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«Acciaio, simbolo di forza, dolcezza e evoluzione»

A innovA la performance di Stefano Massini: un viaggio nel tempo tra storia e leggenda per una narrazione originale

BRESCIATre giorni dedicati all’innovazione e, proprio alla fine dell’evento che Brescia le ha dedicato – innovA – è arrivato chi, come lo scrittore e storyteller Stefano Massini, ha ricordato a noialtri che proviamo a farlo, ma anche alle imprese, che è necessario non trascurare di cambiare anche il metodo con il quale l’acciaio si racconta e viene raccontato. Perché innovare significa anche cambiare, oltre che il punto di osservazione, il metodo stesso con il quale ci si rivolge all’esterno. E così per la sua “Innovation storytelling”, che ha concluso il programma della prima edizione di innovA , Massini – con la sua tecnica inconfondibile, coinvolgente ed evocativa – ha deciso di far viaggiare l'auditorio nel tempo, attraverso una serie di citazioni e rimandi nei quali, senza la sua chiarezza esplicativa, si poteva rischiare di perdersi. 

Per farlo ha scelto di esordire raccontando – non a caso – la storia di Efesto, che nella mitologia greca è il dio del fuoco, delle fucine, dell'ingegneria, della scultura e della metallurgia. Lui, ha spiegato Massini, «è brutto e zoppo, vulnerabile, creato così dalla madre Era per fare un dispetto a suo marito Zeus, che la tradiva. Per scaraventarlo giù dall’Olimpo. Il bambino rotola dal monte fino a finire in mare, dove viene raccolto dalle Deridi. Che ne hanno cura». Ma che c’entra Efesto con innovA? «C’entra – ha raccontato Massini – perché quando quel bambino cresce, scopre l'innovazione, perché impara a forgiare e a modellare la materia. Lui la lavora, mentre gli dei non la toccano, perché sporca». Efesto crea il «magico trono d’oro con cui imprigiona la madre», poi «la rete d'acciaio con la quale blocca sua moglie Afrodite ed il suo amante Ares». Nella narrazione di Massini, poi, ritroviamo Efesto «dentro le spelonche della terra, fin sotto il vulcano Etna, dove utilizzando acqua e fuoco crea strumenti che possano aiutarlo e proteggerlo», ma non solo. Perché «è proprio allora che crea delle creature non sono umane o divine. I primi robot, insomma». Quei robot che sono una delle frontiere che il settore siderurgico sta attraversando. 

Poi l'immaginifico racconto di Stefano Massini si sposta su Vulcano, «perché il fuoco, così importante nella produzione dell’acciaio, è parte integrante di tutte le leggende mitologiche, compresa quella dei tre fuochi sacri, comune a molte religioni: il primo è di colui che l’accende, il secondo è di coloro che da quella fiamma ne generano altre, il terzo sta più lontano e protegge dagli spiriti ostili. Ecco Vulcano, che protegge i primi due, mentre il suo gode della benevolenza di Vesta». Vulcano, quindi, «è colui che fa da parafulmine, colui che addolcisce secondo i romani, intercettando il male e impedendogli di entrare. Così come l’acciaio è il materiale che difende e addolcisce», perché «quando forgi la materia perdi una parte di te e la cedi all’acciaio». Poi, certo e forse non a caso, «il cristianesimo stravolge tutto e fa nascere Gesù da un falegname, quello che taglia e pialla il legno ma non lo crea, mentre tutto della narrazione cristiana parla di creazione». 

Per riportare il discorso sul tracciato originale, Massini ricorre alla citazione dei fratelli Grimm: «Ne “La favola del fuoco che ringiovanisce” si racconta che Gesù e san Pietro un giorno entrano nella bottega di un fabbro, la cui suocera è (proprio come Efesto e come un mendicante che arriva poco dopo; ndr) menomata nel fisico. San Pietro chiede a Gesù di fare qualcosa per lo storpio e Gesù, dopo averlo rincuorato, lo getta nella fucina e poi, di seguito, nell’acqua fredda (un procedimento ben noto a chi produce acciaio; ndr)». Il mendicante, miracolato, torna sano e «il fabbro, assistito alla scena, crede di aver imparato la tecnica e cerca di fare lo stesso con la suocera, ottenendo come unico risultato quello di sfigurarla ancor di più. Per il terrore le donne di casa, incinte, fuggono e partoriscono due scimmie. Dando origine alla razza animale». La morale, secondo Stefano Massini, è che «non basta conoscere una tecnica, ma è indispensabile sapere cosa si vuole farne». 

E quali traguardi da perseguire, «proprio come nella storia dell’acciaio, che è tutta un susseguirsi di obiettivi che ci si pone», e, tornando all’affabulazione, «come nella leggenda di Excalibur e del fodero magico della copia realizzata dopo che la spada originale si era spezzata: «Perché l’acciaio protegge, proprio perché è in costante innovazione, grazie alla sua durezza abbinata alla dolcezza». 

Stefano Massini innovA 22-09-2018_1

E poi via, cullando chi ascolta con una voce pacata ma mai monocorde, ecco Massini passa a ricostruire le vicende del creatore della Siemens, «che cresce con due fari: l’acciaio e il volo. L’ossessione per la leggerezza lo porta addirittura a brevettare una macchina volante e quando in Germania viene scoperto un enorme parco fossile di archaeopteryx, l’anello di congiunzione tra i pesanti dinosauri e i leggeri esseri volanti, lui lo compra e lo dona ad un museo, perché tutti potessero ammirarli». Nuovo evocativo richiamo alla forza e alla “leggerezza” dell’acciaio.

Altro salto nel tempo e nello spazio: Stefano Massini ci porta in America, ai tempi della guerra di secessione, «quando le flotte contrapposte sono composte da navi di legno, ma solo fino al 18 marzo 1862. Quel giorno compare una nave sudista (la Virginia) fatta di acciaio spesso 10 millimetri e fa strame di quelle nordiste. Ma la controparte corre ai ripari e riequilibra la situazione varando la Monitor, facendo temere che la guerra possa durare in eterno». Anche questo aneddoto ha una morale: «Innovazione è superare costantemente quello che sembra ormai il meglio della tecnologia disponibile».

E infine, restando in quella parte del mondo, ecco la parabola di «un inventore che sperimenta per anni (nella sfiducia della moglie, che lo considera un inetto) una gomma in grado di resistere alle basse e alte temperature». Un giorno, al rientro a casa della donna, per evitare di essere nuovamente umilato, per nascondere il lavoro che stava facendo, butta tutto quello che aveva amalgato nel forno, dimenticandolo poi acceso». Quando se ne ricorda, scopre si è formata una gomma nuova, proprio con le caratteristiche sognate». L’uomo cerca inutilmente di brevettare la sua scoperta, «ma non ci riesce, tanto che muore solo e povero, lasciando i debiti i figli. Anni dopo un imprenditote viene in possesso della "ricetta" e chiede ad una chimica di origine polacca di trovare un’alternativa alle componenti della gomma, vista l’impennata dei prezzi delle materie prima in seguito ad una delle ricorrenti crisi in Medio Oriente». La donna si mette al lavoro ed è per puro caso, mescolando gomma e acciaio, che arriva al kevlar. L’imprenditore, in onore dello sfortunato inventore originario, decise di brevettare il tutto con il suo nome: GoodYear». 

Insomma «una serie di storie fatte di durezza, ma anche di leggerezza e adattabilità». L’acciao che protegge. L’acciaio che galleggia e vola. L’acciaio che è capace di superare tutte le convenzioni e le convinzioni. In una sola parola, l’acciaio che innovA.

 


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