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Acciaio: i nuovi futuri

Marcegaglia, Bernabè, Pasini, Banzato e Mandelli nell'ultimo convegno di Made in Steel 2023

RHO (Mi) - Geoindustria, tecnologia, energia, talento, finanza, sostenibilità. Sono le parole dalle quali hanno preso piede gli interventi di “Acciaio: i nuovi futuri”, ultimo convegno della tre giorni di Made in Steel 2023. Alcuni protagonisti della filiera italiana dell’acciaio – Antonio Marcegaglia (presidente e Ceo Marcegaglia Steel), Franco Bernabè (presidente Acciaierie d’Italia), Giuseppe Pasini (presidente Feralpi Group), Alessandro Banzato (presidente Acciaierie Venete) e Marco Mandelli (chief corporate & investment banking officer BPER Banca) – hanno offerto il loro punto di vista sul modo in cui affrontare i processi di cambiamento dettati sia dal mercato sia dalle richieste sempre più stringenti in termini di rispetto dell’ambiente.

«È evidente a tutti che il contesto geopolitico ha un impatto pesante sulle nostre scelte industriali – ha esordito Antonio Marcegaglia –. Lo viviamo tutti sulla nostra pelle; con la guerra in Ucraina sono cambiate molte cose a livello psicologico, di certezze, di relazioni, di catene del valore. La Russia, a prescindere dalla leadership politica, rappresentava e rappresenterebbe tuttora per l’Europa un partner, un naturale complemento alle nostre carenze, in particolare di risorse energetiche e di materie prime. Credo che il venir meno di tutto questo avrà impatti di lunga durante anche dopo l’auspicata risoluzione del conflitto in corso». Ciononostante, il Ceo di Marcegaglia Group ha affermato di credere che «il ruolo del commercio internazionale e gli scambi tra diverse regioni del mondo dotate di diverse competenze rimarranno una costanza, pur in presenza di paletti e vischiosità che potranno portare a un rafforzamento del blocco asiatico, con la Cina in testa». Per Antonio Marceglia «non possiamo rinunciare all’apertura al resto del mondo, perché l’isolamento non ha mai fatto bene a nessuno, né culturalmente né economicamente. Noi europei abbiamo alcune preziose risorse, come intelligenza, cultura, capacità imprenditoriale e prospettiva tecnologica. Pur restando rispettosi delle scelte politiche dell’Europa e del blocco Nato, in cui credo, non possiamo al testo stesso prescindere da un altro grande pezzo di mondo che continuerà a svolgere un ruolo trainante».

Parlando di crisi russo-ucraina non si può non pensare alla crisi energetica europea scoppiata nella seconda parte dello scorso anno. «Oggi – ha rimarcato Franco Bernabè – i prezzi del gas sono scesi e di conseguenza sono scesi i prezzi di altri settori, da quello dell’elettricità a quello dei fertilizzanti. La risposta dell’Europa e delle imprese per superare una crisi che era drammatica è stata inaspettata e stupefacente. In parte abbiamo beneficiato di un clima molto caldo che ha ridotto la domanda di energia di quasi il 20%. Dall’altro c’è stata una forte capacità di reazione da parte dell’industria che ha ridotto, flessibilizzato la produzione e così la domanda di energia è scesa di un altro 30%. Siamo passati in conclusione da un 40% a un 15% di dipendenza dal gas russo». Secondo il presidente di Adi «ce la caveremo anche nel 2023, perché la domanda di energia si è normalizzata, abbiamo stoccaggi pieni e una grande prudenza nel riattivare capacità produttive». «I prezzi – ha ammesso – sono ancora relativamente elevati, ma sono convinto che nei prossimi anni godremo di una situazione di energia estremamente abbondante e a buon mercato. Oltre al risparmio energetico che si sta facendo significativo nell’industria, è in corso la dinamica della transizione energetica, pertanto penso possiamo guardare al futuro con grande ottimismo».

Giuseppe Pasini si è detto parzialmente d’accordo con quanto detto dal presidente di Acciaierie d’Italia. «Noi imprese siamo state resilienti, ma abbiamo dovuto subire in qualche modo la mancanza di un’Europa che non ha saputo fare quadrato dopo la scelta di affrancarci dal gas russo. Non abbiamo avuto grandi alternative. Oggi paghiamo conseguenze quali un aumento dei tassi di inflazione e un rallentamento economico generale. Tuttora la siderurgia italiana, che è la più circolare e sostenibile, sta pagando l’energia più di altri Paesi europei e ha indicatori meno premianti per quanto riguarda il futuro». Il presidente di Feralpi Group ha rimarcato che, nonostante ciò, la siderurgia italiana resta la seconda in Europa nonché la prima da forno elettrico: «La siderurgia italiana è un’eccellenza non solo per tradizione, tecnologie e qualità, ma anche sotto il profilo della sostenibilità, producendo l’80% del proprio acciaio da forno elettrico. È un primato che, da solo, non è sufficiente per traguardare gli obiettivi di decarbonizzazione chiesti dall’Europa. La strada da percorrere è anche quella della transizione energetica». Feralpi Group affronta questo cambiamento epocale integrando una ESG strategy con il modello di business, attraverso un approccio “science based”, definendo i target che indirizzano il piano industriale e con esso gli investimenti per ridurre l’impatto ambientale. Tra gli obiettivi, «l’elettrificazione dei processi associati alla diversificazione delle fonti energetiche, proiettati verso le rinnovabili». In comparto che si trova davanti a cambiamenti di tale entità, ha continuato Pasini, «dove è necessario guardare ai tanti aspetti del "futuro" del nostro acciaio, ancora una volta i giovani sono centrali: servono la loro energia, la capacità di immaginare il domani, la passione. La valorizzazione delle competenze delle persone sarà sempre di più una leva di business per supportare le organizzazioni in questa fase di transizione. L’attrazione dei talenti è dirimente per il futuro della nostra siderurgia e come tale deve essere approcciato a livello di comparto».

Anche Alessandro Banzato ha voluto ricordare che «la siderurgia italiana è pienamente sostenibile nella siderurgia da forno elettrico che è economia circolare al 100%. L’attenzione del settore verso l’ambiente è fuori discussione». Ma, ha puntualizzato, la sostenibilità è a 360 gradi, «come aziende che hanno una presenza importante nei rispettivi territori dobbiamo cercare di essere d’esempio per tutto ciò che ci ruota attorno». Il presidente di Acciaierie Venete ha posto inoltre l’accento sul fatto che i siderurgici italiani sono sempre stati tecnologicamente avanzati e ciò ha permesso loro di rimanere competitivi. «Oggi – ha aggiunto – una nuova sfida è quella della digitalizzazione, che ci pone di fronte alla necessità di fare nuovi investimenti e di fronte a nuovi cambiamenti che toccano in maniera profonda la vita delle nostre aziende». Tuttavia, «abbiamo superato tanti momenti di cambiamento, ritengo che governeremo anche questo come gli altri».

Di sostenibilità ha parlato anche Marco Mandelli di BPER Banca, sottolineando che anche le banche, essendo esse stesse imprese, sono convinte della necessità di integrare i fattori ambientali e sociali nei loro processi decisionali. «Abbiamo fatto grandissimi sforzi in ambito ESG. Siamo allo stesso tempo strumenti di trasmissione delle politiche comunitarie e quindi dobbiamo svolgere un ruolo nei confronti delle imprese, allocando le risorse dei clienti che vanno in questa direzione». La preoccupazione maggiore, ha sottolineato, riguarda «la capacità delle piccole e medie imprese di giocare questa partita. Probabilmente noi banche dovremo ritagliarci un ruolo di advisor, perché la conoscenza di queste tematiche da parte di molte realtà è ancora limitata».

Sullo stesso tema, Marcegaglia ha rimarcato che «interpretare il concetto di sostenibilità in modo fattivo e completo, per ciascuno dei gruppi siderurgici e non solo che intendono intraprendere questa strada, significa mettere in campo un forte impegno per coniugare una necessaria e prioritaria evoluzione della decarbonizzazione anche con le dimensioni economica e sociale. Per fare questo, anche per la difesa a lungo termine della nostra industria e della nostra manifattura, dobbiamo allargare gli orizzonti e coinvolgere più Paesi. Serve uno sforzo pragmatico, più ampio e globale».

Franco Bernabè ha voluto sottolineare infine che «l’impegno di Acciaierie d’Italia per il risanamento ambientale è stato in questi anni veramente notevole, credo non ci siano precedenti esperienze di investimenti di questa dimensione»: quasi 1 miliardo e 400 milioni di euro che, «uniti a quanto stanziato dall’amministrazione straordinaria, arrivano ad una cifra di circa 1 miliardo e 800 milioni di euro per l’ambiente». Uno sforzo definito «colossale» e che «verrà integrato dal grande progetto di decarbonizzazione, nel quale sono impegnate Acciaierie d’Italia e DRI D’Italia, per la produzione del preridotto necessario per alimentare il primo dei forni elettrici che verranno realizzati all’interno dell’acciaieria. È un programma ambizioso perché si tratta di decarbonizzare tutto il nostro processo produttivo e richiederà una decina d’anni per potersi sviluppare. Credo che il metodo di lavoro adottato per realizzarlo, insieme alle istituzioni locali e ai sindacati, possa portare a risultati molto positivi».


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