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Banda stagnata: crisi produttiva ma segnali di ripresa dagli utilizzatori

Ferrari: «Il 2020 ha segnato un punto di svolta. Domanda in lieve aumento, ma l'Europa perde competitività»

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Un settore alle prese con un calo strutturale della produzione europea, ma sostenuto da una domanda che torna a muoversi nei settori utilizzatori. Questo il quadro del comparto della banda stagnata tracciato da Stefano Ferrari, responsabile dell’Ufficio Studi siderweb, durante il webinar “Banda stagnata: quali prospettive per il 2026?”, parte del ciclo "Focus specialties".

Negli ultimi cinque anni, la capacità produttiva europea è rimasta pressoché invariata, ma la produzione è scesa in modo significativo: dai 3,17 milioni di tonnellate del 2020 ai circa 2,2 milioni nel 2025.Un trend negativo che riflette la perdita di competitività dell’industria continentale, mentre il consumo apparente, pur in leggera ripresa rispetto al 2023, resta su livelli più bassi rispetto al periodo pre-pandemia.

Le importazioni europee di banda stagnata (gennaio-settembre) si attestavano su una media di 50mila tonnellate al mese del 2016-2020, sono crollate nel 2021, poi risalite nel 2022-2024. Nel 2025 tornano su livelli bassi (superiori solo a 2017 e 2021), inferiori del 22% sul 2024.
All’opposto, le importazioni di lamiere TFS segnano nei primi nove mesi del 2025 un +45% sull’anno precedente.
Sul fronte dell'export, la banda stagnata registra nell’ultimo decennio una discesa del 40% dai livelli 2016 (dopo la stabilità fino al 2019), con un parziale recupero nel 2025 ma ancora sotto i volumi di riferimento. Le lamiere TFS scendono molto più drasticamente: oggi –75% rispetto al 2016.

Guardando ai prodotti finiti (serbatoi >300 l, serbatoi <300 l, recipienti per gas compressi, tappi a corona), dal 2021 si è ampliata la forbice tra import ed export: import in crescita, export in calo. L’Europa resta esportatrice netta, ma la competitività dell’industria che trasforma banda stagnata si è erosa. Le esportazioni complessive di finiti passano da 322.635 t nel 2016 a 275.457 t nel 2025.

Il prezzo medio dell’import europeo di banda stagnata ha toccato il massimo nel 2022 e oggi resta circa 200 €/t sopra i livelli del 2021. Il divario Ue-Cina si è ampliato dopo l’introduzione dei dazi: per anni il prezzo cinese ha fatto da riferimento; ora Pechino ha ridotto i listini per mantenere sbocchi commerciali, mentre in Europa i prezzi medi restano più alti.

L’Italia importa banda stagnata sia dall’Ue sia da Paesi terzi per alimentare una robusta industria a valle. Dopo il picco del 2022 (oltre 550mila tonnellate), le importazioni sono tornate ai livelli minimi del 2021 (sotto 450mila tonnellate). La quota extra Ue ha toccato il massimo nel 2023 (oltre il 60%) per poi scendere sotto il 40% nel 2025 con l’effetto dazi, riportandosi sulla media storica pre-2020.
Per la lamiera TFS, invece, la quota extra Ue resta decisamente più elevata (tra 60% e 70% nella maggior parte degli anni dell'ultimo decennio).
Sul fronte prezzi per l'Italia, tra il 2016 e il 2020 i valori intra ed extra Ue erano allineati; con l’impennata del 2021 i prezzi europei risultavano temporaneamente più convenienti, anche forse per effetto di sfasamenti temporali negli arrivi. Dal 2024, però, i prezzi intra Ue sono significativamente più alti rispetto a quelli dell’import dai Paesi terzi.

Nei settori utilizzatori (alimentare, bevande, chimica, cura della persona) un indice composito costruito in base all’impiego di banda stagnata indica, nei primi nove mesi, un aumento della produzione di qualche punto percentuale dal 2023 ad oggi. Un segnale incoraggiante per una delle poche nicchie siderurgiche che mostra un ritorno alla crescita.

Secondo Ferrari, il declino avviato nel 2020 accomuna molte filiere europee e non è esaurito. Tuttavia, consumi in risalita e un moderato aumento della produzione nei settori a valle possono offrire sostegno al mercato, soprattutto in vista di possibili rialzi dei prezzi. Resta l'incognita delle politiche green e ambientali dell’Ue, che potranno incidere in modo rilevante su costi, investimenti e competitività del comparto.


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