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Acciaio, minor consumo e più innovazione

Catene del valore, il presente e il futuro

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RHO (Mi) - Acquistare l’acciaio. Prelavorarlo, tagliarlo, forarlo. Distribuirlo ma anche trasformarlo, modificarlo, unirlo con altri materiali o parti per produrre oggetti di consumo. Sono i pilastri del processo di creazione di valore della filiera dell’acciaio italiana ed internazionale. Una filiera che, come la produzione, si interroga su come affrontare le sfide del presente e del futuro in un quadro geopolitico e macroeconomico in continua mutazione. Se ne è parlato a Made in Steel 2023 nel convegno  «Nuove catene del valore: dalla distribuzione all’utilizzo», moderato da Stefano Ferrari, responsabile dell’Ufficio Studi siderweb.
Paolo Morandi, amministratore delegato di siderweb, ha ricordato: «Questa edizione di Made in Steel l’abbiamo intitolata Generations perché siamo davanti a un mondo nuovo».
Gianfranco Tosini, analista Ufficio Studi siderweb, ha approfondito andamento e prospettive della filiera nei settori che la compongono. «Il consumo di acciaio in Italia e in Europa dal 2008 ad oggi è diminuito - ha esordito -. Quali sono i motivi di questa contrazione? Aziende che non ci sono più, delocalizzazione, la concorrenza di materiali alternativi all’acciaio». Il consumo più consistente di acciaio si è verificato in Italia o in Europa? «L’Italia ha perso consumo molto più della media europea, ma negli ultimi due anni il gap si è ridotto - ha precisato Tosini -.  La crisi del 2008 ha inciso molto di più nel nostro Paese che in Europa. Nel settore delle costruzioni, il principale per l’uso di acciaio, il consumo ha avuto un calo del 40%. Un divario che si è ridotto grazie ai bonus per le ristrutturazioni e l’efficientamento energetico, anche se il consumo di acciaio non è cresciuto in maniera proporzionale. Nell’automotive la riduzione del peso delle automobili ci porterà a produrre tipi di acciaio diversi e quindi entro il 2030 diminuirà il peso del comparto nel consumo». Nel settore macchine e apparecchi meccanici il gap con l’Europa è stato più ridotto.
«Si andrà anche qui nella direzione dell’uso di materiali più innovativi - ha sottolineato Tosini -. Nei metalli la distanza sul piano del consumo con gli altri Paesi europei è importante. Quello dei tubi è l’unico in Italia  tra gli utilizzatori in cui la dinamica è superiore alla media europea. Negli elettrodomestici la produzione si è dimezzata negli anni, a causa dello spostamento in altri Paesi con costi più bassi,  e non si riesce ad invertire questa tendenza». Le previsioni per il 2023? «Sarà un anno di inversione di tendenza rispetto alla seconda parte del 2022 quando c’era stato un calo del consumo - ha concluso Tosini -. La chiusura del 2023 sarà meno negativa di quanto si era temuto. Il 2024 sarà un anno di stabilizzazione. Torneremo ad avere un consumo di una certa rilevanza, ma non al livello del 2019. Nel 2023 l’Italia ridurrà ulteriormente il gap con la media europea. Da qui al 2030 potrebbero perdere quote il settore automotive e degli elettrodomestici».
I protagonisti dei comparti hanno parlato delle loro aspettative. Emanuele Ferrarolo, presidente di Ance Liguria e vice presidente di Federcostruzioni ha detto: «Il settore delle costruzioni dal 2010 in poi ha avuto un tracollo, e ha dimezzato gli occupati. Nel 2020 è arrivato il booster del decreto sulla cessione del credito che ha aiutato il nostro comparto a risollevarsi ma in maniera destrutturata. Negli ultimi due anni la nostra marginalità è cresciuta ma non come i prezzi. Le prospettive del 2023 sono di una leggera crescita con rallentamento».
Enrico Frigerio, membro del Consiglio generale di Anfia si è soffermato sull’automotive: «C’è una ripresa, stiamo producendo il 15% in più ma quanto impatterà l’auto elettrica e la fine del motore termico non possiamo prevederlo».
Federico Visentin, presidente di Federmeccanica ha rimarcato: «C’è un cauto ottimismo che soffre ancora in modo pesante in termini di marginalità. Il prezzo delle materie prime è cresciuto e i nostri margini si sono ristretti». Barbara Colombo, presidente di Ucimu ha rimarcato: «Nel settore macchine utensili, dopo un 2020 difficile per tutti, nel 2021 e 2022 c’è stata una crescita a doppia cifra su tutti gli indicatori economici. Nel 2023 abbiamo aperto con un portafoglio ordini importante». Paolo Sangoi, presidente di Assofermet Acciai, ha chiuso: «Nel primo trimestre abbiamo vissuto un mercato a doppia velocità, da un lato le acciaierie, dall’altro la distribuzione che non ha avuto difficoltà ad andare nella direzione di un aumento delle quotazioni ma non nella percentuale delle acciaierie. È difficile immaginare cosa ci possiamo attendere ma la sensazione non lascia trasparire ci possa essere una parziale tenuta dei prezzi».


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