24 marzo 2022 Translated by Deepl
L’inox rischia, nel breve periodo, di dover affrontare una domanda stagnante e un’onda di ordini cancellati per l’aumento dei prezzi. A lungo termine «è a repentaglio la competitività stessa dell’acciaio inossidabile e il nostro magnifico tasso di crescita medio annuo del 5% potrà diventare molto più basso nel futuro». Lo ha sostenuto Markus Moll, Managing Director di SMR, nel proprio intervento al webinar di siderweb “Inox: le conseguenze del conflitto sul settore italiano”.
L’inossidabile rischia di entrare in una fase di forte incertezza perché, da un lato, «più del 50% del mercato dell’inox è “price sensitive” ed esistono prodotti alternativi, sia nel segmento dell’inox (ferritici o acciaio a basso contenuto di cromo e manganese), sia al suo esterno, con plastiche o acciai al carbonio rivestiti» ha spiegato Moll. Dall’altro lato, se si osserva la situazione dal punto di vista geopolitico, «lo svantaggio di costo che già oggi hanno i produttori occidentali rispetto alla Cina e all’Indonesia si amplierà ulteriormente, e ciò porterà a una ripartenza dell’offshoring verso la Cina» in un momento in cui alcune produzioni stavano tornando nella regione europea, con un «erosione del nostro mercato».
Vista la congiuntura internazionale, con una guerra in atto nel continente europeo, SMR ha rivisto al ribasso le proprie previsioni per il 2022: per il mercato nordamericano stima una contrazione dei volumi dell’8% (contro una crescita ipotizzata in precedenza del 4%). «L’impatto sul mercato europeo – ipotizza Moll - sarà sicuramente maggiore, a doppia cifra». Con un extra lega che, secondo il modello predittivo dello Stainless Steel Club, potrà «facilmente superare a maggio i 4.000 euro la tonnellata, o anche oltre».
Import-export: i numeri
La Russia, ha illustrato Moll, nel 2021 ha esportato in Europa 3.200 tonnellate di prodotti in acciaio inox e 2.600 tonnellate in Nord America. La maggior parte dei volumi è stata venduta ai Paesi CSI (26.200 tonnellate). Quanto all’import, sempre nel 2021 la Russia ha acquistato dall’Asia circa 300mila tonnellate, con l’India che ha un peso rilevante (73mila tonnellate). Dall’Europa ha importato 47mila tonnellate. Quasi non pervenuto il Nord America (2mila tonnellate). Nel complesso, ha sottolineato Moll, «sono “noccioline”, la Russia ha un peso molto contenuto sul mercato dell’acciaio inox mondiale».
Ciò che è rilevante sono le materie prime russe. L’export di rottame inox dalla Russia, ha illustrato l’analista, era sceso vicino allo zero nel 2010 (30mila tonnellate), ma è poi cresciuto fino a 147mila tonnellate nel 2021. Di queste, il 92% è arrivato in Europa e il maggior Paese importatore è la Finlandia («quindi è chiaro – ha lasciato intendere Moll – quale sia il produttore europeo con la maggiore esposizione»).
Le esportazioni di nickel in Europa, nel 2021, hanno sfiorato le 70mila tonnellate, quelle verso la Cina sono state di 46mila tonnellate. «Al momento, Nornickel non è sottoposto a sanzioni, quindi può consegnare il materiale ai clienti europei, con un unico problema logistico: le navi russe non possono entrare nei porti europei. Ma, in sostanza, il business prosegue» ha spiegato Moll, aggiungendo di aver saputo da fonti aziendali che il gruppo è pronto a «spedire il materiale in Cina, qualora la porta dell’Europa restasse chiusa».
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