21 settembre 2018
BRESCIA – Si fa presto a dire innovazione. La faccenda diventa un po’ più complicata quando questa innovazione la si vuole fare sul serio. La sintesi dei ragionamenti emersi al termine di un primo giro di confronti con alcuni espositori di innovA, la prima convention dell’innovazione dedicata alla filiera siderurgica.
Un esempio lo fornisce Alessandro Fais, cofondatore e CEO di Epos (produzione e commercializzazione di prodotti creati attraverso la sinterizzazione delle polveri): «Innovare – dice – non può essere solo una parola o un processo che spesso, in Italia, significa utilizzare fondi pubblici, ma deve significare rischio e volontà di guardare verso il futuro». Un futuro, spiega Fais, «nel quale realizzare prodotti innovativi, ma anche già esistenti, con tecniche che permettano di accorciare in maniera radicale la filiera e addirittura eliminare interi step di lavorazione. Con una sensibile riduzione dei tempi e dei costi». E fa l’esempio del metodo di produzione di dadi metallici inventato da Epos: «Noi partiamo dalle polveri, che possono essere di qualsiasi tipo di metallo e con la nostra macchina, unica al mondo, arriviamo al prodotto finito. Questa, per noi, è l’innovazione».
Concetti che, in un altro comparto specifico, vengono riproposti da Enrico Vanin, amministratore delegato di AON (consulenza assicurativa globale): «Innovare – dice – significa inevitabilmente anche esporsi a rischi nuovi e diversi. Ecco quindi che per un produttore di acciaio, aprirsi alle moderne tecnologie può comportare, oltre alle ovvie ricadute positive, anche mettere a repentaglio la propria sicurezza informatica, ma decisivo è conoscere i rischi per trovare le adeguate contromisure per mitigarli». Quello siderurgico, però, «è un settore poco pronto, anche se il cyber risk è al quinto posto nella classifica delle criticità di settore in quanto a sicurezza, e a mio modo di vedere si tratta di un problema di carattere culturale, che potrebbe venir attenuato con il cambio generazionale, alla guida delle imprese, al quale stiamo assistendo proprio in questo periodo».
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Simone Russo (fondatore e CEO) e Marco Rimondi di ImmoDrone e IspectionDrone (droni per il controllo e l’ispezione preventiva): «Il concetto che è alla base della nostra proposta – spiega Russo – è decisamente più alla portata dei giovani imprenditori, che con la tecnologia che utilizziamo hanno maggiore confidenza. Ma riteniamo presto diventerà un patrimonio condiviso, perché la maggiore sicurezza ed il risparmio sono obiettivi comuni». Rimondi indica alcuni esempi pratici: «Uno è quello relativo all’uso dei droni per tenere sotto controllo il parco rottami di un’acciaieria per ottimizzare l’uso degli spazi; ma un altro è relativo alle ispezioni periodiche per verificare l’usura delle funi per programmare manutenzione e sostituzione. Per non parlare di infrastrutture complesse, anche attraverso l’analisi termica, che permettono di ridurre sensibilmente la percentuale di rischio statico».
Di sicurezza, ma pure di efficienza, parla anche Giovanni Ausenda, fondatore e CEO di KyneProx (movimentazione di manufatti anche di grandi dimensioni): «Il nostro brevetto prevede la possibilità – utilizzando la cinematica – di ruotare, inclinare e posizionare nella posizione voluta, qualsiasi tipo di pezzo lavorato. Il tutto con una notevole riduzione dell’energia utilizzata ed in assoluta sicurezza». Ma non solo. «Perché la nostra tecnologia – spiega Ausenda – ci ha permesso di mettere a punto un sistema che permette l’isolamento sismico di strutture edilizie (e non) attraverso un giunto sismico che assorbe i movimenti orizzontali del terreno. Il sistema sfrutta componenti in acciaio opportunamente vincolati per disaccoppiare il moto orizzontale del terremo dalla struttura». Capannoni industriali «ma anche reti elettriche e idrauliche o gasdotti possono essere messi in sicurezza a condizioni decisamente interessanti».
Infine Massimo Bertolini, docente universitario che siderweb ha incontrato nello stand Matter (gestione automatica dei magazzini) a innovA, riporta il discorso sulla "cultura": «Nel comparto siderurgico in Italia, ma non solo in questo, non c’è ancora la piena consapevolezza di come e quanto sia cambiato il mondo e di come sia indispensabile rispondere con logiche nuove a problemi vecchi». Spesso, è la sua teoria, «si ha paura delle novità, tecnologiche ma anche umane, perché si teme di perdere posizioni acquisite. Pensiamo ancora al magazzino solo come un posto nel quale si accumulano merci, mentre si deve imparare a considerarlo come una parte integrante, facendolo dialogare con il resto, della catena produttiva. Solo con questo accorgimento si otterrebbero performance migliori a costi decisamente ridotti».
Marco Torricelli
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