HBI russo: dall’Italia un’advocacy per mantenere quote d’import
Avv. Campa: «Non vogliamo toccare l’embargo, ma prolungare una “quota di salvezza” già prevista, nell’interesse dell’Ue»
5 dicembre 2025
L’HBI (hot briquetted iron), o ferro preridotto compattato a caldo, sta diventando una materia centrale nel contesto della decarbonizzazione e dell’elettrificazione della siderurgia europea. Un materiale, caratterizzato da un’elevata qualità metallurgica e da un basso contenuto d’impurità, che trova il suo maggior impiego nei forni elettrici e vede l’elettrosiderurgia italiana tra i principali consumatori europei. In questo quadro si inserisce l’azione di advocacy, ovvero di mobilitazione per influenzare le politiche e le decisioni a livello comunitario, avviata e portata avanti dall’avvocato Massimo Campa (studio Campa Avvocati; nella foto qui accanto), specializzato in diritto dell’Unione europea, per sensibilizzare la Commissione Ue affinché mantenga per almeno altri due anni la quota attualmente prevista per l’import di HBI e pig iron russi, «nell’interesse dell’industria siderurgica europea».
Gli acquisti di queste materie prime di origine russa sono disciplinati dal Regolamento (Ue) n. 833/2014, modificato successivamente attraverso i pacchetti di sanzioni adottati nei confronti della Russia in seguito alla guerra in Ucraina. Variazioni che hanno visto la Commissione stabilire delle quote all’import, di progressiva riduzione, che per l’HBI sono state fissate a 1,14 milioni di tonnellate fino al 31 dicembre 2024 e a 652mila tonnellate fino al prossimo 31 dicembre 2025. Pertanto, la scadenza è ormai prossima e dal 1° gennaio 2026 non saranno più consentiti gli arrivi di queste materie prime russe. Scatterà dunque «un embargo totale, salvo proroghe», ha sottolineato l’avvocato.
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