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Crisi ex Ilva: proseguono le reazioni

Per Pasini e Dal Poz sono a rischio la credibilità e la crescita del Paese

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Proseguono le reazioni delle realtà confindustriali all’annuncio shock di ArcelorMittal di rescindere il contratto di affitto e acquisto degli impianti dell’ex Ilva di Taranto.

«Una certa politica voleva la chiusura dello stabilimento ed ha raggiunto il suo obiettivo – Ha detto il presidente di AIB Giuseppe Pasini, in corsa anche per la presidenza di Confindustria-. L’addio di ArcelorMittal è un fallimento per l’intero Paese, la seconda manifattura d’Europa, che ha lasciato scappare un investitore mondiale, a testimonianza dell’assenza in Italia di una vera politica industriale. Quale altra realtà imprenditoriale, oggi, può pensare di rilevare l’impianto? Le ripercussioni saranno enormi. Aumenteranno le tonnellate di acciaio importato dall’estero, e tutta la filiera ne subirà le conseguenze, che saranno importanti anche per una realtà come Brescia. L’impatto occupazionale, poi, sarà tremendo: parliamo di quasi 11mila dipendenti, se consideriamo solo quelli diretti. Non è certamente ipotizzabile sostituire un’area industriale del genere con un parco giochi».

Pone il focus sul tema della fiducia invece il presidente di Federmeccanica Alberto Dal Poz, un elemento indispensabile per far sì che il Paese possa ritrovare la strada della crescita

«È la peggiore situazione che poteva profilarsi da quanto lo scorso giugno, proprio nei giorni della nostra Assemblea Generale a Taranto, si era ipotizzata questa soluzione nel voto di fiducia sul Decreto Crescita – ha ribadito Dal Poz -. Soluzione che considero assolutamente deleteria. Da Presidente di Federmeccanica ho sempre insistito sulla necessità di creare un clima di fiducia, perché senza fiducia non ci può essere crescita e il nostro Paese ha soprattutto bisogno di questa. Quello che sta accadendo in queste ore va nella direzione opposta, quella sbagliata della sfiducia, attraverso l’applicazione di una norma che va contro il rispetto degli accordi presi. Un Paese che non rispetta gli impegni con investitori stranieri – ancor più quando si tratta di soggetti con comprovata e primaria esperienza nel settore specifico - perde credibilità e quindi perde la fiducia anche all’estero. Cambiare le regole del gioco, modificare aspetti fondamentali di accordi sottoscritti, significa andare contro le necessità del nostro Paese. La fiducia, non si chiede solo nelle aule parlamentari, ma va creata giorno dopo giorno nel rapporto con i cittadini e le imprese attraverso fatti concreti».

 

 


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