13 novembre 2024 Translated by Deepl
REZZATO (Bs) – Dopo due anni da sogno, il 2023 ha riportato la siderurgia italiana «con i piedi per terra». È il rallentamento economico quello che si è imposto come grande protagonista dell’edizione 2024 di Bilanci d’Acciaio, la ricerca curata da Ufficio Studi siderweb e dai professori Cristian Carini e Claudio Teodori dell'Università degli Studi di Brescia che ha messo a confronto i risultati di 1.757 imprese di produzione, prima trasformazione, centri servizio e distribuzione di acciaio.
Lo studio è stato presentato ufficialmente oggi dopo i saluti del CEO di siderweb Paolo Morandi e del CEO di Regesta Francesco Brunelli che con BPER Banca ha supportato il progetto.
Giunto alla 16ª edizione, Bilanci d’Acciaio ha visto segnare nei risultati 2023 un netto ridimensionamento degli indicatori di bilancio, dell’ordine del -15% per i ricavi e del -18,7% per il valore della produzione. E il 2024, prossimo alla chiusura, per molte aziende è stato addirittura peggiore dell’anno precedente.
«La pur contenuta variazione del valore aggiunto – ha spiegato Claudio Teodori, docente dell’Università degli Studi di Brescia – si è negativamente riflessa sull’Ebitda, che scende nuovamente sotto il 10% di incidenza sulle vendite (8,8%), a causa del minore assorbimento del costo del lavoro, dovuto quasi esclusivamente alla decrescita dei ricavi. Minore l’effetto sugli altri costi strutturali, ammortamenti e leasing. L’impatto complessivo è la riduzione di 2,5 punti percentuali della marginalità della gestione caratteristica, che supera di poco il 5% (8% lo scorso anno)».
L’unico dato in miglioramento rispetto al 2022 riguarda i mezzi propri «a segnalare il ridimensionamento avvenuto nell’ultimo anno, che è più agevolmente comparabile con quello iniziale del triennio (2021-2023). Va comunque guardato con positività – ha aggiunto Teodori – l’incremento delle risorse dei soci: gli ingenti utili prodotti nel 2022 (5,5 miliardi), sono stati in buona parte destinati ad autofinanziamento».
Numeri, questi ultimi, che «nel complesso però non fanno emergere situazioni di forte criticità anche se alcuni comparti come, distribuzione e centri servizio, presentano contrazioni che non sono da sottovalutare, anche se sono situazioni già viste in passato» come rimarcato dall’altro curatore della ricerca, Cristian Carini, docente dell’Università degli Studi di Brescia.
Un elemento che evidenza la sostanziale «solidità» del comparto: «Nel complesso la dimensione migliora nel 2023, grazie soprattutto alle scelte di autofinanziamento attuate dalle imprese dopo gli elevati redditi ottenuti nel 2022, che rimarrà nella storia di molte aziende – hanno spiegato Teodori e Carini –. Il rapporto di indebitamento si è dunque ridotto, avvicinandosi all’unità e raggiungendo il valore minimo del triennio». Uno scenario creatosi grazie a riduzione dei debiti; incremento dei mezzi propri; leggero decremento del capitale investito. «L’unico elemento negativo, legato al costo del denaro – ha sottolineato ancora Carini –, è il peggioramento della sostenibilità economica del debito, cioè l’impatto a conto economico degli oneri finanziari, che viene solo in parte mitigato dai minori debiti». E nel 2024 la situazione potrebbe peggiorare, viste le non soddisfacenti previsioni economiche. La ricerca infatti ha fatto emergere alcune tendenze che dai primi riscontri si sono protratte anche in questi primi dieci mesi del 2024. Tendenze quali perdita di marginalità e redditività.
«Il 2023 – ha aggiunto Gianfranco Tosini, Ufficio Studi siderweb – è stato un anno migliore per le aziende a valle della filiera perché i produttori non sono riusciti a scaricare a valle i maggiori costi subiti rispetto al 2022. Lo si vede dal fatto che costruzioni e automotive hanno mostrato una sensibile crescita in termini di marginalità. Diverso il discorso per le PMI che hanno mostrato una migliore redditività in termini operativi, annullata però dalla maggiore influenza del costo del lavoro. Una voce di costo più mitigata man mano che si raggiungono migliori economie di scala».
Su 2024 e 2025 ha provato a fare luce il sondaggio che accompagna la ricerca nel tentativo di contestualizzare nell’attualità i risultati emersi dai dati dell’anno precedente.
Il risultato del questionario a cui hanno risposto oltre 70 imprese della filiera ha restituito un quadro in cui sia l’attività svolta, espressa dal fatturato, sia i risultati economici sono previsti in generale calo, non trascurabile in alcune realtà. Il 77% delle imprese si attende un calo del fatturato nel 2024 e il 73% una contrazione dell’incidenza dell’Ebitda sulle vendite. Il 75% stima un decremento del risultato economico (il 14% prevede stabilità, solo il 10% un miglioramento).
L’elemento di maggiore criticità percepita rimane decisamente il costo dell’energia (18% dei rispondenti). Seguono il costo di materie prime e semiprodotti (14,4%); perdita di competitività e rallentamento della domanda internazionale a parimerito (12%).
Gli investimenti sono prevalentemente di rinnovo e ammodernamento, con spazio più limitato all’ampliamento. L’innovazione e l’automazione assumono sempre grande rilevanza, con un ruolo non trascurabile anche della sicurezza; cala il peso della digitalizzazione a vantaggio della formazione del capitale umano.
Il 2025 è invece connotato da una ripresa, la cui ampiezza non è però di agevole determinazione. Il 38% delle imprese si aspetta un incremento del fatturato tra il 10% e il 20%; un altro 38% propende per una stabilità; il 23% si attende un’ulteriore contrazione. I prezzi di vendita sono previsti in aumento fino al 10% dal 35,6% del campione; il 30% prevede che resteranno stabili; il 16%, infine, ritiene caleranno meno del 10%.
14 febbraio 2025
Nuova edizione del siderweb TG. Credits: archivio siderweb; World Steel Association media library.
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