20 settembre 2018
BRESCIA - Quello della “nuova frontiera”, da quando l’immagine venne coniata da John F. Kennedy nel 1960, è diventato il simbolo di riferimento di tutti coloro che si sono proposti – in qualsiasi campo – l’obiettivo di andare oltre l’esistente e di ricercare, anche correndo dei rischi, di innovare il pensiero e l’azione.
Ecco allora che, chiaramente non a caso, la scelta dei temi da trattare nel convegno di apertura di innovA era sintetizzato in un titolo – “Sulla frontiera dell’innovazione”– nel quale alcuni protagonisti di quella che può essere definita un’autentica rivoluzione hanno condiviso le proprie esperienze.
Insomma, esplorando quattro macro trend digitali, sono state proprio le storie di chi quella ‘nuova frontiera’ –quella della rivoluzione 4.0 – ha già attraversato e sta attraversando, innovA ha già chiaramente tracciato il percorso da seguire per chi vuole mettersi in marcia verso il futuro dell’acciaio.
Education e skill digitali: dove ci porta l’Europa
Per Silvia Merisio, Policy Officer DG Connect Commissione Europea, «l’innovazione è rete, connessioni tra persone e connessioni digitali. I sondaggi ci dicono che i cittadini europei sono favorevoli al digitale, ma tre su quattro di loro temono che il loro lavoro possa essere messo a rischio dalle innovazioni in azienda. Le ultime proiezioni, però, dicono che solo nove lavori su cento rischiano di diventare obsoleti con l’introduzione delle nuove tecnologie».
Uno dei problemi, però, è rappresentato dal fatto che «il 40% dei cittadini europei (il 53% degli italiani) non è in possesso delle competenze di base» e che in Europa, dove un quinto delle aziende è altamente digitalizzata (il 40% in Danimarca, il 10% in Bulgaria), il 47% di loro dice di non trovare personale in possesso di adeguate competenze digitali»
Quale ruolo, quindi, può recitare l’Europa? «Quello di realizzare le reti, come proposto nella ‘coalizione’ in cui sono stati coinvolti tutti i soggetti che in qualche modo possono contribuire alla costruzioni di reti continentali e nazionali, anche con un progetto che mette in contatto imprese dell’acciaio e enti di formazione. Oltre, ovviamente, al programma Horizon, che prevede un budget dedicato ai lavoratori che vogliono acquisire nuove competenze ed a quello che permette alle imprese di mettere in piedi stages riservati a studenti universitari».
Secondo Gianmario Verona, Rettore dell’Università Bocconi, «decisiva è l’imprenditorialità, perché è l’unico autentico motore di crescita. Il settore siderurgico ha ricevuto un impluso importante dalla prima rivoluzione industriale e quella di oggi è caratterizzata dall’ingresso massiccio del computer nei sistemi produttivi e distributivi. Che oggi si scontra però, con grandi ostacoli».
Tra questi «c’è quello culturale, perché l’impresa italiana è storicamente organizzata intorno alla figura del “vecchio” leader, mentre quelli del futuro saranno quelli che saranno in grado di gestire e governare i nuovi processi».
Occorre, poi «”alfabetizzare” i cittadini ed i lavoratori, insegnando ai ragazzi a “parlare” con le macchine con le quali saranno chiamati ad interagire, organizzando adeguati percorsi scolastici. Necessario sarà distribuire in maniera più ampia il patrimonio di competenze che oggi sono necessarie per gestire e organizzare il lavoro».
Digital Trend che trasformano l’industria
Matteo Losi, innovation director di SAPEMEA South, ha spiegato che «oggi le imprese si devono confrontare con argomenti che solo venti anni fa erano assolutamente sconosciuti. Tanto che noi, nei rapporti con i nostri clienti, abbiamo adottato una strategia innovativa, lavorando per continuare ad alimentare la loro immaginazione, seguendo quei criteri di esponenzialità che sono caratteristici dei tempi che viviamo e nei quali tecnologie e skills cambiano ed evolvono repentinamente».
Oggi, infatti, «non è soltanto più bizzarro trovare un robot che ci accoglie in un locale o che ci fornisce indicazioni mediche. Oggi gli impianti di produzione possono fornire tutti quei dati che permettono di migliorare le loro stesse prestazioni. Ma la nostra visione è già proiettata verso un futuro (ipotizziamo il 2030) nel quale saranno disponibili tecnologie che ancora oggi sono sconosciute o quasi e che permetteranno di realizzare macchine davvero ‘intelligenti’ ed in grado di autogovernarsi».
Un tema ripreso da Silvia Candiani, ad di Microsoft Italia, che ha ricordato come già oggi «automazione e intelligenza artificiale in acciaieria permettono di regolare in real time il sistema di carica degli altiforni in funzione delle analisi che vengono realizzate in corso di lavorazione». Ma non solo. «Perché l’utilizzo dei droni per monitorare le aree di lavoro permettono di intervenire immediatamente quando le condizioni lo rendono necessario».
Grazie al progetto Open innovation, poi, «sarà possibile uno scambio continuo di informazioni tra le aziende che utilizzano e quelle che realizzano impianti, così da poter migliorare il metodo di progettazione e costruzione in base ai dati relativi all’utilizzo».
Andrea Paliani, Managing Partner Mercati Regione Mediterranea EY, oltre ad affermare che «per me innovazione è benessere», ha ampliato il terreno di manovra: «I processi moderni mettono a disposizione una serie sconfinata di tecnologie innovative e questo ci deve spingere a scegliere se restare azienda che produce in base alle richieste del cliente o disegnare il prodotto insieme allo stesso cliente».
Certamente, ha insistito, «è questa la filosofia che deve essere seguita dalle imprese moderne, perché nessuno di noi sa quale sarà il cambio di filiera e di business nei prossimi cinque anni. Questo interrogativo occorre però porselo e dargli risposte in tempi brevi».
Partendo dal presupposto che «il futuro sarà di quelle aziende capaci di lavorare in “piattaforma” ed in sinergia digitale tra di loro», anche perché lo stesso digitale permette di trovare le persone in possesso delle competenze necessarie alla propria crescita in ogni parte del mondo», realizzando una ‘delocalizzazione’ del tutto diversa da quella con la quale siamo abitati a confrontarci.
Innovation, Cybersecurity e Digital Revolution per l’acciaio
Alessio Aceti, vice presidente di New Business Kaspersky Lab, ha chiarito che «per la nostra azienda, innovare è l’unico modo di sopravvivere e crescere. Quello che noi facciamo nel campo della cyber security non è solo garantire, appunto, la sicurezza delle imprese con le quali collaboriamo, ma anche studiare forme nuove di progettazione dei sistemi produttivi e distributivi».
Raccontando un aneddoto relativo ad un’acciaieria che ha subìto gravi danni ad un forno a causa di un malware allegato ad una mail aperta inavvertitamente, ha poi riproposto il tema delle indispensabili conoscenze di cui debbono essere dotati tutti coloro che operano in azienda: «Se siamo capaci di utilizzare gli strumenti, facciamo meglio il nostro lavoro e lo facciamo in piena sicurezza».
Lamentando, però, la «troppa resistenza che registriamo ancora nell’introdurre sistemi innovativi sugli impianti. Spesso ci sentiamo dire che “hanno lavorato così per tanti anni e sono sempre andati bene”, senza tener conto di quanto velocemente è andato avanti il processo di innovazione».
Secondo Andrea Bombardi, executive vice president di RINA, «innovazione è integrazione». Perché «il digitale è ormai integrato nella filiera dell’acciaio e dobbiamo farci i conti. Realizzare innovazione, quindi, significa vincere. Perché permette di diventare elementi trainanti, mentre chi insegue è condannato a perdere».
Anche perché «attraverso il digitale oggi le aziende diventano più sostenibili. Diminuiscono gli incidenti, c’è maggiore efficienza energetica e, quindi, risparmio economico. La tecnologia, insomma, è una commodity, ma per far sì che renda al massimo servono le giuste competenze digitali in grado di integrarsi con quelle tradizionali».
Ed ha fatto un esempio pratico: «Noi abbiamo ottenuto, in un’azienda, una riduzione del 50% degli scarti nella produzione di cuscinetti sensorizzando un laminatoio. Anche in quel caso, però, è stato necessario integrare le competenze tecniche umane, che determinano la gran parte delle procedure, con quelle digitali. Ma il risultato è stato notevole»
Antonello Mordeglia, presidente e Ceo di Danieli Automation, secondo il quale «innovazione è affidabilità» ha parlato molto attraverso i numeri: «Oggi il 60% della produzione di acciaio viene dagli altiforni, mentre ilrestante40% scaturisce dai forni elettrici ad arco. Il futuro questi valori si invertiranno, ma occorre sempre tener presente che l’energia elettrica incide il per il 35% sui costi di produzione, mentre la dispersione della stessa energia, dai centri di produzione ai forni, può arrivare fino al 60%, al quale deve essere aggiunta un altro 45% del rimanente durante la fase di lavorazione».
Partendo da questo «noi abbiamo digitalizzato un forno, ottenendo un risparmio del 20% dei consumi energetici. Con l’ausilio di sensori, certo, ma noi abbiamo deciso di non esagerare con il loro utilizzo in quanto poi diventa difficile la gestione».
Strategia, management e piattaforme logistiche
Bianca Maria Colosimo, full professor al Politecnico di Milano, ha raccontato cinque storie emblematiche e collegate relative al 3D Printing: «In Giappone e in Francia sono apparsi i primi inventori della procedura, ma in quei Paesi non hanno creduto in loro e allora il brevetto lo ha fatto un americano, seguito poi da altri due geniali sognatori che hanno dato vita ad esperienze di successo».
Tutto questo per chiarire che «invenzione non è innovazione: per fare quest’ultima è necessario fare rete, serve un tessuto industriale pronto alla sfida, serve un ambiente culturalmente preparato ad accettare l’introduzione delle novità e a non cedere alle paure, ma serve anche un sistema disposto ad accettare il rischio d’impresa nel fare innovazione».
Ultimo ad intervenire, Giorgio Santambrogio, ad del Gruppo Végé e presidente dell’Associazione Distribuzione Moderna, ha portato il punto di vista di chi si occupa essenzialmente di commercio: «Innovazione – ha detto – è far innamorare il consumatore. Il commercio è il secondo mestiere più antico al mondo, ma se non facciamo innovazione rischiamo grosso».
Innovazione, però, «non è solo e-commerce perché ci sono dei prodotti (i freschissimi, per esempio) che semplicemente non possono essere comprati su un iPad il sabato sera, ma devono essere valutati direttamente nel punto di vendita».
Occorre, però, «superare il concetto secondo il quale l’azienda viene percepita solo come luogo fisico, perché lo dobbiamo trasformare in un posto piacevole per il consumatore e dove quest’ultimo si senta a casa e trascorra del tempo piacevolmente, accompagnato (grazie ad un sistema di riconoscimento basato su una app) in un percorso nel quale gli vengono consigliati i prodotti che ama».
Marco Torricelli
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