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    marcoc74

    Se davvero il problema è la mancanza di una classe imprenditoriale, mentre i dirigenti sono professionisti degni di tale nome, allora adottiamo il modello comunista... Non si può paragonare un'imprenditore del dopoguerra con uno di oggi, sono cambiate troppe cose e troppo radicalmente. Pretendere che sia l'imprenditore ad educare i dipendenti perchè "(cit.)...viviamo in una società opulenta e viziata..." e quindi quando assumo un 40enne ha una lista infinita di "diritti" che pensa di poter imporre all'azienda, significa stravolgere il ruolo dell'impresa nella società. Nulla impedisce di provarci, ma è impresa destianta a fallire. Come sta fallendo oggi il modello italiano (e consumistico in genere). L'educazione inizia dalla culla, e non basta essere bravi motivatori in azienda per avere persone affidabili ed efficienti... perchè se arriviamo ad svere solo l'1% delle persone selezionate con caratteristiche simili, non c'è personale sufficiente per mandare avanti l'economia. Serve una "rivoluzione" sociale a tutti i livelli se vogliamo uscirne, e non è compito che può fare l'impresa al suo interno quando intorno troppi remano contro.

  • Commento utente

    marcoc74

    Temo di avere una forte confusione su cosa intende Lei per "educazione". Quando Lei dice "(cit.)...viviamo in una società opulenta e viziata che richiede una successione di attenzioni per poter dare l’ovvio..." parla di un problema che và ben oltre la formazione e la motivazione in azienda. Sta parlando di un problema sociale. Scaricarlo sulle aziende non porta necessariamente il fallimento della stessa (che lo persegue finchè riesce, dopodichè cercherà di spostarsi in Paesi dove il problema è minore o ha costi minori per poter sopravvivere) ma sicuramente porta al fallimento di un'intera Nazione. Perdiamo professionalità, inventiva e capacità produttiva perchè "mio figlio non deve faticare quanto ho faticato io" (come ho sentito dire troppe volte). Crede davvero che LE AZIENDE (non una in particolare, ma l'insieme del settore produttivo italiano) abbiano al loro interno il dovere o la possibilità di prendere nuovi dipendenti che sono disaffezionati al lavoro ed educarli (come dice Lei) rendendoli nuovamente affezionati al lavoro? E che questo funzioni su larga scala? Quando tutt'intorno il messaggio del consumismo e dell'opportunismo non solo viene promulgato, ma applicato intensivamente? Forse può riuscire a costruire una azienda in cui la selezione ha raccolto coloro che possono raccolgiere la Sua "educazione", ma per risolvere il problema nel sociale ci vogliono soluzioni nel sociale. Quelle soluzioni percui il settore produttivo dell'Italia già paga fior di tasse ed imposte, ma che a tutt'oggi non vengono applicate. Le auguro i migliori risultati per il Suo lavoro.

  • Commento utente

    marcoc74

    Ci sarà sempre qualcuno che è insoddisfatto di qualcosa, ma leggendo tra le righe avrà forse notato che il mio non era un puro sfogo di lamentela. Giusto formare e motivare in azienda, ma diventa difficile se si parla di "educare". Ha comunque chiarito il Suo concetto. Tornando al senso dell'intervento, oltre la lamentela c'è il tentativo di stimolare a DARE LE GIUSTE RESPONSABILITA' agli attori del gioco. Come giustamente dice Lei, la delocalizzazione di alcune aziende per servire il nostro mercato ci impoverisce, ma non accade questo dal punto di vista dell'azienda singola. Se restano in questi mercati è perchè hanno un vantaggio comepetitivo che se fossero rimaste in Italia non avrebbero. Ma le politiche che rendono appetibile o concorrenziale lavorare in un Paese piuttosto che in un altro non sono in mano al singolo imprenditore, e neanche alle associazioni di categoria che possono proporre e fare pressione, ma devono sottostare o mediare le posizioni con le parti sociali e la politica. Quindi l'imprenditore dovrebbe avere un ruolo ben preciso quando svolge il suo lavoro. Altri dovranno farsi carico delle loro responsabilità e svolgere il loro lavoro, o fallire (come capita al "cattivo" imprenditore). Il fatto è che ha mai visto un politico, un sindacalista, un dipendente andare in fallimento? Percui si ha la visione distorta che tutta la responsabilità debba addossarsela chi in effetti rischia del suo, perchè è l'unico "fallibile" su cui si può fare pressione perchè FACCIA le cose. Bhè, molti imprenditori sani e capaci continuano a lavorare anche in queste condizioni con spesso enormi rinunce, ma questo modello sta portando al fallimento del Paese. Togliere responsabilità a chi le ha, non alleggerisce il peso del fardello (o per chi è cattolico della Croce), ma toglie opportunità di crescita (o per chi è cattolico, la redenzione). Mentre caricarsi di responsabilità di altri rende eroi (morti). Spero di essermi espresso in modo sufficientemente chiaro. Buon Lavoro

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