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Dolomite Franchi: la garanzia del “made in Italy”

Preoccupa la “tassa ambientale” sulle emissioni di CO2. Non si fermano gli investimenti

Ha partecipato a Made in Steel fin dalla prima edizione, quella che nel 2005 si tenne alla fiera di Brescia. Nel 2019 ha festeggiato a fieramilano, insieme alla filiera dell’acciaio, i 100 anni di attività. E alla Conference & Exhibition non mancherà neppure quest’anno Dolomite Franchi, la società del Gruppo Intocast con sede a Marone (Bs) che produce refrattari dolomitici per il rivestimento di forni elettrici, siviere, convertitori AOD usati nell’industria siderurgica.  

«La nostra presenza a Made in Steel – spiega il direttore generale, Alessandro Romano - vuole confermare il ruolo fondamentale del nostro “made in Italy” rappresentato da una garanzia di qualità e di affidabilità di approvvigionamento di prodotti finiti in una filiera di mercato che dipende quasi totalmente da importazioni, molte delle quali di provenienza cinese». In questa nona edizione dell’evento, l’azienda presenterà, «oltre ai nostri consolidati refrattari di dolomite, la vasta gamma di prodotti che il nostro gruppo è in grado di offrire: materiali specifici per tutte le esigenze di produzione dell’acciaio, sia per la metallurgia primaria che secondaria». L’obiettivo è diventare anche «fornitore globale di refrattari nel settore siderurgico», continuando a essere «riferimento dei già apprezzati prodotti di dolomite»

Dopo una lunga fase di distanziamento forzato, cosa vi aspettate possano portare il ritorno in fiera e la possibilità di incontri tra operatori?
Nell’affermare l’insostituibile valore che ci viene offerto dai moderni sistemi di comunicazione, senza i quali l’impatto di questa pandemia globale avrebbe certamente apportato danni ancora maggiori al sistema produttivo mondiale, siamo altrettanto convinti che ci sia urgenza di poter ritornare al più presto ad incontrare le persone e che questo rappresenterà un rinnovato slancio sia per l’economia che per l’essere umano stesso. 

Come si è chiuso il 2020 per Dolomite Franchi?
Dopo la prima fase della pandemia, che ha significato sino ad una contrazione del 30% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, a partire dall’autunno 2020 abbiamo assistito ad una discreta ripresa della domanda, che ci ha permesso di dimezzare questo scostamento, chiudendo l’esercizio 2020 con una riduzione del 15% rispetto al 2019. 

Proprio a causa della pandemia, abbiamo avuto anche un problema di discontinuità nel nostro consueto programma di formazione per i nostri circa 200 dipendenti, che arriva a contare quasi 3.500 ore. Abbiamo fatto il possibile con incontri a distanza, ma restiamo vincolati alle norme del distanziamento sociale. Speriamo che la seconda parte dell’anno ci permetta di tornare al livello di formazione che normalmente forniamo ai nostri lavoratori. 

Quali sono gli obiettivi per il 2021?
In questo primo trimestre dell’anno stiamo registrando un sensibile consolidamento della ripresa verificata negli ultimi tre mesi del 2020, in modo omogeneo sia nel mercato domestico che in quello estero, con un nostro ritmo produttivo paragonabile a quello del 2019.
È complicato esprimersi sul lungo termine. Non abbiamo però in previsione contrazioni di produzione paragonabili a quelle del 2020, il che ci permetterà di mantenere una certa continuità lavorativa. 

Nel capitolo investimenti, stiamo definendo la revisione completa della teleferica che trasferisce la roccia di dolomia dalla cava di Zone allo stabilimento di Marone. Una manutenzione straordinaria che porterà l’impianto ad essere “state of the art” in termini di tecnologia di trasporto a fune, per la quale investiremo circa 1,3 milioni di euro. 

Prosegue inoltre l’impegno sul fronte della massima riduzione dell’impatto ambientale, a partire dalla ricoltivazione dei fronti cava che dobbiamo abbandonare, alla riduzione delle emissioni dei forni di sinterizzazione e del rumore, nella logica del miglioramento continuo delle performance ambientali dei nostri processi produttivi. Sul fronte della Ricerca & Sviluppo, siamo molto impegnati nello sviluppo di prodotti con l’utilizzo di nuovi leganti a basso impatto ambientale. 

Proprio sul fronte ambientale, vi preoccupa l’entrata in vigore quest’anno della fase 4 (2021-2030) del Sistema per lo scambio delle quote di emissione dell'Unione europea?
Stante il confermato obiettivo europeo di riduzione nel 2030 del 55% delle emissioni di CO2 rispetto al 1990, è quanto mai urgente che il legislatore metta in campo gli strumenti che permettano all’industria europea di poter continuare a competere a livello globale, impedendo la delocalizzazione del carbonio (Carbon Leakage), visto che sul mercato globale i nostri competitori non devono sottostare a queste norme.

Per noi il mercato estero rappresenta ormai il 60% del nostro fatturato, di cui il 30% è esportato nei mercati extra europei. Si tratta di fatto di concorrenza sleale. Basti pensare che il 65% delle nostre emissioni di CO2 derivanti dal nostro processo produttivo non è comprimibile: deriva infatti dal processo stechiometrico di trasformazione chimica del carbonato di calcio e magnesio in ossido. Solamente il restante 35% è attribuibile al nostro consumo energetico.

Per questo è paradossale e non etico il fatto che dovremo subire in futuro una tassa ambientale crescente. Potremo sopravvivere solo se riusciremo a ribaltare questi ulteriori costi sul cliente finale, ma sappiamo che non sarà facile convincere il mercato. A ciò si aggiunge la difficoltà di un settore produttivo unico in Italia e quasi unico in tutta Europa, dove sono rimasti ormai pochissimi produttori di dolomite refrattaria sinterizzata. Questo rende difficile poter organizzare una efficace rappresentanza a livello istituzionale.

Credo che alla fine si dovrà arrivare a un punto di equilibrio: penso alla continuazione della allocazione gratuita dei certificati di Emission Trading alle attività maggiormente esposte, che sembra invece cesserà gradualmente da qui al 2050; oppure all’implementazione di un più complesso meccanismo di tassazione del carbonio alla frontiera europea EU (Carbon Border Adjustment Mechanism - CBAM), che è in fase di studio presso la Commissione europea.

I prezzi delle materie prime siderurgiche stanno attraversando una fase di forti rialzi. È un trend registrato anche nel comparto dei refrattari?
La tendenza al rialzo dei prezzi delle materie prime e di alcuni servizi, quali ad esempio il trasporto marittimo, unitamente alla crescente pressione rappresentata dalla già citata entrata in vigore della IV fase del Regolamento UE -ETS, il mercato di scambio delle quote di emissione della CO2, oltre alla riduzione della capacità produttiva globale causata dalla contemporanea chiusura di alcuni siti produttivi di refrattari cinesi, stanno generando una spinta al rialzo dei prezzi dei prodotti del comparto refrattario. 
Le quotazioni oggi stanno lievemente ritracciando, ma è difficile fare previsioni. Certo continuiamo a registrare il forte problema del trasporto marittimo, soprattutto verso l’Estremo Oriente. In un anno i costi sono più che raddoppiati, anche per la riduzione dell’offerta da parte delle compagnie, che hanno tagliato spazi e volumi.   


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