3 maggio 2022 Translated by Deepl
Il conflitto in Ucraina ha ridato fuoco alle polveri delle materie prime e il mercato dell’acciaio è bloccato: i produttori stanno frenando l’output e stanno cercando di scaricare sui clienti gli aumenti di costo degli input e gli utilizzatori hanno rallentato la domanda, in un atteggiamento attendista, nell’impossibilità di sostenere i livelli di prezzo raggiunti. E il comparto dei tubi in acciaio non fa eccezione. Lo ha spiegato Gianfranco Tosini dell’Ufficio Studi siderweb nel suo intervento nel webinar “MERCATO & DINTORNI”, che si è tenuto questa mattina.
Il costo di produzione di una tonnellata di acciaio da forno elettrico è salito dai 696,3 euro di gennaio ai 958,1 euro al 15 aprile; quello con ciclo integrale è passato da 593,1 a 830,8 euro. Nel mezzo c’è stato lo scoppio della guerra in Ucraina e un’impennata dei costi delle materie prime (carbone, gas, energia, rottame, minerale di ferro...), dopo un lieve rallentamento del primo bimestre dell’anno. Ciò ha comportato una salita del prezzo di prodotti lunghi e piani: i coils a caldo sono saliti dagli 895 euro/t di gennaio ai 1.321,9 al 15 aprile. «I prezzi dei tubi sono aumentati leggermente di più rispetto a quelli della produzione, in modo particolare i saldati» ha sottolineato Tosini. I tubi saldati sono aumentati dai 1.280,5 euro/t di gennaio ai 1.840,5 euro/t al 15 aprile, quelli senza saldatura da 2.516,9 a 2.849,5 euro/t.
Quanto alla produzione, dopo il crollo nel secondo trimestre 2020 a causa del Covid-19, in Italia l’output di tubi è andato incontro a una ripresa, seppur non celere. «L’Italia ha avuto un tasso di crescita piuttosto robusto fino al secondo trimestre 2021, cui è seguito un leggero calo e un blocco su livelli produttivi molto inferiori agli anni precedenti. Oggi siamo allineati con la crescita media a livello Ue» ha spiegato Tosini. C’è chi ha fatto peggio, come la Francia e soprattutto la Germania; c’è chi «ci sta dando fastidio, come Spagna e Turchia, che stanno crescendo a ritmi molto più sostenuti».
I problemi dell’Italia, ha sottolineato Tosini, sono due: il calo della domanda interna e il rallentamento sensibile dell’export. Nel 2019 si è registrato un boom delle esportazioni, che hanno raggiunto i livelli massimi dal 2008 (circa 3,5 milioni di tonnellate). Per poi perdere circa 400mila tonnellate nel 2020 e 2021. Si è inoltre assistito alla quasi sparizione dei tubi saldati >406,4, mentre resistono i <406,4.
Nel medio periodo, secondo l’analista, c’è un forte potenziale di domanda che potrebbe dispiegarsi, se si presentassero le giuste condizioni. Quanto al settore energetico, «gli investimenti aumenteranno da 6,7 trilioni di dollari nel quinquennio 2016-2020 a 7,9 trilioni nel quinquennio 2021-2025 (+18,7%). Gli investimenti nell’up stream supereranno i 2,2 trilioni di dollari, 3,5 volte gli investimenti nel down stream, il 22% in più degli investimenti nel trasporto e distribuzione dell’energia e del 36% in più degli investimenti nelle rinnovabili». Aumenteranno anche gli investimenti nelle costruzioni, spinti dagli aiuti europei e nazionali; è atteso anche un «forte rilancio del settore della costruzione di altri mezzi di trasporto», così come un intervento a livello istituzionale e governativo a sostegno dell’automotive. Anche il settore dell’auto elettrica conoscerà una crescita consistente nei prossimi anni. Nella meccanica, lo sviluppo dello smart manufacturing porterà a un incremento degli investimenti di oltre il 10% fino al 2028.
Elisa Bonomelli
4 ottobre 2024
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