14 gennaio 2025 Translated by Deepl
Tra le offerte vincolanti che i commissari straordinari di Acciaierie d’Italia hanno ricevuto per l’acquisizione dell’ex Ilva, le tre che hanno riguardato tutti i complessi aziendali provengono esclusivamente da soggetti stranieri. Un’assenza, quella degli industriali italiani, che Antonio Gozzi, presidente di Federacciai, ha spiegato facendo riferimento a ferite mai guarite. «I siderurgici italiani – ha detto intervistato durante il primo appuntamento dell’anno con il webinar MERCATO & DINTORNI di siderweb – hanno sofferto in maniera lacerante ciò che è stato fatto ai Riva. Come Federacciai abbiamo difeso più volte i Riva e credo che le corti e i giudizi ci daranno ragione. Furono espropriati senza indennizzo di un asset che aveva un patrimonio netto di 4 miliardi che le gestioni commissariali hanno disintegrato senza quasi risolvere nulla, se non dal punto di vista dell’ambientalizzazione, ma a spese della manutenzione ordinaria degli impianti che oggi sono in una situazione molto difficile». Per Gozzi, la prudenza e la circospezione con le quali gli operatori italiani affrontano il tema Ilva deriva sia da questo «vulnus» sia dal fatto che, «a fronte di una cordata di offerenti che nel 2016 vedeva Arvedi, Cassa depositi e prestiti, Delfin di Del Vecchio e Jindal, fu privilegiata l'offerta di ArcelorMittal. Non si sa come sarebbe finita la storia con la prima cordata, ma si sa per certo come è finita con ArcelorMittal».
Secondo il presidente di Federacciai, proprio alla luce dell’esperienza del principale produttore mondiale di acciaio, i tre offerenti stranieri farebbero bene a cercare un partner italiano di supporto: «Sarebbe un atto di buonsenso da parte di stranieri che intendono gestire un tema difficile e complesso come quello di Taranto».
Concentrandosi sulle prime informazioni in merito alle offerte presentate, Gozzi ha identificato nei piani industriali «il cuore del problema». Riferendosi a un’intervista rilasciata al Sole 24 Ore da Narendra Kumar Misra, direttore per le operazioni europee di Jindal (una delle tre società che hanno presentato un’offerta per l’intero complesso di AdI), il numero uno di Federacciai ha evidenziato che si scorge «un abbozzo di piano industriale», con l’ipotesi di «gestire la transizione attraverso altiforni e poi passare a due grandi forni elettrici alimentati da preridotto importato dall’Oman, il che eviterebbe di aggravare il problema dello shortage di rottame sul mercato italiano. Si parla inoltre di investimenti per circa 2 miliardi di euro».
«Credo che i commissari abbiano davanti un lavoro non facile di analisi delle proposte economiche e dei piani industriali, per consentire al Governo italiano di prendere una decisione definitiva», ha concluso Gozzi.
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