27 ottobre 2022
MILANO - Dopo un 2021 caratterizzato da valori economici ampiamente superiori a quelli del biennio precedente, i risultati delle imprese siderurgiche italiane sembrano destinati a un ridimensionamento quest’anno a causa del rallentamento della domanda e della riduzione degli spread tra prezzi di vendita e costi degli input. È quanto è emerso nella 14ª edizione di Bilanci d’Acciaio a Milano, durante la tavola rotonda moderata da Stefano Ferrari (responsabile Ufficio Studi siderweb) alla quale hanno partecipato Claudio Teodori, docente dell’Università degli Studi di Brescia, e Gianfranco Tosini dell’Ufficio Studi di siderweb. Le considerazioni dei due relatori si sono basate sull’analisi di oltre 5mila bilanci condotta dall’Ufficio Studi di siderweb con la collaborazione dell’Università degli Studi di Brescia, nonché sui risultati di un sondaggio somministrato agli abbonati a siderweb volto a raccogliere le previsioni degli operatori in merito alle attese per il 2022 e alle previsioni per il 2023.
Dall’analisi della situazione reddituale, finanziaria e patrimoniale delle imprese siderurgiche nazionali è emerso innanzitutto che il fatturato totale delle imprese della parte alta della filiera (utilizzatori esclusi) nel 2021 è stato di 79,181 miliardi di euro, il 61% in più rispetto al 2020. L'utile allo stesso tempo è passato da 310 milioni a 3,54 miliardi. Una situazione straordinaria e non ripetibile secondo Teodori e Tosini, a causa delle difficoltà che le imprese siderurgiche sono costrette ad affrontare ormai da diversi mesi: in primis, le difficoltà di approvvigionamento nelle catene di fornitura globali, i fortissimi rincari dei beni energetici e la crescita dei prezzi delle materie prime. Problemi, soprattutto quello dell’energia, per i quali non si intravvedono soluzioni strutturali.
A proposito di energia, secondo il sondaggio di siderweb, l'80% degli intervistati ritiene che la politica energetica nazionale sia inadeguata. Le azioni richieste sono una riconsiderazione del nucleare, gli investimenti in energie rinnovabili, la riapertura dei giacimenti di gas italiani e la riduzione della dipendenza da singoli Paesi. Quanto ai rischi, ha sottolineato Teodori, quelli che preoccupano maggiormente sono la concorrenza internazionale, i rischi operativi e finanziari e il rischio Paese, «perché manca un certo livello di sostegno, e a questo proposito un tavolo che coinvolga gli attori della filiera presupporrebbe la disponibilità da parte del governo di ascoltare, collaborare, agire». Si rileva infine una forte preoccupazione sulla marginalità.
Da ciò che gli operatori si aspettano si è passati alle previsioni degli analisti. Quest’anno i settori utilizzatori per i quali è previsto un calo del tasso di attività a livello globale (fonte: IMF) sono l’automotive (-2,5%) e gli elettrodomestici (-3,7%), mentre per il 2023 è atteso un rallentamento delle attività in tutti i settori. Nel frattempo i costi energetici, dopo essere esplosi quest’anno, dovrebbero ridursi nel 2023 secondo Gianfranco Tosini (per l’energia elettrica, da una media di 281,98 €/MWh a 235 €/MWh). I costi delle materie prime (minerale ferroso e rottame) subiranno una flessione sia quest’anno sia il prossimo, dunque nel complesso i costi di produzione vedranno una diminuzione, tuttavia «la struttura dei costi rimarrà rilevante rispetto ad alcuni anni fa».
Prendendo in considerazione le principali aree del mondo, la domanda di acciaio, calata del 5,4% in Cina nel 2021, è prevista in flessione del 4% quest’anno e a crescita zero nel 2023. Ciò influirà sull’intera filiera a livello globale con effetti in particolare sui prezzi delle materie prime, che subiranno una minor pressione al rialzo.
Quanto ai prezzi, si prevede che ricalcheranno la dinamica dei costi e questo avrà un effetto di compressione dei margini. Quest’anno avremo ancora una crescita dei ricavi come nel 2021, grazie a un effetto “trascinamento”, mentre nel 2023 assisteremo a un calo a causa di una riduzione sia dei prezzi sia dei volumi.
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