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Borsa: vola lo Steel Stock Index, +7,31%

America e Cina corrono, bene anche l’Europa

È la settimana migliore da inizio 2021 per lo Steel Stock Index di siderweb, che presenta solamente cinque titoli in calo (ad una media ridotta del -1,47%), due in pareggio (tra cui l’italiana Danieli) e ben 49 aziende (che rappresentano l’88% del paniere) con valori al rialzo. L’indice, infatti, cresce ad un sorprendente ritmo del 7,21%. Ancora una volta, la maggiore influenza dei titoli al rialzo rispetto a quelli in discesa mostra che anche sui mercati finanziari il settore siderurgico risente dell’influsso positivo della ripresa della domanda globale d’acciaio.
Se diamo un’occhiata ai principali indici azionari globali, balza subito all’occhio la performance settimanale dell’Iron&Steel Index che tocca un +13,17%. Sicuramente questo indice e quello di siderweb mostrano variazioni più accentuate in quanto sono quelli composti da meno titoli, ma con questi incrementi danno segnali di crescita incoraggianti per il settore. Rendimenti positivi anche per quattro indici che erano in calo la scorsa settimana: DJ (+1,77%), NYSE (+1,34%), Eurostoxx (+0,85%) e FTSE MIB (+0,79%). Unico decremento è invece quello dell’SSE Shanghai (-0,81%).

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Euro, dollaro e yuan cinese
In settimana, lo yuan cinese si apprezza leggermente nei confronti delle altre due principali valute di cui si compongono i titoli del paniere, mentre tra euro e dollaro è il primo a rincarare. Anche questa volta le variazioni sono comunque minime.
Nonostante il dollaro americano possegga il 40% dei titoli in discesa dell’indice (due aziende), in media le compagnie quotate in questa valuta salgono ad un impressionante tasso medio del 7,25%, molto vicino a quello dell’indice di siderweb. Esse occupano anche due delle tre posizioni nella «top3».
Anche l’euro si riprende dagli scorsi numeri negativi: un solo calo sotto la soglia dell’1%, un’azienda in pareggio ed otto in crescita ad un tasso medio del 4,25%, inferiore sì a quello del dollaro, ma che rappresenta un eccellente risultato. Anche per questa settimana, le nostre due graduatorie rimangono estranee alle aziende europee.
Dopo che la scorsa rilevazione non vi era neanche un segno positivo tra le aziende cinesi, la settimana appena conclusa parla di un’altra storia: totale inversione di tendenza con tutti e sei i titoli in crescita e rendimento medio del 7,01%.
Questi rendimenti positivi sono sicuramente frutto anche dell’andamento strutturale dei titoli che, dopo i cali mostrati nella scorsa rilevazione, era prevedibile tornassero sui livelli precedenti. La notizia positiva è però che finora quando i titoli scendono non fanno rumore, mentre quando salgono lo fanno in grande stile.

Top & flop
Restano ancora escluse da entrambe le graduatorie le aziende europee, questa volta accompagnate anche dalle società cinesi. Grande differenza in settimana fra i tassi a doppia cifra di crescita in «top3» e quelli in calo che non arrivano nemmeno al -3% in «flop3».
Per commentare la «top3» ci spostiamo questa volta in Nord America. Al primo posto figura l’unica azienda canadese del paniere: Stelco a +17,46% con il titolo che ha avuto un boom nella settimana appena trascorsa toccando i massimi storici e salendo ad un rating Strong Buy. Al secondo posto troviamo Cleveland Cliffs (+15,34%) che è stata rivalutata in settimana da Credit Suisse ed ha ricevuto un doppio upgrade in termini di rating. Il valore del suo titolo non superava i 20 dollari da fine marzo. Chiude infine la classifica dei migliori tre un’altra americana: Nucor (+14,01%), il cui titolo sta sfiorando la soglia dei 100 dollari, dopo che venerdì ha chiuso a 99,29 e ci si attende che raggiunga il traguardo nei prossimi giorni. I primi effetti benefici del piano di investimenti del presidente Biden iniziano a farsi sentire anche sui mercati finanziari americani che, in concomitanza con la ripresa economica e siderurgica mondiale, hanno vissuto una settimana viaggiando a gonfie vele.
La «flop3» settimanale mostra, per fortuna delle aziende che vi compaiono, dei cali molto contenuti a percentuali con cui normalmente non si rientra nemmeno tra i tre peggiori rendimenti. La discesa più alta in termini percentuali è quella della turca Ozbal Celik Boru Sanayi (-2,16%), vecchia conoscenza della nostra «flop3» di cui si era resa partecipe anche due settimane fa. Segue l’americana Universal Stainless&Alloy Products (-2,12%) che, nonostante essere salita di valore negli ultimi giorni della settimana, paga dazio per il calo di lunedì; in ogni caso il titolo mantiene un rating Buy. Chiude la classifica Saudi Steel Pipe (-1,24%) con un valore che più che in discesa sembra di stabilizzazione, anche se il calo leggero e graduale dura da qualche settimana e gli analisti consigliano di vendere il titolo.

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Il promettente mercato del minerale ferroso ed i grattacapi di BHP
Dopo la straordinaria performance dello scorso anno, il mercato del minerale di ferro sembra voler continuare sulla scia degli aumenti, favorito dalla ripresa della domanda di acciaio. Secondo Stocknews, ci sono in particolare due aziende della nostra classifica che potrebbero trarre vantaggio nel breve periodo da questi picchi nei prezzi. La prima è Rio Tinto, le cui azioni hanno guadagnato più dell’80% nell’ultimo anno, le vendite sono cresciute nel 2020 del 3%, l’EBITDA del 13% e la liquidità netta del 6%. L’azienda con sede a Londra sta lavorando a due interessanti progetti: da un lato sta finanziando un progetto sotterraneo in Mongolia che mira a diventare una delle più grandi miniere di rame al mondo, dall’altro ha iniziato la produzione di litio per batteria in un impianto dimostrativo negli USA: l’operazione mira a soddisfare la domanda di materie prime emergenti come appunto il litio. La seconda è il gruppo australiano BHP: il suo stato di salute si evince dai dati del 2020 con la crescita del titolo vicina al 90%, quella dell’utile operativo che si è attestata al 17% e quella dell’EBITDA al 21%. BHP è recentemente diventato uno dei membri fondatori del Maritime Decarbonization Centre che verrà istituito a Singapore e diventerà un punto focale per gli esperti dell’industria marittima globale. In settimana il gruppo ha condotto la sua prima sperimentazione sui biocarburanti marini con l’obiettivo di sfruttarli per le proprie rotte marittime. La collaborazione ha come scopo la penetrazione del mercato asiatico. L’azienda sta però affrontando diverse pressioni per la cessione della miniera di carbone nella zona del Monte Arthur in Australia, per la quale fra gli stakeholders sono presenti due diverse linee di pensiero: chi vuole un’uscita rapida e chi invece la preferirebbe graduale e più “responsabile”. La South32, scorporata nel 2015 da BHP, ha accettato lo scorso mese di pagare 194 milioni di dollari per la dismissione di una miniera di carbone in Sud Africa, finanziando in parte i costi di risanamento ambientale ed è questa la linea che il fondo norvegese che possiede più del 5% delle quote di BHP si auspica che anche il gruppo australiano tenga per questa operazione. Un altro ostacolo alla vendita, oltre all’istituzione di un fondo di riabilitazione è la scadenza della licenza mineraria dell’azienda nel 2026; la compagnia ha in questo caso promesso di applicarsi per estendere il permesso fino al 2045 e diventare così più appetibile verso i potenziali acquirenti.

US Steel mette in primo piano la sostenibilità 
L’impegno di US Steel per il raggiungimento delle zero emissioni di carbonio entro il 2050 si è tradotto nella cancellazione dell’investimento da 1,5 miliardi di dollari per l’impianto di Mon Valley che era stato annunciato circa 2 anni fa. Il CEO David Burritt, durante la presentazione dei risultati del primo trimestre, ha dichiarato che, nonostante l’impianto rimanga uno degli asset aziendali strategici per la produzione di prodotti piani, questa è una dura decisione che andava presa per ripianificare il modo di fare business alla luce degli obiettivi di sostenibilità ambientale che la compagnia si è prefissata.

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Segnali di timida ripresa per lo Steel Stock Index

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