quella di farsi i propri comodi) di fare ricerca per rispondere alle esigenze che si sentono più pressanti. La ricerca applicata o finalizzata dovrebbe invece partire da un libero confronto e da una proficua collaborazione tra imprenditori e ricercatori, così che lo strumento di sostegno più corretto non dovrebbe essere il piano finanziato da un ministero o da una regione, ma la detassazione all’origine dei fondi destinati alla ricerca. L’esatto contrario di quello che capita oggi, le risorse vengono prelevate dalle imprese per poi essere ridistribuite secondo logiche astruse e con numerose difficoltà di rendicontazione. Un solido sistema di allocazione delle risorse destinate alla ricerca che metta al centro la scelta delle imprese ed una collaborazione diretta delle imprese stesse con centri di ricerca ed università è uno degli snodi per cercare di stimolare uno sviluppo tecnologico in grado di rafforzare il nostro siderurgico, che ormai deve ragionare su un orizzonte temporale che permetta di allargare lo sguardo sino al 2030. Questa ricetta non è certo applicabile a tutti i settori, la ricerca di base è giusto che venga sostenuta direttamente dalla scelta pubblica e dall’impegno delle fondazioni, così come i grandi progetti driven challenge non possono che vedere il sostegno del sistema pubblico-statale. L’instaurazione di un solido sistema di crediti di imposta appare il motore più adeguato per svincolare il sistema della ricerca applicata e stimolare le imprese ad un maggiore impegno in questo settore, che appare fondamentale per l’innovazione di processo e di prodotto.
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