17 aprile 2020
Anche l’Ance, l’Associazione nazionale costruttori edili, partecipa al confronto avviato da siderweb con le rappresentanze delle varie categorie che stanno pagando a caro prezzo l’interruzione dell’attività a causa dell’emergenza coronavirus. Lo scopo è quello di comprendere quali conseguenze dirette hanno dovuto fronteggiare e quali sono le aspettative per il futuro. A rispondere alle domande è il presidente Gabriele Buia (nella foto di testa).
Avete già evidenziato l’impatto negativo che il coronavirus ha avuto ed ha sul vostro settore. È ipotizzabile il periodo di tempo che sarà necessario per recuperare? Quale temete possa essere l’effetto di medio-lungo periodo?
L’emergenza coronavirus ha travolto il nostro settore che era già allo stremo dopo una crisi lunga 11 anni. Se non riapriamo subito i cantieri sarà un disastro, rischiamo di pagare un prezzo sociale altissimo. Non dimentichiamoci che le costruzioni con l’indotto rappresentano il 22% del Pil italiano e danno lavoro a 2 milioni di persone. Abbiamo calcolato che se il lockdown finisse a maggio, il settore registrerebbe una un calo del 10%. Uno scenario più pesante, con il blocco fino a settembre e la riapertura a singhiozzo si arriverebbe al 28% nel 2020 e del 19% nel 2021. Numeri drammatici.
Alla ripartenza sarà necessario qualche aggiustamento nelle politiche delle imprese? I rapporti tra le varie componenti della filiera potrebbero modificarsi?
La lunga filiera delle costruzioni, dalle imprese ai professionisti del settore fino ai produttori di materiali è fondamentale per consentire al Paese di ripartire. Sarà necessaria una sempre maggiore integrazione all’interno di questa lunga catena, dove ogni anello è fondamentale e strettamente connesso all’altro. Dovremo essere capaci di dialogare, integrare al meglio tutte le fasi del processo produttivo, sfruttare efficacemente la digitalizzazione, innovare e rinnovarci in fretta, in un processo virtuoso che non potrà che essere fondato sulla piena sostenibilità di tutti i nostri interventi.
Quale giudizio date rispetto alle misure messe in campo dal governo e da alte istituzioni?
Alcune misure sono utili, ma non possono bastare. Bisogna fare in fretta e immettere liquidità immediata nel sistema. E poi si tratta di sostegni provvisori, di debiti, che se senza lavoro non riusciremo a pagare.
Quali sono, a vostro avviso, le misure che sarebbero necessarie e che non sono state prese? Quali strategie si potrebbero adottare, a livello generale, per mitigare gli effetti della pandemia?
Abbiamo ancora tempi troppo lunghi, procedure arcaiche, barriere insostenibili. Occorre tagliare con l’accetta tutti i tempi morti. Ci vogliono norme snelle, risorse adeguate, procedure trasparenti. Dobbiamo adottare un Piano Marshall per l’Italia. Che vuol dire risorse pubbliche immediatamente spendibili per opere pubbliche diffuse sul territorio e incentivi indispensabili per rilanciare il mercato privato che ha bisogno di fiducia. Dobbiamo sostenere famiglie e imprese affinché la domanda riparta in tempi brevi e di conseguenza tutto il settore dell’edilizia che con la sua lunghissima filiera può dare lavoro e distribuire ricchezza a un’ampia fetta della popolazione.
7 febbraio 2025
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