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Bilanci d’Acciaio 2020: biennio di regresso

Il rallentamento di fine 2019 accentuato dalla pandemia. Previsto un rimbalzo l’anno prossimo, ma resta l’incertezza

Il 2019 è stato un anno di regresso per l’acciaio nazionale: la redditività operativa complessiva (Roa) è diminuita in tutti i comparti, a causa sia della minore marginalità che della decrescente efficienza finanziaria dovuta alla perdita di fatturato. Dopo un 2020 che lascerà segni pensanti sui bilanci, a causa della crisi post-Covid-19, ci sono spiragli di recupero nel 2021, ma urgono interventi strutturali e resta l’incertezza per gli sviluppi della seconda ondata della pandemia.

I dettagli della congiuntura siderurgica sono stati illustrati, numeri alla mano, durante Bilanci d’Acciaio. L’evento, che quest’anno si è tenuto in versione digitale proprio a causa della pandemia, ha visto gli analisti di siderweb e dell’Università degli Studi di Brescia illustrare i risultati dell’omonimo studio che fotografa la situazione patrimoniale ed economico-finanziaria delle imprese della filiera siderurgica.

I bilanci analizzati quest’anno sono oltre 5mila: un numero leggermente inferiore a quello del 2019, specifica l’Ufficio Studi siderweb, a causa del posticipo del deposito, e quindi della pubblicazione, di alcuni bilanci che ha fatto seguito alla crisi da Covid-19 e che ha reso impossibile includerli nello studio. Coprono comunque l’intera filiera siderurgica: produzione di acciaio e prima trasformazione, centri servizio, distribuzione, commercio di rottame e ferroleghe, taglio e lavorazione della lamiera, utilizzatori di acciaio.

Fatturato e redditività in peggioramento

Il fatturato totale delle imprese della parte alta della filiera siderurgica (utilizzatori esclusi) è stato di 58,265 miliardi di euro (-0,6% rispetto al 2018). La contrazione più forte è stata della distribuzione e del commercio di rottame e ferroleghe. L’Ebitda è stato di 3,253 miliardi di euro (-27,4%). L’utile si è fermato a 409 milioni di euro (-75,3%). Va sottolineato, però, che la sola ArcelorMittal Italia nel 2019 ha perso circa 866 milioni di euro.  

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L’incidenza sul fatturato del valore aggiunto (8,3 miliardi di euro) è intorno al 15%, quota invariata rispetto al 2018. «È un risultato contenuto ma importante - ha spiegato Claudio Teodori, professore ordinario di Economia aziendale dell’Università degli Studi di Brescia -, poiché è fondamentale accrescere o mantenere il valore per assicurare l’ottenimento di una situazione economica adeguata». Il Roa è sceso al 4,3% (5,3% nel 2018).

Stabili gli indicatori di liquidità, con un equilibrio nell’intero settore tra attività e passività a breve. La solidità del comparto è leggermente migliorata: le imprese hanno ridotto il rapporto di indebitamento e aumentato l’equilibrio in termini di coerenza temporale tra durata degli investimenti e dei finanziamenti.

«Fare dipendere gli indici di redditività esclusivamente dall’andamento della domanda, che si sta riducendo, significa poggiare il futuro su basi poco solide. È necessario agire sul livello qualitativo - ha sottolineato Teodori -, puntando all’ottenimento di prodotti caratterizzati da originalità e specificità, in quanto potenzialmente portatori di maggiore valore aggiunto e marginalità, oltre che di minore sostituibilità da parte dei Paesi con costi produttivi più bassi».


Le previsioni per il 2020

I bilanci del 2020, ha specificato Teodori, «presenteranno certamente delle ferite, anche profonde, che potranno essere curate solo con seri interventi strutturali». In questo senso, il Next generation EU «è una irripetibile (e forse ultima) occasione per porre basi solide per lo sviluppo dell’Italia, che da più di 20 anni è bloccata proprio per l’incapacità di visione strategica». 

Quest’anno «il comparto più penalizzato sarà quello della produzione di laminati piani con ciclo integrale». A prevederlo è Gianfranco Tosini dell’Ufficio Studi siderweb, e per due motivi: «La maggiore concentrazione di settori utilizzatori con la peggiore performance produttiva e la diminuzione del differenziale fra prezzi di vendita dei prodotti e costo della principale materia prima, cioè il minerale di ferro».

In generale, un impatto negativo sui fatturati della filiera lo avranno la riduzione del consumo di acciaio da parte dei settori utilizzatori e la compressione degli spread fra prezzi di vendita dei prodotti e costi degli input, accelerati dalla pandemia.
 

Fatturato in crescita nel 2021 secondo il 74% delle imprese

Proprio le attese per il 2020 e per l’anno prossimo sono state sondate da siderweb, che nelle scorse settimane ha somministrato a un campione rappresentativo della filiera nazionale dell’acciaio un questionario

Ne è emerso che, per il 2020, l’87% delle imprese si aspetta una riduzione del fatturato, anche per valori consistenti. Solo il 4% stima un incremento rispetto al 2019, mentre il 9% una situazione di stabilità. Il 13% prevede di ottenere un utile superiore al 2019, mentre il 15% stima di chiudere in perdita. Per le altre imprese è atteso un calo, più o meno ampio rispetto al 2019. 

Il 65% ha fatto richiesta di risorse finanziarie per finanziare il circolante (41%) e per gli investimenti (47%). La fonte principale di finanziamento utilizzata è quella bancaria. Il 55% ha beneficiato o chiesto il finanziamento nell’ambito dei decreti che hanno introdotto forme di garanzia statale. Quanto agli investimenti, il 39% delle imprese ha rinviato i progetti a budget; il 6%, a causa dell’incertezza, li ha bloccati. 

Il 41% delle imprese non ha ricevuto richieste di aumento dei giorni di dilazione dei termini di pagamento, mentre il 51% ne ha ricevute inferiori ai 60 giorni. 

Passando alle previsioni per il 2021, il 74% delle imprese ipotizza un fatturato in crescita; il 16% pensa a un’ulteriore riduzione e il 10% a stabilità. Quanto alle operazioni significative previste nel 2021, il 25% identifica come prioritario lo sviluppo di accordi di collaborazione strategici con imprese della filiera; il 14% l’acquisizione di società che vi fanno parte; il 18% la riorganizzazione degli stabilimenti; il 13% la diversificazione dell’attività; l’8% progetti di internazionalizzazione. L’1,4% pensa alla cessione o alla liquidazione dell’attività.


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