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Produzione industriale: crollo senza precedenti

Nel primo trimestre 2020 si registra una variazione di -7,5% rispetto al quarto trimestre del 2019

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L’ultima rilevazione del Centro Studi Confindustria conferma il tracollo della produzione industriale in parte preannunciato dai risultati dell’indagine precedente. In aprile su marzo la produzione industriale in Italia è diminuita del 26,1%, mentre a marzo era arretrata del 25,4% su febbraio. Nel primo trimestre 2020 si registra una variazione di -7,5% rispetto al quarto trimestre del 2019. Al netto del diverso numero di giornate lavorative, la produzione è diminuita in aprile del 45,2% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso, mentre in marzo la caduta è stata del 26,5% sui dodici mesi. Gli ordini in volume sono scesi del 46,6% in aprile rispetto a marzo (-42,1% su base annua), mentre in marzo erano calati del 23,7% su febbraio (-52,7% rispetto allo stesso mese dell’anno prima). Un calo quindi degli ordini e della produzione come mai si è registrato prima; un vero e proprio tracollo che lascia sconcertati, tanto da insinuare il dubbio che si tratti di un dato anomalo.

Covid-19 sconvolge anche la statistica

In effetti, la dinamica congiunturale dell’attività industriale nel bimestre marzo-aprile di quest’anno è stata calcolata con una metodologia diversa da quella finora utilizzata, in linea con le indicazioni di Eurostat (l’istituto di statistica europeo) sul trattamento dei dati destagionalizzati in un contesto caratterizzato dallo shock improvviso causato dalla diffusione del Covid-19. Eurostat consiglia di trattare le nuove osservazioni come valori anomali, almeno per i primi mesi dopo lo shock iniziale (da marzo e, verosimilmente, fino all’estate). Tale procedimento evita che ci siano forti revisioni nelle serie storiche – come sarebbe avvenuto se fosse stato utilizzato l’approccio precedente – scongiurando, di conseguenza, gli impatti anche sulle dinamiche di altri aggregati che utilizzano la produzione industriale come variabile di riferimento (in primis il PIL). Questo differente approccio metodologico mantiene dunque inalterato l’andamento della produzione industriale fino a febbraio, ma scarica l’impatto economico esclusivamente sulle ultime osservazioni (marzo e aprile). Ciò spiega in gran parte la differenza rispetto alle stime di marzo della produzione diffuse un mese fa (-16,6%).

Le cause del tracollo

La forte caduta dell’attività nel bimestre marzo-aprile, di poco superiore al 50%, è causata da due fattori: da un lato il blocco dell’attività nell’industria, deciso con il DPCM del 22 marzo, che ha riguardato quasi il 60% delle imprese manifatturiere per poco più di una settimana a marzo e per tutto aprile; dall’altro lato ha inciso sia la caduta della domanda interna, che ha risentito delle chiusure delle attività in molti comparti del commercio e del terziario e delle limitazioni agli spostamenti delle persone, sia la contrazione della domanda estera provocata, in particolare in aprile, dalla diversa tempistica con la quale sono state introdotte misure restrittive nei Paesi partner commerciali dell’Italia, dove si è diffuso il virus.

Le prospettive a breve termine

Poiché la variazione acquisita della produzione industriale nel secondo trimestre è di -40%, nei prossimi mesi, quando è attesa una modesta ripresa della domanda, c’è da aspettarsi un forte rimbalzo congiunturale dell’attività (variazione rispetto al mese precedente), ma la variazione tendenziale (cioè rispetto allo stesso mese dell’anno precedente) rimarrà negativa. Anche tenendo conto di una dinamica positiva in maggio e giugno, la produzione nel secondo trimestre si stima che diminuirà ad un ritmo più che doppio rispetto a quello registrato nel primo trimestre. La ripartenza sarà graduale, nonostante la fine del lockdown (se non si verificherà una ripresa dell’epidemia) perché le abitudini di spesa delle famiglie sono cambiate e difficilmente torneranno in tempi brevi a quelle precedenti. A ciò va aggiunto che le imprese negli ultimi mesi hanno accumulato scorte che dovranno essere smaltite prima che il ciclo produttivo possa tornare a ritmi normali. Per queste ragioni è prevedibile che la maggioranza delle imprese lavorerà ad un regime ridotto per alcuni mesi.


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