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Produttori e distributori restano divisi sul tema del rottame

Confronto ravvicinato Assofermet-Federacciai allo “SteelOrbis Italy Forum 2024”

Translated by Deepl

CINISELLO BALSAMO (Mi) – «Non esiste né ora né nell'immediato futuro una scarsità di rottame che possa giustificare restrizioni all’export. Sia l’Ocse sia worldsteel parlano di una crescita esponenziale di offerta nei prossimi anni e l’Europa sarà l’area più sostenibile». Lo ha detto Cinzia Vezzosi, presidente di Assofermet, aprendo il convegno “SteelOrbis Italy Forum 2024”, svoltosi a Cinisello Balsamo l’8 ottobre 2024. «Del materiale generato sul territorio europeo, solo l'80% trova assorbimento da parte delle acciaierie europee, il 20% è senza allocazione e deve necessariamente trovare la via dell’export – ha continuato –. L'Italia ha una raccolta di 12,5 milioni di tonnellate all'anno sul territorio nazionale e destina all’export soltanto mezzo milione di tonnellate». Vezzosi ha riconosciuto che la domanda di acciaio riciclato crescerà nei prossimi anni per via del processo di decarbonizzazione della siderurgia; tuttavia, ha detto, «l’industria del riciclo è pronta a sostenere le acciaierie. Abbiamo il materiale e lo abbiamo sul mercato europeo. L’aumento della domanda di acciaio riciclato in Europa sarà tra l'altro un driver fondamentale nella transizione, perché renderà più resiliente l’intera filiera». La presidente di Assofermet ha affermato che il rottame “vecchio”, che ha un ciclo di vita medio di diciassette anni, è previsto in netta crescita. «L’aumento del rottame vecchio abbasserà il livello qualitativo del materiale. Saranno necessari quindi tecnologie di purificazione. Ma la strada già esiste. Parliamo di operazioni che ovviamente hanno un costo e che devono trovare riconoscimento economico. La transizione verso i forni elettrici porterà all’installazione di impianti di nuova generazione che consentiranno di utilizzare materiale di qualità inferiore; succede già in Turchia e negli Stati Uniti».

Dallo stesso palco Paolo Sangoi, presidente di Assofermet Acciai, ha ricordato che nei primi otto mesi del 2024 è proseguita una crisi di domanda culminata ad agosto con un calo dei volumi forniti dalla distribuzione pari al 40% su base annua. «Speriamo negli effetti positivi della riduzione del costo del denaro, ma permane un clima generale di sfiducia da parte del sistema, e le previsioni per quest’ultima parte dell’anno sono di un trend assimilabile a quello visto finora». L’intervento di Paolo Sangoi si è concentrato soprattutto sulle politiche di difesa commerciale dell’Ue, da lui giudicate «eccessive», in particolare dal 2018 in avanti. «Sono consapevole degli sforzi richiesti alla siderurgia europea dalla transizione ecologica e del fatto che le acciaierie italiane puntano ai primi posti della classifica mondiale dell’acciaio a impatto zero, in un mercato complicatissimo per via del crollo di settori come quello dell'auto – ha affermato –. Tuttavia, consentitemi di dire che la stessa crisi dei consumi si riversa anche sui comparti della distribuzione e della prelavorazione, che saranno, come lo sono sempre stati, vicini ai siderurgici europei. Il comportamento per certi versi ostile dei produttori cinesi, che hanno continuato a produrre nonostante la contrazione dei consumi interni, ha provocato senza dubbio una forte pressione sui mercati di esportazione. Tuttavia, nell’Ue la siderurgia cinese è pesantemente daziata e gode solo di alcune quote della Salvaguardia». Sangoi ha ricordato che, allo stesso tempo, le quote “Altri Paesi” relative ad alcune categorie di prodotto, in particolare i coils a caldo, sono state recentemente interessate da un «drammatico taglio dei volumi attraverso una limitazione all’utilizzo della quota al 15% per singolo Paese. E a ciò si è aggiunta l’indagine antidumping in corso sui coils a caldo dagli stessi Paesi (Egitto, Vietnam, Giappone e Taiwan)».
«Purtroppo – ha continuato – spesso si pensa che gli importatori siano in competizione con i produttori europei. È un errore etichettarli come speculatori. Sono sì centri servizi e distributori, ma prima di essi trovano posto straordinarie realtà che servono i trasformatori presenti in tutta Europa. Trasformatori che sono serviti massicciamente dalle siderurgie comunitarie, ma che non possono soddisfare in questa maniera tutti i loro fabbisogni. Tra gli importatori trovano posto peraltro alcune acciaierie che hanno deciso di coprire parte dei loro fabbisogni con il materiale di importazione». In conclusione, il presidente di Assofermet Acciai ha rimarcato che «tutti gli anelli della catena economica devono poter operare in condizioni favorevoli. Alle istituzioni europee chiedo quindi di estendere la loro attenzione all’intera filiera dell’acciaio e di non concentrarsi solo su una parte di essa».

Se la posizione dei rappresentati della distribuzione è chiara, lo è altrettanto quella dei produttori, rappresentati sul palco dal presidente di Federacciai Antonio Gozzi. «Il rallentamento della domanda a cui stiamo assistendo si accompagna ad un eccesso di offerta, come accade sempre, ma anche alla crisi economica cinese. Offerta dovuta, come è noto, dalla caduta del Pil interno cinese che spinge questo Paese a cercare collocazione della sovrapproduzione sull’export. L’anno finirà probabilmente con esportazioni cinesi record di 110 milioni di tonnellate. Questa grande mole cerca sbocchi, li trova nel Sud-est asiatico e in Europa, che resta il mercato più aperto del mondo e che vede quindi un grande ingresso di materiale, in parte diretto e in parte attraverso Passi terzi per aggirare misure di protezione. Questa crisi di calo di domanda ed eccesso offerta si intreccia ad alcune vicende strutturali, come il Green Deal e la decarbonizzazione. Un Green Deal che, gestito così, si trasforma in deindustrializzazione per l’Europa». Posizioni che Gozzi ha già espresso in più occasioni.
«La grande incognita resta cosa succederà alla siderurgia europea nei prossimi anni. Gli investimenti vanno programmati con largo anticipo. Ci sarà una modesta, parziale riconversione della produzione da ciclo integrale a forno elettrico con una ricerca progressiva di rottame in Europa dovuta al fatto che, oltre all'incremento della domanda dovuto alle riconversioni, ci sarà da una parte un calo della produzione di rottame, prevalentemente cadute nuove da automotive, e dall'altra difficoltà nell’importazione, perché quello della decarbonizzazione sarà un tema mondiale. Cio renderà il rottame una materia ancora più strategica e critica. Più di 60 Paesi hanno adottato più di 70 misure per il contenimento delle esportazioni di rottame. Noi chiediamo che questa diventi una materia prima critica, che l'unica miniera della siderurgia venga salvaguardata».
Sempre a proposito del rottame, Gozzi ha rimarcato: «C'è shortage in Italia, c’è sempre stato storicamente. Sento parlare di nuovi forni elettrici senza che ci venga detto come sarà coperto il fabbisogno di domanda di tali impianti. La strada è quella del DRI, ma è una tecnologia difficile da praticare in Europa e Italia per gli alti costi di investimento, per l'investimento in carbon capture e per il prezzo del gas». Guardando invece al tema delle politiche di protezione commerciale, il presidente di Federacciai ha sottolineato: «Siamo aperti agli scambi internazionali. Gli industriali italiani hanno nell’esportazione il loro principale asset. Dobbiamo comprendere però cosa sta succedendo a livello mondiale. È probabile che le aree di libero commercio diventeranno sempre più aree di libero commercio solo tra Paesi amici. L'amministrazione Biden era arrivata a proporre agli europei una soluzione su cui si era negoziato per due anni: un'area di libero scambio tra Nafta, Europa, Corea del Sud, Giappone e Australia. Gli americani chiedevano che la Section 232 non venisse applicata al suo interno ma nei confronti della Cina sì. A noi come Federacciai ed Eurofer è sembrata una buona proposta, saremmo tornati ad esportare negli Stati Uniti. È un peccato che i funzionari Ue abbiano ritenuto la proposta non compatibile con le regole del WTO».


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