16 giugno 2020
Meno consumo di minerale di ferro e di carbone metallurgico. Più richiesta di rottame e di preridotto. I nuovi mega trend globali (green steel ed economia circolare in primis) stanno cambiando gli equilibri del mercato delle materie prime: le conseguenze si potranno misurare nell’immediato futuro, tanto in Italia, quanto nel resto del mondo.
Sulla piazza internazionale, la produzione di acciaio con rottame è in crescita. Se oggi si è al di sotto del 30%, nel 2030 si arriverà al 34-35%, secondo le ultime proiezioni di Wood Mackenzie, ha ricordato Emanuele Norsa, giornalista di Kallanish, nel proprio intervento al webinar di siderweb “Rottame e DRI: nuove geometrie per il mercato italiano”. Rottame turco che oggi, ha ricordato Norsa, «è più caro rispetto al minerale di ferro cinese solo di 160 dollari la tonnellata. Negli ultimi 3 anni, lo spread si è praticamente dimezzato. Con il primo che diventa più competitivo rispetto al secondo». Anche perché, nonostante il lockdown cinese, «si è assistito a una ripresa del prezzo del minerale di ferro inaspettata: al 12 giugno, secondo le rilevazioni di Kallanish, si è arrivati sopra i 100 dollari la tonnellata per il 62%. Oltre le nostre previsioni».
Anche se entro il 2030 bisognerà «controbilanciare la riduzione della produzione di minerale di ferro causata dall’esaurimento delle vecchie miniere con 500 milioni di tonnellate di nuova capacità produttiva», l’output rimarrà «più che soddisfacente per far fronte alla domanda futura» ha detto Gianfranco Tosini, analista dell’Ufficio Studi siderweb.
La vera partita, insomma, si giocherà su rottame e preridotto, anche in Italia.
Quanto al rottame, si dovrebbe arrivare a un sostanziale equilibrio tra domanda e offerta a livello globale entro il 2030, grazie al ciclo cinese. «Il problema vero è la qualità di questa materia prima, che negli ultimi anni è peggiorata». Le possibili tensioni generatesi quindi sul mercato, però, potrebbero essere assorbite dalla «maggiore offerta di preridotto».
Oggi se ne producono nel mondo 108 milioni di tonnellate. Entro il 2030 si stima un’ulteriore produzione di 20 milioni, portando l’output totale a circa 130 milioni di tonnellate (e i maggiori produttori resteranno India e Iran, con lo sviluppo del Nord Africa, in particolare dell’Algeria). «La preriduzione – ha sottolineato Tosini - è fondamentale per soddisfare i cambiamenti che avverranno nelle modalità di produzione dell’acciaio».
E in Italia, «se verranno realizzati i progetti annunciati per Taranto e Piombino, avremo un cambiamento strutturale». Oggi l’acciaio italiano è prodotto per l’82% con forno elettrico; una quota che con i nuovi impianti arriverebbe all’87-90%. Ne conseguirà una riduzione del consumo di minerale di ferro di 1 milione di tonnellate e un aumento dell’import di rottame dai 5 milioni di tonnellate attuali ai 9-10 milioni nel 2025. «Meno – ha specificato Tosini – se dovesse partire l’impianto di preriduzione di Taranto annesso al nuovo forno elettrico che sostituirebbe l’altoforno 2». Resterebbero comunque «grosse tensioni sul mercato del rottame in Italia – secondo Tosini -, avendo il nostro Paese una capacità di offerta oggi difficilmente aumentabile» e, contemporaneamente, crescendo anche sulla piazza globale la richiesta di rottame.
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