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Fatturato degli utilizzatori in crescita del 30% nel triennio 2020-2022

I risultati analizzati nella ricerca Bilanci d'Acciaio evidenziano però che lo scorso anno è salito l'indebitamento

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MILANO – L’economia e il comparto siderurgico in Italia e in Europa dovranno fare i conti nel 2024 con un Pil che cresce poco o nulla, con le insidie dell’inflazione e del debito pubblico e con un tasso di crescita del consumo di acciaio legato quasi esclusivamente alla ricostituzione di scorte, quindi molto fragile. È quanto è emerso durante la presentazione del responsabile dell’Ufficio Studi siderweb Stefano Ferrari nella terza tappa di Bilanci d’Acciaio 2023 a Milano. Presentazione preceduta dai saluti iniziali del CEO di siderweb Paolo Morandi. 

«La crescita del consumo – ha sottolineato Ferrari - è legata quasi esclusivamente in Europa e in Italia alla ricostituzione delle scorte dopo il destoccaggio dell’ultimo biennio. Se una quota di destoccaggio è da considerarsi normale, una parte dipenderà dall’andamento del prezzo e del mercato e quindi è molto aleatoria». Eurofer si aspetta un consumo apparente di 142 milioni di tonnellate nel 2024, «8 milioni in meno del 2021, 11 in meno rispetto al 2018 e lo stesso livello del 2015. Pertanto, si tratterebbe di un anno, seppur in recupero, non straordinario in senso assoluto». 

Il responsabile dell’Ufficio Studi siderweb ha infine posto l’accento su tre “macro trend” per l’acciaio. Innanzitutto, la decarbonizzazione, che «rivoluzionerà il volto della siderurgia europea nei prossimi anni» e che avrà «un impatto economico sia sui costi di investimento sia sul mercato, con l’acciaio europeo che costerà di più rispetto a quello prodotto in altre regioni». E questo porta al secondo macro trend, la regionalizzazione, sia della produzione che dei consumi; un processo che ha avuto una forte accelerazione dopo l’introduzione della cosiddetta Section 232 negli Usa, che ha portato al moltiplicarsi di barriere all’import in tutto il mondo. Per Ferrari «le differenze saranno destinate a perdurare nei prossimi anni, con effetti soprattutto sulle industrie che trasformano l’acciaio e rivendono i prodotti finiti all’estero, che potrebbero in alcune aree avere problemi di competitività». L’ultimo elemento che è stato cruciale negli ultimi anni è stato il verificarsi di “imprevisti” tra i quali si possono annoverare la pandemia di Covid, l’esplosione dei costi dell’energia, la guerra russo-ucraina, il terremoto in Turchia e la recente crisi mediorientale: «cigni neri» che hanno influito in qualche modo sul settore dell’acciaio italiano ed europeo. 

Ad entrare nel dettaglio dei settori utilizzatori è stato invece il docente dell’Università degli Studi di Brescia Cristian Carini, che con Gianfranco Tosini dell’Ufficio Studi siderweb ha contribuito a realizzare i due volumi di cui si compone la ricerca. 

«In particolare, ci siamo concentrati su cinque cluster di riferimento: fabbricazione prodotti in metallo, fabbricazione di macchinari, fabbricazione di auto e altri mezzi di trasporto, costruzioni, oil & gas. Il fatturato aggregato dei circa 3.600 bilanci analizzati ha un controvalore di 355 miliardi di euro. Fatturato la cui analisi non è stata semplice dal momento, che le scale dimensionali sono molto diverse tra i vari cluster». 

Il professore dell’Università di Brescia ha rimarcato come il tasso di aumento medio del fatturato del triennio 2020-2022 sia stato del 30%. Una crescita che ha coinvolto tutti gli indicatori di bilancio anche nel 2022, con l’Ebitda al +7% sul 2021, l'Ebit al +48% e con un reddito netto in crescita del 52% sull'anno precedente. 

«A livello di marginalità - ha spiegato il docente - la fabbricazione di prodotti in metallo ha performato meglio della media, mente la fabbricazione di auto e mezzi di trasporto mostra sì dati positivi, ma al di sotto della linea di trend. Risultati positivi ma che evidenziano una riduzione media della redditività nel corso del triennio dovuta a un incremento di costi che non si è riusciti a ribaltare sui clienti. Il settore che invece ha faticato in maniera particolare è stato quello delle costruzioni che proprio nel 2022, a causa del netto incremento di costi, ha patito di più in termini di indebitamento: praticamente raddoppiato, ha lasciato stabili fatturato e marginalità ma con una maggiore ricerca di risorse esterne. Un elemento che, combinato con l’aumento dei tassi di interesse nel 2023, potrebbe avere effetti sensibili sul conto economico dell’anno in conclusione. Questo evidenzia come la rischiosità operativa per il triennio entrante debba essere monitorata con maggiore attenzione». 

Elementi emersi con chiarezza anche nei dati della survey aziendale presentata da Claudio Teodori, docente dell'Università degli Studi di Brescia che da anni collabora all'analisi di Bilanci d'Acciaio, che ha evidenziato una particolare preoccupazione sul futuro da parte del campione di imprese che vi ha aderito. 


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