21 aprile 2020
Stress Test. È questa una delle parole chiave dell’intervento di Claudio Teodori nel corso del webinar di siderweb «Gli ostacoli sulla via della ripresa - I conti delle aziende e le sfide Covid-19».
Una parola spesso legata al mondo bancario, ma che invece per il professore universitario deve essere applicata anche a qualsiasi impresa se si vuole poter valutare in maniera chiara ed efficace l’impatto di eventuali crisi, come quella che si sta vivendo a seguito dell’epidemia di Covid-19
«Gli stess test dovranno essere svolti tenendo conto di tre aspetti fondamentali, le dimensioni: reddituale, patrimoniale e finanziaria. Nel primo caso si va a valutare l’impatto dell’eventuale perdita dell’esercizio precedente sulla capacità dell’azienda di far fronte alle proprie esigenze nell’anno successivo. La dimensione reddituale ci permette di arrivare a determinare le politiche del circolante, per cui gli eventuali insoluti clienti ed eventuali differimenti nei saldi ai fornitori se non abbiamo risorse a disposizione. A questo poi si aggiunge anche la situazione degli investimenti, la cui valutazione sarà quanto mai più importante in termini di tempi e pagamenti».
Se le imprese dovranno avere ancor più attenzione ai propri conti ed agli indicatori Teodori ha anche evidenziato i limiti dei provvedimenti governativi posti in atto, in cui i due aspetti particolarmente impattanti risultano la mancanza di visione, dovuta ad una concentrazione a gestire l’emergenza piuttosto che un orientamento a consolidare la ripresa. Ma a mancare soprattutto sono tempistiche chiare.
«Per le imprese comunque saranno particolarmente cruciali i bilanci 2019. Gli indicatori che emergeranno da questi saranno infatti la base per capire l’entità potenziale di eventuali finanziamenti, per cui ogni elemento di criticità prima della crisi 2020 peserà più che in passato. Credo inoltre che nonostante sia stata concessa una proroga alla presentazione sia necessario ottemperare il prima possibile, se non altro perché più tempo vuol dire corredare anche più informazioni, e in questo caso vuol dire anche dare il maggior numero di indicazioni sull’impatto del Covid-19 nella parte più nera della crisi, senza poi poter citare un’eventuale recupero nella seconda parte dell’anno». Valutazioni che quindi potrebbero pesare nei successivi confronti con il mondo del credito.
Per Teodori quindi per il futuro anche le imprese dovranno dotarsi di sistemi evoluti di controllo di gestione, sistemi utili a poterne orientare il timone per poter avere meccanismi di difesa dalle crisi, meccanismo che dovrebbero essere collegati anche al Codice della crisi e dell’insolvenza il cui varo verrà probabilmente rinviato a causa proprio dell’impatto anomalo sui conti dovuto alla pandemia nel 2020.
Per consultare le slide presentate da Claudio Teodori nel corso del webinar basta cliccare sull’icona .
Quando ci sarà la ripartenza, in che stato di forma si presenterà la filiera dell’acciaio italiano? A questa domanda ha cercato di rispondere Stefano Ferrari, responsabile dell’Ufficio Studi di siderweb.
Per far ciò «la filiera stessa è stata divisa in quattro segmenti: acciaierie, tubifici, centri servizio e commercianti di acciaio, e per ognuno di essi sono stati calcolati tre indici, uno relativo alla redditività industriale (EBITDA), uno alla solidità (rapporto di indebitamento finanziario) e uno per verificare l’influenza della leva (ROI-costo medio dell’indebitamento)».
Per ognuno dei comparti sono state poi individuate le imprese con le performance peggiori, che sono quelle che hanno più probabilità di incontrare rischi alla ripartenza dopo il lungo lockdown. In particolare, nello studio sono state analizzate 672 imprese per un fatturato complessivo nel 2018 di 33,6 miliardi di euro. Di queste, 12 presentano tutti i tre indici negativi (EBITDA inferiore di oltre il 50% alla media del segmento, leva negativa e indebitamento finanziario più di 4 volte superiore a ciò che la dottrina ritiene l’ottimo), per un fatturato complessivo di 1,6 miliardi di euro e 57 imprese presentano almeno due indici negativi (4,1 miliardi di fatturato).
«Ne deriva quindi che ci sono almeno 69 imprese, pari all’10,2% del totale che sono erano in una situazione di rischio (medio o elevato) già prima dello scoppio della pandemia, e che quindi alla ripresa potrebbero partire da una posizione svantaggiata rispetto alla concorrenza. Esse, inoltre, rappresentano il 17% del fatturato della filiera, quindi hanno una dimensione superiore alla media della filiera».
Entrando nel dettaglio dei segmenti analizzati, «si può rilevare che i tubifici sono il comparto con potenzialmente meno rischi, in quanto hanno una buona redditività ed una solidità eccellente – ha concluso Ferrari – mentre i centri di servizio sono quelli con la redditività più basse e l’indebitamento più alto tra i settori presi in esame».
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