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Usa-Ue, raggiunto l’accordo sui dazi

Tariffa unica al 15%, anche per l’auto, dazi «zero per zero» su alcuni prodotti. Ma acciaio e alluminio restano al 50%

Translated by Deepl

Tra le colline della Scozia sud-occidentale, nel resort Turnberry di proprietà di Donald Trump, Unione europea e Stati Uniti hanno raggiunto ieri un accordo sui dazi commerciali, ponendo fine a mesi di tensioni. Il risultato è una tariffa base del 15% sulle esportazioni europee verso gli Usa, con alcune eccezioni, come acciaio e alluminio, e diversi nodi ancora da sciogliere.

Il presidente americano ha accolto la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen al Trump Turnberry Golf Club con tono inizialmente provocatorio – «Ursula ha fatto un grande lavoro per l’Ue, non per noi» – salvo poi chiudere l’incontro con parole concilianti: «È una buona intesa che ci avvicinerà».

Un accordo imperfetto, ma necessario

La Commissione europea definisce il compromesso come «il meglio che potevamo raggiungere» per evitare l'escalation. «Sono state trattative complicate, lo sapevo dall’inizio ed è stato davvero molto difficile, ma siamo giunti a una buona conclusione», ha spiegato von der Leyen. Per l’Ue, il vantaggio principale è l’apertura del mercato statunitense ai settori chiave dell’industria continentale. In primis, il comparto auto, dove la tariffa scende dal 27,5% al 15%. «Non è da sottovalutare, ma è il massimo che siamo riusciti a ottenere», ha sottolineato la presidente della Commissione.

Il dazio al 15% riguarderà anche semiconduttori e – secondo Bruxelles – prodotti farmaceutici, anche se Trump ha espresso una posizione diversa: «Dobbiamo produrli negli Stati Uniti. Non possiamo trovarci in una posizione in cui dobbiamo dipendere da altri Paesi».

Più favorevole l’accordo sui «prodotti strategici», per cui sono stati concordati dazi «zero per zero». Tra questi: aeromobili e componenti, alcuni prodotti chimici, alcuni farmaci generici, apparecchiature per semiconduttori, alcuni prodotti agroalimentari, risorse naturali e materie prime essenziali. Von der Leyen ha assicurato che si lavorerà per estendere ulteriormente questa lista.

Energia e armi: il prezzo dell’intesa

In cambio, l’Unione europea ha accettato impegni economici significativi: 600 miliardi di investimenti negli Stati Uniti e l’acquisto di 750 miliardi di dollari in energia, soprattutto gas naturale liquefatto, per ridurre la dipendenza energetica da Mosca. «L’Ue effettuerà 600 miliardi di investimenti negli Usa e ci acquisterà 750 miliardi di energia» ha esultato Trump, aggiungendo che l’Europa comprerà anche «un’enorme quantità di armi».

Acciaio e alluminio: il nodo irrisolto

Resta fuori dall’accordo il settore dei metalli. «Non cambierà nulla», ha dichiarato Trump in conferenza stampa. Per acciaio e alluminio, quindi, i dazi statunitensi rimangono al 50%. Da Bruxelles, tuttavia, fanno sapere che «la partita non è ancora chiusa» e che si lavorerà a un «sistema di contingenti tariffari» su base storica, da definire nei prossimi mesi.

Le reazioni: soddisfazione e cautela

«Giudico positivamente il fatto che si sia raggiunto un accordo», ha commentato la presidente del Consiglio dell’Italia Giorgia Meloni, aggiungendo però: «Voglio vedere i dettagli». In una successiva nota congiunta con i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, ha sottolineato come la soluzione sia frutto di un lavoro di squadra che «ha evitato di cadere nella trappola di chi chiedeva di alimentare uno scontro frontale tra le due sponde dell’Atlantico». Meloni promuove dunque il metodo, ma con prudenza: l’accordo «scongiura il rischio di una guerra commerciale» ed è ritenuto «sostenibile» solo se ricomprende i dazi precedenti. Inoltre, l’Esecutivo italiano è pronto «ad attivare misure di sostegno a livello nazionale» per i settori che dovessero essere penalizzati, chiedendo però un analogo impegno anche a livello europeo.

Non mancano però critiche e perplessità. L’ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale) sottolinea che il cosiddetto “dazio reciproco” ha ben poco di simmetrico: l’Ue applicava un dazio medio dello 0,9% sulle merci americane, mentre ora accetta una soglia del 15% senza aver imposto contromisure equivalenti. I due pacchetti europei di ritorsioni per 92 miliardi di euro, già pronti, sono stati accantonati. L’impatto sull’economia europea sarà rilevante. Il Pil tedesco potrebbe perdere fino allo 0,3%, quello italiano lo 0,2%. A pesare ulteriormente è la svalutazione del dollaro, che ha perso il 13% rispetto all’euro. Sommando dazi e cambio sfavorevole, «oggi l’onere medio per un esportatore italiano non si limita al dazio medio dell’8% che gli Stati Uniti applicavano a maggio sui beni italiani, ma arriva a un impatto complessivo del 21%», spiega l’ISPI. 

Bruxelles punta ora su nuovi accordi commerciali con altri Paesi per compensare gli effetti dell’intesa con gli Usa. Ma, come avverte l’ISPI, i negoziati saranno più difficili del previsto. In un mondo dove Washington alza i dazi, tutti gli esportatori colpiti cercano sbocchi alternativi. E l’Europa, «l’area più simile agli Stati Uniti in termini di composizione della domanda», è il bersaglio ideale. È il fenomeno della “trade diversion”: l’Ue rischia di diventare il mercato di riserva per le merci respinte altrove. Secondo lo strumento di monitoraggio inaugurato a maggio dalla Commissione europea, Cina, India e Asean sono già i principali protagonisti di questa deviazione commerciale, mentre Bruxelles tenta di accordarsi proprio con loro. 

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