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Dalle luci del 2022 alle ombre del 2023

I due anni di rafforzamento aiuteranno a superare le difficoltà dell’anno in corso

Translated by Deepl

TRAVAGLIATO (BS) - Come spesso accade quando ci si trova davanti a periodi di profondo cambiamento, i dati che fotografano il passato raccontano uno scenario che pare quasi preistorico rispetto alla situazione presente. Non fanno eccezione quelli dei bilanci 2022 racchiusi nell’analisi Bilanci d’Acciaio presentata oggi a Brescia. L’approfondimento, giunto alla sua 15ª edizione, è stato curato ancora una volta dai professori Claudio Teodori (nell'immagine di testa) e Cristian Carini dell’Università degli Studi di Brescia

A focalizzarsi per primo sui dati analizzati è stato Carini che ha spiegato: «L’analisi riguarda i bilanci di 1.669 imprese, le quali presentano 93,4 miliardi di fatturato, 94,3 di valore della produzione, 14,5 di valore aggiunto, 9,4 di Ebitda, 5,1 di reddito netto, 74 di capitale investito e 31,5 di mezzi propri. I valori economici del 2022 sono ampiamente superiori a quelli dell’anno precedente, che già si era connotato per una forte ripresa dopo la crisi pandemica, anche se le variazioni percentuali dei parametri macroeconomici sono necessariamente inferiori rispetto all’indagine dello scorso anno, visto che il 2021 si comparava con un annus horribilis come il 2020».

I numeri decisamente positivi dell’ultimo biennio hanno permesso al comparto siderurgico di rafforzare i fondamentali, che nel periodo pre-pandemico mostravano qualche criticità.
Il trend positivo del 2022 ha inoltre ridotto le differenziazioni sia per valori che per dinamica temporale tra i vari comparti analizzati: produzione, distribuzione, centri servizio, commercio di rottame e ferroleghe, taglio e lavorazione della lamiera.

«La crescita del fatturato e del valore della produzione nel 2022 è molto alta, vicina al 17% – ha spiegato Carini –. Considerando l’intero triennio, lo sviluppo medio annuo è stato del 37%, confermando livelli di attività ormai ben superiori a quelli ante crisi. Su questi ha inciso sia la crescita delle quantità sia l’aumento dei prezzi, che hanno rivestito un’importanza non trascurabile (continuata anche nel 2023). L’evoluzione del fatturato ha portato effetti nel complesso contenuti sulla situazione reddituale: l’incidenza del valore aggiunto rimane invariata, superiore al 15%, con un’evidente stabilità nel triennio. Ad influire su questa dinamica vi sono la riduzione dei consumi, dopo la forte espansione dello scorso anno, bilanciata dalla crescita dei servizi (tre punti percentuali in più) come nelle attese, a causa soprattutto dei costi energetici». La ricerca ha fatto emergere inoltre che su questo risultato e sui successivi hanno inciso, «in misura non trascurabile», i contributi dello Stato a compensazione dell’esplosione dei costi dell’energia.

«Malgrado la stabilità del valore aggiunto – aggiunge il professore –, si assiste alla crescita dell’Ebitda che raggiunge la soglia psicologica del 10% di incidenza sulle vendite, incremento indotto dal maggiore assorbimento del costo del lavoro. Non vi sono, invece, effetti significativi sugli altri costi strutturali, ammortamenti e leasing. L’aumento della redditività operativa complessiva (Roa), di due punti percentuali, è riconducibile a entrambe le sue determinanti, con particolare riguardo alla marginalità sulle vendite (Ros), che risente positivamente della crescita dei prezzi; il grado di efficienza finanziaria nell’utilizzo del capitale, di contro, aumenta in misura contenuta. Infine, anche il Roe presenta un’evidente crescita, raggiungendo livelli più che soddisfacenti: essa è più evidente nelle imprese maggiori».

Carini ha completato la propria analisi concentrandosi sugli aspetti della solidità e liquidità: «Dopo l’aumento dello scorso anno, il rapporto di indebitamento si è ridotto, raggiungendo il valore minore del triennio, segnale importante generato dal miglioramento dell’attività operativa. La contrazione del rapporto è dovuta alla stabilità dei debiti e all’incremento dei mezzi propri, indotto dai maggiori utili che sono rimasti in azienda come autofinanziamento. Il capitale investito è cresciuto meno rispetto alle vendite, sia nel 2022 sia nell’intero triennio. Migliora ulteriormente l’equilibrio in termini di coerenza temporale tra durata degli investimenti e dei finanziamenti per le imprese più grandi»

«Il differenziale tra rendimento e costo delle risorse finanziarie, dopo i valori sostanzialmente nulli di alcuni anni fa, è molto alto, con influsso positivo sulla rischiosità finanziaria. Questa conclusione è rafforzata da un rapporto di indebitamento finanziario in lieve miglioramento; in modo analogo si muove il rapporto tra debiti finanziari e fatturato. Infine, le durate medie dei crediti verso clienti e del magazzino si riducono, con impatto riduttivo sul circolante».

Un futuro nebuloso

Il professor Teodori ha invece provato ad accendere qualche luce guida in un futuro particolarmente confuso. Per farlo si è affidato soprattutto ai risultati di un’articolata survey a cui hanno partecipato 60 aziende della filiera siderurgica.
«Le aziende che hanno aderito al sondaggio appartengono prevalentemente a tre dei comparti di attività che caratterizzano la filiera: produzione (29%), centri servizio (9%) e distribuzione di acciaio (28%) – ha spiegato Teodori –. In termini dimensionali, il campione è ben equilibrato: guardando il fatturato 2022, il 26% ha un valore superiore ai 100 milioni, il 31% compreso tra 25 e 100 milioni, il 43% inferiore a 25 milioni».

Una parte rilevante dell’indagine è stata dedicate a capire a livello di aspettative quali siano gli elementi percepiti come una minaccia dal panel dei rispondenti.

«L’elemento di maggiore criticità percepita è il costo dell’energia, anche a causa della fase che stiamo attraversando – ha rimarcato il professore –, dove l’obiettivo è sviluppare fonti rinnovabili ma il tasso di sostituzione non è ancora significativo. Segue il rischio di perdita di competitività, che richiede una profonda revisione del posizionamento dell’Italia nell’Europa prima e nel mondo poi. A questo è associata la concorrenza sleale, che potrebbe assumere ancora più rilevanza a fronte di scelte difformi, a livello internazionale, sul tema ambientale. Inoltre, visto lo stringente collegamento con alcuni importanti settori utilizzatori, anche il loro andamento non è neutro: si pensi, solo per fare due esempi, all’edilizia che cresce solo grazie ai bonus e all’automotive, il cui futuro, seppur segnato, è tutt’altro che chiaro».

Gran parte dell’incertezza è connessa al costo del denaro, potrebbe modificare i piani di investimento, all’interno dei quali l’innovazione assume sempre più rilevanza, poiché rappresenta il fattore critico di successo del futuro, con un ruolo non trascurabile anche della sicurezza, della logistica e della formazione.

«Le operazioni rilevanti mettono in risalto il concetto di filiera e la necessità di nuove forme di collaborazione, ormai indispensabili per fronteggiare concorrenti esteri di dimensioni assai più grandi. Infatti, vi è una riconosciuta evidenza sulla necessità di ampliare la dimensione aziendale come elemento fondamentale per la competitività, con accordi o acquisizioni. In modo analogo paiono fondamentali interventi di riorganizzazione, funzionali anche alla maggiore flessibilità operativa necessari per rendere le aziende capaci di reagire tempestivamente ai repentini cambiamenti che si stanno manifestando e di diversificazione dell’attività, soprattutto laddove la redditività è modesta. I temi del costo dell’energia e delle materie prime sono sempre presenti, soprattutto il primo, in quanto stanno incidendo in modo rilevante sui conti economici: sono certamente importanti i supporti governativi, ma questi non possono protrarsi in futuro, almeno nella quantità del passato più recente. Questa situazione fa emergere in modo evidente la carenza di una convincente politica energetica italiana».

Teodori, guardando il quadro d’insieme, ha quindi concluso che «le imprese, con i positivi risultati dell’ultimo biennio, hanno certamente maturato le condizioni, soprattutto se hanno fatto ricorso all’autofinanziamento, per affrontare l’incertezza della parte finale del 2023 e del 2024: è chiaro che laddove la ripresa dalla crisi del 2020 è stata limitata, con bassa solidità e contenuta redditività, il futuro si può manifestare con alcune incognite da non trascurare».


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