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Federacciai: «Il CBAM ha tre elementi di criticità»

Appello al governo per interventi strutturali di politica energetica

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In continuità con gli altri interventi del webinar "Section 232 addio: una nuova era per l’acciaio”, si è mossa anche l’intervista del direttore generale di Federacciai Flavio Bregant. Il suo intervento è partito dal tema del dialogo di filiera per arrivare alle problematiche recenti che il caro energia sta presentando alle imprese.

«Credo che il dialogo di filiera sia importantissimo e sono certo che possa portare a sinergie positive per tutti - ha detto -. Sulla Salvaguardia in particolare c’è un tavolo aperto al ministero degli Esteri, dove stiamo dialogando. Sono sempre stato un promotore del dialogo a partire da elementi concreti e riscontrabili, mentre ritengo che se ci si arrocca su posizioni ideologiche estreme non si vada da nessuna parte».

Per il direttore generale di Federacciai la Salvaguardia non può essere letta se non in continuità con la Section 232 a cui è «la naturale risposta e la sua ragion d’essere». «Anche perché quella che l’Europa ha ottenuto è una piccola apertura sulla norma che nella sua interezza resta ancora in piedi. Nel concreto, è un piccolo rilascio di quote che sulle 3,3 milioni di tonnellate concesse all’Ue ne portano 360mila all’Italia. Il che vuol dire che l’1,5% della produzione italiana può essere esportato negli Stati Uniti senza dazi. Il tutto con regole molto ferree e ben più complicate della Salvaguardia europea».

Bregant ha anche rimarcato che, tra l’altro, i player italiani non starebbero nemmeno utilizzando appieno questa concessione, limitandosi per ora al 42% di quanto disponibile nel trimestre e per quanto riguarda i piani siamo addirittura all’1,7%.

Per Bregant il provvedimento ha comunque svolto il proprio ruolo di barriera dagli eccessi di importazione, anche se «come tutte le attività umane è di certo perfettibile, a patto che ci si basi su elementi oggettivi».

Il direttore generale di Federacciai ha ribadito una volta di più come i produttori siderurgici italiani «siano a favore del libero mercato, ma a parità di condizioni competitive per tutti». Una competitività internazionale data soprattutto da «una filiera sana»; questo però per Bregant implica che si stacchi lo sguardo dalla congiuntura e si ragioni in maniera strategica sul medio-lungo periodo. «Non sono gli attori della filiera che si devono difendere gli uni dagli altri, ma si deve lavorare per difendersi dai player che operano al di fuori dalle regole del mercato».

Se il tema della Salvaguardia ha visto le posizioni di Assofermet e Federacciai ancora distanti, quello del CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism) ha avvicinato e di molto le posizioni delle due associazioni di filiera.

«Il CBAM dal punto di vista ideologico ha di certo una sua ratio - ha spiegato Bregant -. Il senso è quello di appianare le condizioni di mercato nel caso vi sia quello che si può definire impropriamente una sorta di dumping ambientale, dovuto anche agli obiettivi sfidanti di decarbonizzazione che l’Europa si è data, il cui raggiungimento rappresenta anche maggiori costi per le sue imprese. Lo strumento che si è pensato di costruire a mio avviso ha tre livelli di attenzione molto importanti. Due di costituency e uno di applicabilità. Il primo sta nel fatto che il CBAM viene proposto come uno strumento di protezione dal fenomeno del carbon leakage, un fenomeno già parzialmente coperto dal sistema ETS. Pertanto ci devono essere una complementarietà tra i due strumenti, un ingresso progressivo del CBAM e una graduale eliminazione dell’ETS negli ambiti di sovrapposizione. Questo a oggi non è previsto, perché i due sistemi sono ritenuti alternativi. Vi sono addirittura richieste di abbandono delle quote gratuite ancor prima dell’entrata in funzione del CBAM, e questo potrebbe rivelarsi un grosso problema per la siderurgia. Il secondo elemento si rivolge invece alla regolazione dell’export: il CBAM infatti crea condizioni di parità a livello europeo, ma comporta che i player europei abbiano costi più alti nel caso di esportazione in Paesi che hanno costi ambientali inferiori. Su questi elementi ci si scontra anche con i consulenti giuridici della Commissione Ue, che spesso hanno un approccio “datato” alle situazioni, come è stato nel caso dello status di economia di mercato alla Cina. Il terzo problema è quello applicativo e riguarda la copertura parziale della norma, che indirettamente incentiva a utilizzare le scappatoie concesse per aggirare il paletto. Soprattutto se i legislatori voglio approvare norme così complicate in tempi troppo brevi».

Ultimo punto toccato dal direttore di Federacciai è quello dell’energia: Bregant ha invocato la necessità di politiche energetiche a livello nazionale capaci di evitare che le aziende italiane finiscano fuori mercato. «Servono interventi congiunturali e strutturali - ha ribadito -. Abbiamo fatto un elenco di 13 proposte con Confindustria, che passa da una stabilità dei prezzi di gas ed elettricità legati a meccanismi sterilizzati dalla speculazione, a politiche energetiche che puntino sulle risorse interne. Il tutto però con una politica internazionale più forte: non possiamo far sì che l’Ue, che punta solo sulle rinnovabili, blocchi tutta la transizione. Sul gas mi piacerebbe vedere un’apertura di Biden verso l’Europa, dal momento che la spinge sempre più verso tensioni con la Russia. E credo che si debbano anche rivedere i meccanismi di formazione del prezzo energetico».


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