21 maggio 2020
Ventisei anni, certamente non tutti vissuti in serenità, ma nel corso dei quali sotto la gestione di thyssenkrupp gli stabilimenti di Acciai Speciali Terni hanno rappresentato e rappresentano un punto fermo nel panorama italiano delle produzioni di acciaio e garantiscono oltre il 60% del PIL di una città che proprio grazie a quelle acciaierie è cresciuta ed ha prosperato ed anche il 15% del PIL dell’intera regione Umbria.
Ora sembra proprio che, stando all’annuncio dato dal gruppo tedesco, alla storia di quelle acciaierie – nate ufficialmente il 10 marzo 1884 come “Società degli alti forni e fonderie di Terni” (Saffat) – si dovrà aggiungere almeno un capitolo nuovo. Quello della possibile cessione, anche se thyssenkrupp ha detto di non escludere possibili partnership.
Nemmeno il tempo di prendere atto delle decisioni annunciate ad Essen che, manco a dirlo, si è scatenata la caccia ai possibili acquirenti: con una tecnica che ricorda molto il rincorrersi e l’accavallarsi di indiscrezioni (dalle “cordate italiane”, magari con il supporto statale, alle possibili scorribande di grandi gruppi stranieri, fino alle sempre presenti, in questi casi, lusinghe dei fondi di investimenti internazionali) tipiche del periodo del così detto “calcio-mercato”.
Soprattutto perché – nel pieno della crisi indotta dal coronavirus e con un’altra importante questione aperta nel settore dell’acciaio in Italia, come quella dell’ex Ilva – l’annuncio di thyssenkrupp di essere alla ricerca di un partner o di un acquirente per Ast non è sembrato un modello di tempismo. Con il sovrappiù della giustificazione addotta: per il sito ternano non si vedono prospettive future sostenibili.
Per un’azienda che – dopo aver registrato utili per 87 milioni nel 2017 e 98 nel 2018 – ha chiuso il bilancio dell’ultimo anno fiscale con una perdita di 1.885.940 euro, «a causa del difficile contesto in cui la società si è trovata ad operare – aveva spiegato Acciai Speciali Terni – in uno scenario di prezzi decrescenti e che è andato via via peggiorando».
Rispetto all’esercizio precedente, infatti, le spedizioni di AST avevano subìto una flessione dei volumi complessivamente contenuta, pari al 5,6%, con una differenziazione tra i prodotti Laf (Laminato a freddo) a maggior valore aggiunto (-1,1%) e prodotti Nac e Black (-11%). Anche i tubi avevano subìto una diminuzione (-8.6%), causata dalla crisi del settore dell’auto.
Il sito ternano, peraltro, è stato oggetto di investimenti notevoli da parte di thyssenkrupp – «a fronte dei 170 milioni promessi nel 2014, ne sono stati realizzati 192 e dei 60 previsti per questo biennio, 33 li abbiamo fatti lo scorso anno e 27 saranno portati a termine in quello in corso», ha ricordato l’ad di Ast Massimiliano Burelli – che permetteranno di incrementare le produzioni “a freddo” oltre le 550mila le tonnellate prodotte nel 2019 (con quasi 65mila tonnellate di tubi, ma con impianti tarati per 100mila), mentre l’area “a caldo” conserva un potenziale ben superiore al milione di tonnellate all’anno.
Fino ad oggi, però, l’unico ad aver detto con chiarezza di guardare con attenzione al sito ternano è stato Antonio Marcegaglia, patron dell’omonimo grande gruppo, che già nel 2018 – nel corso di innovA – aveva risposto così alle domande di siderweb:
Ast in thyssenkrupp in pillole
1994 - Le acciaierie vengono vendute alla Kai, società a capitale misto, italo tedesco, con quote paritarie in possesso dell’italiana Far e della tedesca Ktr. L’italiana Far è composta da tre soci: Falck, Agarini (con il 42% a testa) e Riva (con il 16%), mentre la tedesca Ktr è composta da Krupp e Thyssen (allora ancora unità distinte). La valutazione è di 621 miliardi di lire: Kai ne versa poco più di 150, accollandosi tutti i debiti.
1995-2001 – Mentre nel frattempo nasce thyssenkrupp tutti i soci italiani cedono le loro quote ai tedeschi.
2009 – Tutta la produzione dell'acciaio inossidabile viene inserita nell'area d'affari Stainless Global,
2001 – Stainless Global confluisce in Inoxum. Da quel momento inizia un percorso destinato a concludersi con la vendita.
2012 – La Commissione Europea approva l’acquisizione di Inoxum da parte di Outokumpu, subordinandola però alla cessione degli impianti di produzione di inox situati a Terni – che tornano a prendere il nome di Acciai Speciali Terni – al fine di evitare la costituzione di imprese aventi posizioni dominanti sul mercato europeo.
2013 – Con un colpo di scena, thyssenkrupp si riprende tutto da Outokumpu e Ast torna sotto l’ombrello tedesco.
2014 – Lucia Morselli subentra a Marco Pucci nel ruolo di amministratore delegato e presenta un piano-shock che prevede una profonda ristrutturazione ed il taglio di circa 500 addetti. Si apre una lunga vertenza che si conclude dopo 140 giorni di scioperi con un accordo al MiSe. Ad oggi i lavoratori che hanno lasciato le acciaierie ternane sono in numero superiore a quello annunciato allora.
2016 – Massimiliano Burelli, sostituisce Lucia Morselli ed è il nuovo amministratore delegato.
2020 – Dopo essere stata considerata, a fasi alterne, strategica o no, Acciai Speciali Terni viene di fatto messa nuovamente sul mercato. Forse nel momento peggiore.
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