20 aprile 2021
«Bisogna convincersi che 1+1 = 3». Questo secondo Giuseppe Cavalli, direttore generale Alfa Acciai, è il primo passo per raggiungere la dimensione di campioni europei, superando i limiti tipici delle aziende italiane, in cui spesso i proprietari faticano a ritagliarsi solo il ruolo di azionisti lasciando la gestione ad un team manageriale.
«Una volta per crescere bastava poter coltivare l’azienda nel proprio giardino, si era in una sorta di ambiente protetto – ha ribadito Cavalli –, oggi invece limitarsi a questa dimensione è l’inizio della fine. Le dimensioni del mercato sono cambiate e si deve superare la logica dei “campioni nazionali” tipica degli anni Ottanta per passare ad una di “campioni europei” in grado di competere a livello continentale e mondiale».
Efficacia, efficienza e agilità sono da sempre le caratteristiche che hanno fatto la fortuna delle aziende italiane, per il manager del gruppo bresciano ora le si deve far sposare anche con un modello di maggior complessità che risulta conseguente ad un incremento di dimensione, di tecnologie e di presenza multiterritoriale.
«Come modello di crescita sono per un sistema misto, sia verticale che orizzontale, un sistema che valuti sinergie e opportunità più che la sola crescita di fatturato» ha rimarcato Cavalli.
Tra gli strumenti più importanti per raggiungere il livello di competizione europea c’è sicuramente quello della quotazione in Borsa che però permetta di mantenere una compagine azionaria solida e con le idee chiare; a questo si deve aggiungere anche un management all’altezza degli obiettivi che si vogliono raggiungere. Mentre i limiti da superare per il settore siderurgico sono sicuramente overcapacity e la bassa redditività.
Rispondendo alla domanda sulla taglia ideale per i lunghi siderurgici a livello europeo, Cavalli ha evidenziato che «la risposta è da interpretare in termini astratti. La taglia media di un'azienda attuale indicata da Tosini è poco sotto il miliardo di euro di fatturato: vale a dire un paio di forni e tre o quattro laminatoi. Tipicamente è una taglia che gira intorno ai 500/600 milioni di euro di capitale investito e 200/300 milioni di mezzi propri. Queste aziende normalmente hanno come attività principale la concorrenza, sia sul fronte delle materie prime che dei clienti per poter sopravvivere. Resta il fatto che sono tutt’altro che aziende piccole, anche perché gestiscono un rischio non indifferente dal momento che il minimo errore potrebbe avere conseguenze molto pesanti. Ma soprattutto con queste dimensioni si è troppo condizionati dall’andamento della congiuntura. Come primo passaggio, moltiplichiamo per tre questi valori, anche se come ha detto Tosini la taglia ideale è sei volte superiore per competere in Ue. In questa maniera puoi arrivare a 7/8 forni, una dozzina di laminatoi, e non solo in Italia, fai girare circa 500mila tonnellate al mese, in pratica i volumi annuali di un medio-piccolo player italiano. Arrivi ad avere un circolante più basso ed una riduzione del capitale intensivo, ma soprattutto riesci ad avere tra gli 80 e i 100 milioni di euro all’anno a disposizione per gli investimenti. Una somma che permette di fare interventi significativi e frutto di una strategia e di un percorso a medio termine. Questo porta ad essere più diversificati come prodotti e quindi ad essere meno in balìa della congiuntura».
Per Cavalli questo player è sì più complesso ma ha una dimensione di scala per poter giocare in un campionato superiore, ma «deve essere ben organizzato, e questa è un’ulteriore sfida, che però permette di poter gestire una realtà infinitamente più solida dell’azienda di partenza».
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