11 marzo 2014
Nella rubrica scorsa abbiamo richiamato l’esperienza dei produttori di fibre sintetiche ed il loro accordo della metà degli anni ’60: l’obiettivo era una autolimitazione nello sfruttamento della capacità produttiva installata, per difendere i prezzi. Nella realtà, gli accordi sulla falsariga del Multifibre non funzionano, perché anche allora – nonostante la fortissima concentrazione mondiale dell’Offerta – il meccanismo si inceppò, in particolare per l’azione dei produttori turchi, che non avevano firmato l’accordo e si sentirono liberi di operare al ribasso, finendo per paradosso con l’essere avvantaggiati dal fatto che i main competitor erano vincolati dal patto di settore, e non potevano quindi reagire. Le difficoltà legate all’eccesso di capacità installata sono ricorrenti nel nostro settore, dove un accordo sulla falsariga del Multifibre sarebbe suicida in partenza, data la miriade di operatori attivi su tutti i mercati e l’impossibilità di ricondurli a schemi di comportamento comuni. Eppure il problema delle diseconomie di scala morde ferocemente e deve essere affrontato. Un’alternativa agli accordi formali potrebbe essere riscoperta, rivedendo quanto accadde con l’affermarsi della leadership ArcelorMittal alla fine degli anni ’90. Prima di allora, i produttori di tondino cercavano di saturare gli impianti lavorando sul prezzo e sulle condizioni di fornitura, senza però toccare alcuni tabù storici, in primis la piena produzione. Andando in controtendenza, il colosso di fresca costituzione lavorò invece sul prezzo, che tenne fermo, e ridusse l’offerta, tagliando alcuni turni e introducendo la sosta degli impianti che non potevano vendere la loro produzione. Sulla carta questa era un’eresia, perché negava le economie di scala, cioè il vangelo di settore. In realtà, la soluzione fu vincente, perché le economie di scala funzionano solo se possiamo vendere tutto il magazzino, altrimenti i costi crescono, come accennavamo anche nel primo appuntamento di questa rubrica. Ancora una volta non pensiamo di trovare la soluzione preconfezionata nell’esperienza del passato, ma stiamo attenti a non incappare nemmeno nell’errore opposto, ovvero negarne ogni validità. Trovare leadership solide sui vari mercati potrebbe essere davvero una soluzione interessante, almeno nei termini in cui queste si dimostrassero in grado di proporre regole corrette e condivise e farle rispettare in un regime di moral suasion efficace. Molti dei nostri settori produttivi – e, forse, ancor di più distributivi – stanno soffrendo per il calo del mercato: sarebbe bello trovare un modo per definire le regole di condivisione su cui costruire una leadership che ci aiuti a portare chiarezza e trasparenza, cioè le premesse per un confronto competitivo sano. Consideriamo innanzi tutto il mondo dei distributori: non sappiamo nemmeno quanti siano quelli che operano sul mercato italiano, ma quello che è certo è che sono assai più numerosi che negli altri paesi industrializzati; sono due anomalie – ignorarne il numero e il sovraffollamento – che sicuramente vanno contro le premesse per la costruzione di quella leadership di cui si ha tanto bisogno, ed è quindi importante superarle; la strada dell’associazionismo potrebbe essere interessante sulla carta, ma non ha mai funzionato: domandiamoci perché, come si potrebbero correggere le regole di collaborazione e quali obiettivi porci per renderle operative. Sarà in apparenza un gioco accademico, ma confrontare le idee di ciascuno di voi su questo tema potrebbe essere davvero il primo passo verso un contributo fattivo di noi teorici nel risolvere problemi gravi e preoccupanti. Un altro elemento su cui riflettere è la logica con cui molte aziende stanno sul mercato: un caso diffuso anche nei momenti di crisi sono i comportamenti spot, che permettono di lucrare nel breve i vantaggi offerti da opportunità particolari. Da sempre questo modo di agire ha dato soddisfazioni economiche a chi avesse buone disponibilità finanziarie, ma in congiunture di mercato volatili come quelle che stiamo vivendo potrebbero essere pericolose e soprattutto potrebbero alterare gli scenari, già abbastanza complessi e imprevedibili. Siamo sicuri che le operazioni spot siano sempre vincenti o possiamo metterle in dubbio, come avvenne per altri atti di fede di cui si è nutrito il nostro mondo per tanti anni?
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