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«Il preridotto: nuovo punto di svolta della siderurgia?»

Con ogni probabilità nei prossimi anni sentiremo crescere sempre di più l’impatto che il preridotto causerà in termini produttivi e di competitività nei sistemi siderurgici e nelle diverse aree produttive su scala mondiale. Il preridotto è una materia prima costituita da almeno un 85% di ferro metallico, da una frazione variabile di ossido di ferro compresa tra l’8% e il 10% a cui si accompagna una frazione di inerte (ossidi di calcio, silicati ed alluminati). Questa materia prima può essere caricata negli altoforni per aumentarne la produttività e diminuire il consumo specifico di coke, oppure nei convertitori e nei forni elettrici ad arco in sostituzione del rottame, con il vantaggio che, rispetto a quest’ultimo, non presenta elementi chimici inquinanti (es. rame, stagno ecc.). La produzione del preridotto avviene prevalentemente attraverso lo sfruttamento del gas naturale o dello shale gas e su scala mondiale si situa attualmente tra 70.000.000t e 80.000.000t, con un andamento in decisa e costante crescita, come evidenziato dall’immagine sottostante.

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Figura 1. Andamento della produzione mondiale di preridotto (HDRI- Preridotto caricato caldo nei forni elettrici / HBI Preridotto bricchettato / Preridotto freddo) 

Nel panorama europeo, ed in particolare italiano, l'impiego di questo materiale può rappresentare un'interessante opportunità anche per far fronte alla cronica e strutturale carenza di rottame, che vede l'Italia importare annualmente tra i 5.000.000t e 6.000.000t di rottame. L'opportunità di utilizzo del preridotto sta crescendo anche grazie alle nuove tecnologie, in particolare al processo di carburazione, che consente di raggiungere concentrazioni di carbonio tipiche della ghisa (CDRI-CHBI). Lo sfruttamento del gas naturale e dello shale gas per processare i minerali (a parità di peso del ferro metallico ottenuto) permette di diminuire le emissioni di anidride carbonica di almeno il 63% rispetto alle tecnologie basate sullo sfruttamento del carbone (altoforno o corex). Contrariaramente a quanto ritenuto da molti analisti, la diminuzione nell'emissione di anidride carbonica che sembra verrà imposta dall'Unione Europea appare quindi tecnologicamente raggiungibile. D'altra parte, la realizzabilità tecnologica di questa soluzione potrebbe scontrarsi con problemi di agibilità politica e sociale, nonostante si tratti di un processo produttivo in grado di produrre una diminuzione consistente dell'impatto ambientale. Infatti, la preriduzione mediante gas naturale o shale gas implicherebbe l'eliminazione delle cokerie, ossia gli impianti di distillazione del carbon fossile, che possono rappresentare il vero bubbone ambientale di qualsiasi filiera siderurgica che parta dal trattamento del minerale. La possibilità di approvvigionare preridotto e di incrementare i margini economici, passa attraverso la possibilità di produrre questa materia prima sul suolo europeo o meglio ancora nella penisola italiana. E’ necessario poter acquisire gas naturale e/o shale gas in modo regolare, sicuro e a un prezzo competitivo, che può essere posto intorno a 0.23€/Nm3 contro i 0.35€/Nm3 attualmente pagati dalle imprese sul mercato del gas nazionale. La produzione del preridotto è legata in modo stretto alla disponibilità di gas a prezzi competitivi, come mostra la distribuzione territoriale degli attuali impianti di produzione (Figura 2) e non è un caso che gli USA stiano utilizzando lo shale gas a 0.08€/Nm3, per alimentare impianti di preriduzione che diverranno presto la nuova piattaforma di sviluppo della loro siderurgia.

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 Figura 2. Distribuzione geografica attuale della produzione del preridotto.

Il comparto siderurgico statunitense trarrà presto beneficio anche da una significativa diminuzione degli impatti ambientali e questo è un esempio, che dovrebbe far riflettere, di come l'efficienza ambientale si possa perseguire in modo concreto attraverso la realizzazione di opportuni contesti economici e non attraverso l'imposizione di velleitari vincoli ambientali. I piani di estrazione dello shale gas in Europa appaiono un'ipotesi tanto suggestiva quanto poco realizzabile in tempi ragionevoli, ma l’acquisizione di gas a basso costo esiste e dato che l'Italia è un paese marittimo questa ipotesi non è così remota. Gli impianti di rigassifiacazione già esistenti ed in gran parte inutilizzati, costituiscono un'opportunità di acquisizione del gas da diversi fornitori e dal 2020 anche dagli USA. Per farlo è necessario che gli operatori siderurgici entrino o costituiscano consorzi di dimensione adeguata ad alimentare gli impianti e a trattare con i fornitori da posizioni di forza. Al contempo l'autorità pubblica dovrà essere in grado di garantire la sicurezza delle forniture: con gli USA sempre meno impegnati a sorvegliare le rotte internazionali di transito dei cargo petroliferi e metanieri, in forza della loro ritrovata indipendenza energetica statunitense, l'onere della sicurezza ricadrà in maggiore misura sui paesi consumatori. Il Giappone, incerto se mantenere attive le proprie centrali nucleari, si sta muovendo con decisione verso l'installazione di impianti di rigassificazione. Forse è il momento che l'Italia cominci a pensare di seguire una prospettiva simile, almeno cercando di saturare la capacità di rigassificazione giù installata ed inutilizzata. La spinta di un settore energivoro quale quello siderurgico, può costituire un fattore determinante in questa azione.

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