12 marzo 2021
«L’attività produttiva dello stabilimento può proseguire regolarmente». A farlo sapere con una nota, intorno alle 12, è stata la stessa ArcelorMittal Italia.
Il Consiglio di Stato ha accolto nella camera di consiglio di ieri, 11 marzo, la richiesta di sospensiva avanzata dal gruppo, e ad adiuvandum da Invitalia, della sentenza del Tar di Lecce n. 249/2021. «ArcelorMittal Italia - esplicita la nota - non ha l’obbligo di avviare la fermata dell’area a caldo dello stabilimento di Taranto e degli impianti connessi».
L’ordinanza cautelare con cui il Consiglio di Stato ha accolto la richiesta di sospensiva presentata da ArcelorMittal Italia e Invitalia concede una sospensiva di fatto di breve durata, dal momento che punta a «garantire che la decisione definitiva della controversia sia pronunciata re adhuc integra» nell’udienza di merito prevista il prossimo 13 maggio, come si legge nel provvedimento.
Sebbene ribadisca che una valutazione più approfondita delle ragioni nel merito del ricorso avverrà tra due mesi, l’ordinanza del Consiglio di Stato presenta due passaggi interessanti, che fanno pensare anche alla possibilità che la sentenza del tribiunale regionale possa essere ribaltata in appello.
In primo luogo, evidenzia che gli episodi di emissioni atmosferiche critiche su cui si basa l’ordinanza del sindaco di Taranto non si sono più verificati nell’anno di sospensiva trascorso prima del pronunciamento del Tar. Emissioni peraltro riconducibili a guasti.
A far propendere il Consiglio di Stato per la sospensione della sentenza del Tar è stata anche l'insistenza del primo cittadino di Taranto nelle proprie richieste di chiusura dell’area a caldo. «Tale condotta appare indicativa di un atteggiamento del Comune oggettivamente proteso a perseguire la sospensione dell’attività e pertanto dequota quelle argomentazioni difensive inerenti alla possibilità, per le appellanti, di ottenere, ove domandata, una proroga dei termini per effettuare le operazioni di spegnimento» evidenziano i giudici romani.
Giudici che rimarcano come la sospensiva in oggetto deve essere mirata a tutelare gli interessi di entrambe le parti in causa fino al pronunciamento definitivo. Pertanto «nel complessivo confronto fra gli allegati pregiudizi, quello dedotto dalle appellanti, consistente nell’irrimediabile deperimento degli impianti, si profila come attuale ed irreparabile, mentre quello degli appellati, consistente nell’eventuale ripetizione di eventi emissivi provenienti dall’“area a caldo” di cui si è ordinato lo spegnimento, risulta meramente ipotetico».
Redazione siderweb
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