7 marzo 2017
MINERBE (VR) - Lo 0,7%. È la porzione del proprio fatturato annuo globale che il settore siderurgico investe in innovazione. «Il confronto è improbo con gli altri settori: l’elettronica investe il 9%, l’automotive il 3%, il chimico il 2,4%». Le cause di questo fenomeno sono diverse: una tecnologia che nell’acciaio è consolidata da anni; una mancata correlazione tra innovazione e redditività, se non in settori di nicchia; la necessità di un Ebitda del 14% per sostenere investimenti importanti; la difficile situazione economico-finanziaria del settore. Eppure «nel comparto siderurgico l’innovazione sarà il driver principale dei prossimi anni. O si seguono le nuove direttici, o si esce dal mercato».
Lo sanno i partecipanti al Tavolo Innovazione e Rivoluzione Digital degli Stati Generali dell’ACCIAIO che, introdotti dalle parole di Gianfranco Tosini dell’Ufficio studi di Siderweb, hanno dibattuto nell’ultima riunione su “Nuove relazioni e nuova narrazione, tecnica e contenuti”. L’obiettivo del progetto avviato da Siderweb a giugno 2016 è la «contaminazione» di tutta la filiera: oggi più che mai «è necessario dimenticarsi degli egoismi, mettere in circolo le informazioni per riuscire ad avere peso, soprattutto in un mondo come il nostro dove a volte vince il “tutti contro tutti”» sostiene Emanuele Morandi, presidente di Siderweb.
Contaminazione imprenditoriale che può prendere anche la forma di trasferimento tecnologico. Vi stanno lavorando con convinzione alle Fonderie Zanardi, specialisti nello sviluppo e produzione delle ghise austemperate, la cui sede di Minerbe (Verona) ha ospitato la riunione del gruppo di lavoro. «Siamo una piccola nicchia, in grado trasferire tecnologie all’automotive e alle fonderie che si vogliono convertire alla ghisa. Possiamo creare paradigmi progettuali guardando all’intero mondo dei metalli» ha detto il presidente onorario, Franco Zanardi.
Ma non si fa molta strada senza benzina nel serbatoio. Tra i problemi da affrontare c’è anche quello di riuscire a «sostenere finanziariamente i leader del futuro, costruendo una catena di valore con un soggetto che aiuti a crescere ed a creare una filiera a valle». Quel soggetto, secondo Alessandro Marini, Cluster Manager di Afil, può essere l’Europa. Anche per questo, ha aggiunto Morandi, «a Made in Steel abbiamo chiesto l’intervento di alcuni commissari europei». Ma per accedere a bandi, progetti e finanziamenti secondo Marini «dobbiamo concentrarci su quello che facciamo: come si inserisce un acciaio nuovo, un elemento disruptive?».
Quali saranno i settori in cui potrò vincere? A chi posso indirizzare il mio saper fare? Come si crea una rete? Domande che stanno aiutando i distributori di acciaio a «superare un iniziale senso di inadeguatezza totale, ad abbandonare il concetto di Industria 4.0 a favore di quello di “rivoluzione digitale”». Secondo Tommaso Sandrini, presidente di Assofermet Acciai, nei prossimi 10 anni avremo un cambiamento radicale della nostra società, scatenato dal basso, dal lato «consumer più che business». Una «fase turbolenta che durerà anni. Ci saranno pochi vincitori e tanti operatori saranno spazzati via, caleranno i costi di interazione lungo tutta la filiera».
Non c’è un pregresso, la sfida si gioca tutta sulla visione. Ecco perché nel processo di cambiamento del modello di business verso la digitalizzazione sono le informazioni ad avere grande valore. «Sono sempre più sconvolto dalla scarsa evoluzione che ha il mondo dell’informazione. Come si può pensare di condividere informazioni tra aziende, se già al loro interno lo scambio di dati non funziona?» si è chiesto Silvano Lancini, presidente di Sme.Up. «C’è una scarsa cultura del valore dell’informazione, una carenza di tipo culturale figlia della confusione tra strumento e metodo, tra sistema informativo e processo: il valore è il caldo, non la caldaia».
Per muoversi in anticipo rispetto alla media del mercato, per cambiare radicalmente i sistemi informativi aziendali, per arrivare a conclusioni nuove, «si dovrebbe puntare sui giovani. La vera sfida è coinvolgerli in questo work in progress, senza dar loro la sensazione che questa generazione si parli addosso e non lasci loro spazio» ha sottolineato Marco Citterio, consigliere di Made in Steel.
Ma prima le fondamenta, senza le quali il castello rischia di crollare: «La prima strategia è tutta aziendale: un’indagine al proprio interno per studiare a capire prodotti e processi, per poi ritararli in base agli obiettivi. Solo in un secondo momento va cercata la tecnologia digitale - ha detto Tosini - per centrare questi obiettivi. Mi sembra che oggi si stia andando in un’altra direzione».
Elisa Bonomelli
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L'intervista a Simone Pavan, Technical and Marketing manager ifm electronic, che dal 6 all'8 maggio parteciperà a Made in Steel.
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