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USA: nessuna svolta a breve sulla Section 232

Francesco Costa: «Biden non intende tornare indietro rispetto a Trump» quanto a protezionismo

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«Non è il caso di aspettarsi a breve grandi svolte sui dazi sull’acciaio, e in generale sui dazi verso la Cina». Secondo Francesco Costa, vicedirettore de Il Post e autore del libro “Una storia americana”, che ha aperto oggi il webinar di siderweb “Geopolitica e mercati: il mondo tra Brexit, Biden e Xi", l’atteggiamento sulla politica commerciale statunitense dell’amministrazione Biden è sì diverso rispetto a quello del presidente precedente, Trump, ma non così diverso.
«Biden non intende tornare indietro rispetto a quanto fatto da Trump in senso protezionista, soprattutto per quel che riguarda la Cina. I toni sono cambiati: l’atteggiamento non è più provocatorio e offensivo – ha spiegato Costa -, ma non è nemmeno particolarmente remissivo. Biden sta provando a ricostruire alleanze vere nella regione dell’Indopacifico. Non per far scegliere tra USA e Cina agli alleati storici degli Stati Uniti, come Australia, Corea del Sud e Giappone, ma per dar loro il modo di avere autonomia in più rispetto all’egemonia cinese». E in un contesto generale in cui i dazi non hanno dato una grande mano all’economia statunitense, Costa ha citato il settore agricolo, i produttori di acciaio stanno invece chiedendo di mantenere questi dazi: «Hanno rilanciato la produzione interna, ma per chi compra sono un problema, avendo portato a un grande aumento dei prezzi». 

Ma al contempo, insieme al Paese, sta anche cambiando il peso che la manifattura e l’industria pesante hanno sull’economia statunitense rispetto al passato. Il loro declino «non si è interrotto dagli anni ’80 a oggi, al di là di qualche singolo caso di successo». A ciò si somma lo spopolamento avvenuto negli ultimi 10 anni del Mid-West, dove sono concentrate le grandi industrie pesanti, anche siderurgiche: certificato dall’ultimo censimento, ha comportato la perdita di seggi al Congresso di Stati come Pennsylvania e Illinois, quindi «uno spostamento di centri di potere del Paese a vantaggio degli Stati del Sud e dell’Ovest che non è indolore».   

Per «resuscitare il settore manifatturiero che viene da decenni di deindustrializzazione, che era anche l’obiettivo di Trump», l’amministrazione Biden sta lavorando all’American Jobs Plan: un provvedimento che stanzierebbe 2.300 miliardi di dollari per intervenire sulle infrastrutture materiali e immateriali: interventi su autostrade, ponti, porti e aeroporti e nell’edilizia, che quindi sosterrebbero anche la filiera siderurgica, ma anche nel welfare, nella ricerca e sviluppo e nella formazione. «Il 90% dei posti di lavoro che verranno creati, viene detto, non richiederà la laurea – ha spiegato Costa -. L’amministrazione vuole parlare agli uomini bianchi senza laurea, che sono il segmento demografico che più favorisce i conservatori e che storicamente è impiegato nel settore manifatturiero e nell’industria pesante». Già approvato è invece l’American Rescue Plan, che ha stanziato 1.900 miliardi di dollari: una grande manovra contro la povertà e per uscire dalla pandemia. 

«Non sappiamo se questo tentativo di far cambiare passo al Paese funzionerà e che tipo di risultati produrrà, il rischio è un aumento dell’inflazione e che l’economia vada in overheating – ha detto Costa -. Non resta che aspettare e vedere».


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