25 novembre 2021 Translated by Deepl
«Le 263 imprese che operano nelle regioni del centro-sud sono il 16% dell’intera popolazione (1.661) che compone la così detta "filiera ristretta", cioè escludendo gli utilizzatori, ma, in termini economici, incidono per percentuali inferiori, a causa della loro ridotta dimensione che è circa il 40% in meno in termini di fatturato medio unitario».
A dirlo è stato, oggi, nel corso del convegno digitale “L’acciaio del centro-sud e la sfida della ripresa”, che ha concluso il ciclo di “Bilanci d’Acciaio 2021”, il professor Claudio Teodori, docente all’Università degli studi di Brescia
Quanto a ricavi e valore della produzione, ha spiegato Teodori, «l’incidenza è inferiore al 10%, che scende all’8% per il valore aggiunto e poco sopra il 5% per l’Ebitda. Inoltre, l’area geografica chiude in perdita. Su questo risultato incide in misura determinante il comparto produttivo e, in particolare un’impresa (la Acciai Speciali Terni; ndr), senza la quale vi sarebbe comunque una perdita ma molto più contenuta: in questo caso però il peso del centro-sud sarebbe ancora più limitato».
La redditività delle imprese del centro-sud, secondo il docente, «è per alcuni indicatori simile a quella nazionale e il rapporto di indebitamento complessivo è, storicamente, più alto in tutti i comparti, con l’unica eccezione del commercio di rottame e ferroleghe. Nella produzione, nel 2020, il rapporto è il doppio rispetto al valore nazionale».
Le aziende del centro-sud esaminate, ha poi spiegato, «presentano nel 2020 un’incidenza degli investimenti sul fatturato del 3% e sul capitale investito del 3,9%, valori assai inferiori a quelli del 2019 (rispettivamente 4,3% e 6,5%). Il decremento degli investimenti rispetto al 2019 è più alto di quello nazionale, su cui però incide in misura determinante una grande impresa: senza questa, gli investimenti sarebbero cresciuti».
Ampliando l’esame a livello nazionale, il professor Teodori ha detto che «a differenza del 2020, dove le imprese erano intervenute in modo significativo sui budget limitandone o bloccandone la portata, nel 2021 la gran parte ha, invece, confermato i budget (54%) o incrementato gli stessi. Nel 2022 cambia il mix: anche in vista del possibile sostegno derivante dal PNRR, la maggiore ricorrenza si registra negli investimenti in nuova tecnologia, innovazione e digitalizzazione, pur non mancando le altre fattispecie».
Uno degli aspetti più rilevanti nella valutazione della situazione economica attuale e prospettica delle imprese, secondo Teodori, «è l’analisi della rischiosità: i rischi percepiti come molto rilevanti sono quelli operativi, in particolare legati alle materie prime (costo e disponibilità), ai costi di trasporto e al costo dell’energia. In merito ai costi delle materie prime, il 42% delle imprese dichiara aumenti sopra il 50%, a cui si aggiunge il 37% che ha subito innalzamenti tra il 30% e il 50%; il 18% inferiori al 30%».
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