3 giugno 2014
Nel passato recente abbiamo assistito - a livello sia nazionale, sia mondiale - a un processo di crescita delle dimensioni medie dei produttori di acciaio. Non si tratta solo di uno sviluppo dettato da vincoli di efficienza e da opportunità tecnologiche, ma per molti aspetti esso è sintomo di relazioni mutate tra i diversi player che animano la filiera: il controllo delle fonti di approvvigionamento diventa sempre più lo snodo strategico di sopravvivenza e le caratteristiche locali del mercato tendono ad appiattirsi, in ossequio ad un canovaccio sempre più universale. Tra tutti questi cambiamenti, più o meno evidenti, mi sembra ve ne sia uno particolarmente importante per il nostro sistema produttivo, ed è quello che incide sui rapporti tra produzione e reti distributive: se, infatti, il prodotto è di fatto una commodity, per cui non importa chi lo abbia realizzato, la distribuzione è un’attività terziaria, che come tale è profondamente radicata sul territorio, ha una connotazione locale e meglio della fase manifatturiera può essere difesa da una globalizzazione troppo aggressiva: come si suol dire, l’automobile – o qualunque altro prodotto – può venire da qualsiasi Paese nel mondo, ma la sua assistenza e commercializzazione deve avvenire sul posto, alle condizioni di mercato locali e nel rispetto di costi e normative comuni a tutti, sia ai prodotti delle economie emergenti che a quelli dei paesi industrializzati. Se la caratteristica di terziario difende in qualche misura l’attività commerciale, altri cambiamenti possono minacciarla, se non vengono compresi per tempo. Da questo punto di vista, quello apparentemente più critico è il processo di metamorfosi che forse sta subendo il rapporto di fornitura sottostante. In termini astratti possiamo dire che, in una transazione commerciale, il supplier assicura al cliente i prodotti e i servizi che sono necessari a quest’ultimo per completare la sua filiera produttiva; il fornitore si pone quindi in posizione di supporto rispetto al cliente, a cui assicura risorse critiche, che devono essere in linea con quanto richiesto; volendo applicare il ragionamento al nostro settore, sembrerebbe di poter sintetizzare la filiera dicendo che il produttore svolge tale ruolo fornendo il Distributore e che quest’ultimo generi margine trattando i prodotti siderurgici acquistati. Si potrebbe anche dire che il produttore siderurgico fornisce alla rete commerciale indipendente quanto gli viene richiesto e, per assolvere al proprio ruolo di fornitore, deve garantite quantità, assortimento e condizioni compatibili con le esigenze strategiche del cliente. Spostandoci in un altro settore, constatiamo che anche la casa automobilistica fornisce al concessionario le vetture, vendendo le quali si genera profitto; sembra però assai difficile continuare il ragionamento, e vedere Audi o Volkswagen nel ruolo di supporter del singolo concessionario, di cui sarebbero fornitori a tutti gli effetti, se applicassimo il ragionamento fatto finora fino alle sue estreme conseguenze. Se analizziamo meglio la relazione Fabbricante/Concessionario, vediamo facilmente chi stabilisce volumi, mix, prezzi, campagne di promozione e, in genere, tutti gli elementi portanti della strategia commerciale, e questo ci porta a concludere che non è il produttore a fornire un bene destinato alla vendita, bensì è il distributore che fornisce alla casa automobilistica un servizio commerciale; questo è il risultato di un processo di outsourcing iniziato negli anni ’50, che ha portato a sostituire le filiali- a controllo diretto – con imprenditori formalmente indipendenti, ma in realtà molto condizionati e condizionabili nelle loro scelte. Il caso dell’industria automobilistica è forse il più evidente, ma il medesimo scambio di ruoli avviene con i rapporti di franchising, che sempre più caratterizzano la distribuzione dei nostri tempi. Se il confronto ha senso, viene spontaneo domandarsi: che cosa sta succedendo nel mondo dell’acciaio? I distributori sono ancora indipendenti e in grado di modulare la gestione d’impresa secondo logiche loro proprie o i rapporti con i produttori stanno evolvendo, sicché da clienti, che acquistano prodotti fisici, si trovano a dover ragionare come fornitori di servizi commerciali? Il dilemma è solo apparentemente lessicale, perché i due ruoli hanno vincoli, priorità e, in genere, spazi decisionali molto diversi e soprattutto tra loro contrapposti: se questo è vero e si continua a ragionare da clienti mentre si stanno fornendo prestazioni terziarie a chi detta le regole, temo che il futuro possa essere problematico. La risposta è nei fatti, e a questo punto l’aiuto di voi lettori diventa fondamentale, perché solo confrontando esperienze diverse si possono trarre conclusioni, se non definitive, rubricabili almeno come ipotesi verosimili (o educated guess, per dirla con finezza).
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