15 marzo 2017
GARDONE VAL TROMPIA (BS) - Connettere, analizzare, integrare, innovare: in Beretta sono le quattro fasi di quel miglioramento sistematico che permette di rispondere agli obiettivi strategici dell’azienda. A Gardone Val Trompia come a Gallatin, Tennessee. Con un progetto di smart manifacturing, si è sviluppato lo stabilimento bresciano creando un cloud con dati che permettono di essere usati anche per la gestione dell’impianto statunitense. «Per il trasferimento di competenze dall’Italia agli Usa, dove scarseggiano - ha spiegato il responsabile di produzione di Beretta, Enrico Ravagnani - sfruttiamo anche la realtà aumentata. Il cloud ci aiuta nei piani di manutenzione predittiva, di incremento dell’efficienza dell’impianto e di riduzione dei costi».
Per l’innovazione ha «un’attenzione spasmodica» la holding bresciana, che vi ha investito oltre 41 milioni di euro nel 2015, anno in cui si è registrato un fatturato di oltre 660 milioni. Così Daniele Bertoni, vicedirettore generale di Fabbrica d’armi Pietro Beretta. Che ha dato il via, ieri mattina, alla riunione del gruppo di lavoro “Nuovi processi, nuovi prodotti, nuovi servizi” del Tavolo Innovazione e Rivoluzione Digital degli Stati Generali dell’ACCIAIO, ospitato proprio in Beretta.
La tavola rotonda si è avviata da un presupposto: «Le tecnologie 4.0 intersecano tutti tipi di innovazione, lungo tre direttrici: il reperimento di dati sufficienti a prendere decisioni; le interfacce tra capitale umano e macchine; la fase di analytics, cioè come si trattano le informazioni. Oggi - ha spiegato Gianfranco Tosini dell’Ufficio studi di Siderweb - i dati aziendali che vengono processati sono solo l’1% di quelli potenzialmente disponibili».
Verso la rivoluzione nei canali commerciali
In molti sono saliti sul carro, a volte trainato meramente dal marketing, dell’Industria 4.0. Ma «si prenderebbe un abbaglio se la si vedesse come innovazione solo nell’industria. La vera rivoluzione - ha detto Francesco Besacchi del Gruppo Feralpi - sarà sui canali commerciali, lo chiede il mercato; la vera sfida sulla nuova impostazione del mercato. I big data sono il petrolio del futuro, eppure in Italia non sembra esserci un’offerta formativa accademica adeguata». Proprio sull’aspetto formativo si è focalizzata Isabella Manfredi, Gruppo Feralpi, aggiungendo che «il sistema deve operare in modo più sinergico, anche mettendo a disposizione i propri progetti. La tendenza sta cambiando, il capitale intellettuale comincia a pesare in modo sempre maggiore». Potrebbe aiutare «l’apertura alle nuove generazioni, per superare competizioni e gelosie» secondo Uggero De Miranda, ORI Martin.
Quello che sembra mancare è «la capacità di gestione dei big data, con algoritmi che diano certezze e permettano di generare strategie, nell’ottimizzazione dei flussi nella gestione di reparto rottame e magazzino; strumenti e persone in grado di gestirli» secondo Maurizio Zanforlin, ORI Martin. «L’uso del preridotto nella produzione, per esempio, aumenta la qualità ma anche i costi. Tutti fattori che, se non analizzati e controllati, possono creare problemi». «In alcune nostre associate - ha aggiunto Fausto Capelli, Centro Inox - ho percepito questo problema: non il poter arrivare ad avere una grande mole di dati, quanto poi riuscire a gestirli. Per altre, è un ostacolo che si sta superando».
Due incognite: aggregazioni e distribuzione
Quello del capitale unamo è uno dei grandi temi dell'innovazione. In realtà «l’offerta formativa in Italia è grandissima. Ma è un’offerta orizzontale, non è detto che un’industria specifica trovi il proprio modulo». Ha spiegato Andrea Mazzarano, Centro Sviluppo Materiali, che «oggi è sottovalutata dalle aziende la capacità di avere una propria visione 4.0, verso la servitizzazione. Di reti neurali si parla dalla metà degli anni Novanta». «Serve un approccio diverso, esploderà la complessità. Del prodotto fanno parte integrante digitalizzazione, comunicazione, managing» ha sottolineato Claudio Morbi, Stain. «Le piattaforme integrate - ha detto - devono essere la norma, risorse interne dedicate al cambiamento organizzativo, la personalizzazione del prodotto spinta all’estremo». Tenendo conto che sullo sfondo restano «due aspetti che non governiamo: quello dimensionale e quello commerciale. E il primo, il tema dell’aggregazione, fondamentale nell’acciaio, si pensi all’Ilva, impatterà in modo drammatico sulla distribuzione. Rimarranno quei gruppi che saranno riusciti a fare sistema» ha spiegato Alessandro Giacobbe, Eusider. Così come «chi è più vicino al mercato, sarà in grado di offrire il “prodotto allargato”» che comprende anche il servizio, ha aggiunto Emanuele Morandi, presidente di Siderweb. Sarà uno dei punti che verranno toccati nella piattaforma programmatica, che sarà a presentata a fine maggio durante la settima edizione di Made in Steel.
Un cambiamento culturale
O si sceglie di replicare standard consolidati, o si passa dalla parte più aggressiva. «O si innova, con un adeguamento il cui risultato è la sopravvivenza, non il margine; oppure - ha spiegato Rino Ferrata, docente dell’Università degli Studi di Brescia - si sceglie il vero cambiamento», puntando ad arrivare ad una correlazione tra investimenti e risultati. Per farlo, servirebbe un’innovazione anche culturale e formativa. «Oggi l’uso dell’acciaio è limitato in cantieri di certe dimensioni. Si fatica a portare il BIM (Building Information Modeling, ndr) negli studi professionali. Bisogna avere il coraggio della semplificazione, amministrativa e normativa» secondo Marco Rossi, Ordine degli ingegneri della provincia di Brescia.
In un mondo in completa evoluzione «siamo pieni di big data. Stiamo lavorando a servizi fino a ieri impensabili, come la gestione delle flotte - ha aggiunto Antonio Vivenzi, Lgh -. Per vocazione, e per la nostra natura semi-pubblica, siamo chiamati a fare investimenti a supporto del territorio».
Anche per quel che riguarda la comunicazione in sé sarebbe richiesto oggi «adattamento ad un cambiamento che è avvenuto, con una rivoluzione silente. È prematuro, per la grande maggioranza delle imprese europee ed italiane - ha concluso Roberto Nicolai, Branditylab -, parlare di innovazione nella comunicazione». Andrebbe preso atto per prima cosa che è cambiato il modello in cui si opera: non più verticale, in cui “parlo a”, ma reticolare, dove “parlo con”.
Elisa Bonomelli
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