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Acciaio inox, Amenduni: «Fermare export di rottame»

Il managing director di Acciaierie Valbruna: «In Italia c’è carenza di materia prima indispensabile»

La produzione italiana di acciaio inossidabile «si aggira intorno ad un milione e 400mila tonnellate, il 73% delle quali sono di prodotti “austenitici”, cioè circa 900mila tonnellate e sono quelli che necessitano di rottame di qualità; mentre il 27% è rappresentato da prodotti “ferritici” e “martensitici”» e per questo, vista la carenza che si registra, «si dovrebbe stoppare l’export del rottame dall’Europa».

A dirlo è stato Massimo Amenduni, managing director di Acciaierie Valbruna, nel corso del webinar “Acciaio inox: il bilancio del primo semestre e le prospettive per il secondo” organizzato stamattina da siderweb.

La carenza di rottame, secondo Amenduni, è direttamente riconducibile alle strategie della Cina, «le cui decisioni sono sempre determinate da scelte a lunga gittata e molto specifiche. Hanno investito da tempo nelle materie prime e questo ha determinato anche le impennate dei prezzi. Le capacità istallate per l’inox, in Cina, sono enormi, ma la qualità è certamente meno buona della nostra, come pure il servizio al cliente».

Ed è proprio su questi temi, qualità e servizio, che l’industria dell’inox, secondo il managing director di Valbruna dovrebbe concentrarsi «sia nel settore dei piani, che rappresenta l’80% delle produzioni, che in quello dei lunghi, dove siamo presenti noi e per il quale prevedo una futura concentrazione da parte dei produttori, visto che siamo molti e piccoli e dovremo far fronte alla concorrenza che arriva da fuori, puntando su efficienza ed automazione, incremento della produzione e, appunto, servizio al cliente».

Un fenomeno che, però, Amenduni assicura che non vedrà Valbruna tra i protagnisti: «Non puntiamo ad ulteriori acquisizioni perché vogliamo consolidare l’operazione fatta in Canada con l’acquisizione di Welland».

Quanto al mercato dell’inox, per Massimo Amenduni, fa registrare «una domanda molto sostenuta che ha avuto inizio a novembre e che è andata via via consolidandosi, com’era prevedibile fosse dopo un periodo difficilissimo nel quale le aziende della distribuzione avevano ridotto le giacenze. Penso – ha spiegato – che questo andamento sia destinato a consolidarsi nella seconda parte dell’anno ed anche in futuro, anche se dovremo fare ancora attenzione al Covid».

L’osservatorio di Valbruna – forte dei quattro siti produttivi, di cui tre sono acciaierie, Vicenza e Bolzano in Italia e Welland in Canada; oltre ad un laminatoio con centro di finitura a Fort Wayne negli USA – permette al gruppo di avere una visione globale e, ha detto Amenduni, «siamo di fronte ad una ripresa asimmetrica, con settori come automotive e meccanica in generale che si sono mossi per primi, mentre l’Oil & Gas sconta la dipendenza dalle politiche delle grandi compagnie che sono in stand-by (e per il settore degli acciai lunghi non è certo una buona cosa) e altri, come energetico e aerospace che sono fermi».

Ripresa asimmetrica anche sul fronte geografico, «con Europa e USA che viaggiano in maniera diversa e i secondi sono in ritardo di circa tre mesi, ma hanno il vantaggio rappresentato dal fatto che la loro politica economica è unitaria e non c’è la necessità di confronti e mediazioni tra vari Paesi come accade in Europa».

Sempre a proposito degli Stati Uniti, poi, il managing director di Acciaierie Valbruna si è detto certo che «non abbandoneranno completamente le politiche protezionistiche e se i dazi scenderanno vi saranno sicuramente nuove misure antidumping, visto che a fronte di un consumo di 136 milioni di tonnellate, gli USA ne producono 80-81 e la politica dei dazi ha fatto crescere il loro output di una percentuale molto bassa e credo che questo dimostri che non sono in grado di fare di meglio».

A proposito dei rapporti tra produzione di acciaio e salvaguardia ambientale, Massimo Amenduni ha rivendicato che «quando i temi della sostenibilità erano considerati marginali, Valbruna aveva già avviato iniziative di miglioramento delle proprie prestazioni», ma ha anche messo in evidenza che «sarebbe importante è capire come vengono date le autorizzazioni per la realizzazione di interi quartieri a ridosso delle industrie» e che negli USA le aziende hanno avuto contributi o sgravi fiscali per ridurre l’impatto ambientale, perché i cambiamenti hanno un costo notevole».

L’ultima battuta il managing director di Acciaierie Valbruna l’ha riservata ai conti economici: «Il 2020 è stato di sofferenza ma abbiamo chiuso in utile, con un calo del consolidato del 7%, ma con un EBITDA che si è attestata sul 10% e per questo siamo soddisfatti. Il 2021, poi, è partito fortissimo, ma temo che la paura di non trovare più il materiale abbia generato una crescita esponenziale della domanda, che dovremo verificare se resterà su questi livelli», ha concluso.


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