6 ottobre 2021 Translated by Deepl
“Dalla captazione alla distribuzione: l’acciaio inossidabile nel ciclo integrato dell’acqua potabile” è stato il tema di un convegno organizzato a Made in Steel dal Centro Inox, nel corso del quale, dopo il saluto del presidente Massimo Zoppegni, sono state messe in evidenza le ultime novità emerse per lo specifico utilizzo dell’acciaio inossidabile e si sono messe a confronto le esperienze relative a realtà anche molto diverse tra di loro.
Introducendo i lavori e spiegando perché l’inox può rappresentare la soluzione ai problemi nel settore delle acque potabili, Paolo Viganò ha ricordato che «attualmente si registra una dispersione di acqua lungo la rete nazionale italiana pari al 42% e già questo dimostra come l’acciaio inox, per le sue caratteristiche di resistenza alla corrosione, al non invecchiamento ed alle alte performance a livello igienico sia il prodotto migliore anche per le sue caratteristiche meccaniche ottimali, per il fatto di non subire deformazioni sismiche e per la resistenza alle basse temperature ed al fuoco».
L’ingegner Riccardo Savarino, di CdI Consulenze di Ingegneria, ha poi chiarito che «l’acciaio inox, a patto di usarlo bene e fare attenzione alla posa in opera, con una “passivazione” ben realizzata, è un materiale ottimale».
Nei serbatoi, ha spiegato, «è decisivo evitare l’uso della resina epossidica per l’impermeabilizzazione interna e sostituirla appunto con l’inox che garantisce risultati molto migliori ed un ciclo di vita di almeno 50 anni. Oggi si stanno realizzando addirittura serbatoi completi in inox, annegati nel cemento armato: uno di questi ha perfettamente resistito al terribile terremoto dell’Aquila, rimanendo intatto».
Certo, ha poi detto: «I costi iniziali possono essere più alti di circa il 20%, ma nel lungo periodo i vantaggi sono superiori».
Benoit Van Hecke, del Nickel Institute, ricordando che «a livello mondiale la dispersione idrica delle reti si aggira tra il 25 ed il 30%» ha portato due esempi decisamente interessanti e riferiti alla situazione di Tokyo e Taiwan «dove si era visto che oltre il 90% derivavano dalle tubazioni».
Sostituendo quelle obsolete con quelle in acciaio inox 316, ha spiegato, «Tokyo è passata da 260 milioni di metri cubi di perdite nel 1980 a 50 milioni nel 2018, con casi di riparazioni che sono passati da 69mila a 8mila all’anno», mentre a Taipei «che ha avviato una politica analoga più di recente, ha già potuto registrare risultati importanti, visto che nel 2014 non ha dovuto far fronte a problemi di carenza idrica, nonostante una grave siccità, grazie alla maggiore efficienza della rete».
Anche alcune esperienze italiane sono state oggetto di attenzione nel corso del convegno del Centro Inox: tipo quella dell’Acquedotto della Valle di Susa, dove, ha spiegato Marco Scibetta, del Centro ricerche Smat, che gestisce il servizio idrico a Torino, «l’introduzione dell’acciaio inox 304, utilizzato per gli “attraversamenti” ed i collegamenti con i Comuni, ha permesso di ottenere risultati importanti in termini di risparmi e di verificare che se si sono presentati segni di corrosione, questa è avvenuta nelle giunzioni con i filtri fatte in acciaio al carbonio».
Anche nell’Acquedotto di Laives a Bolzano, ha spiegato l’ingegner Livio Tarantino, «c’erano tubi in acciaio zincato, ma i test con l’inox 304 ci hanno dato dei vantaggi enormi sia sotto il profilo sanitario che tecnico», mentre per Giancarlo Cremaschi, di Idras, Gruppo Clerici, «l’iniziale diffidenza nei confronti dell’inox, dovuta anche alla scarsa conoscenza, sta lasciando il posto alla consapevolezza che il suo utilizzo permette anche di evitare il ripetersi di fatti gravi, come quelli relativi a tubazioni trattate che hanno subito danni ed anche inquinamento dell’acqua, con sequestri di interi impianti».
Marco Torricelli
11 ottobre 2024
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