21 ottobre 2015
«I bilanci, oggi più che mai, ci mostrano il panorama che, in un futuro prossimo, ci troveremo a vivere» ha dichiarato il presidente di Siderweb, Emanuele Morandi, durante il suo intervento di apertura del convegno «Bilanci d’Acciaio», progetto condotto dalla Community dell’Acciaio in collaborazione con l’Università degli Studi di Brescia e giunto alla settima edizione. È proprio questa, infatti, l’essenza che sta alla base dell’unico studio italiano fondato sull’analisi dei bilanci del settore siderurgico: guardare le cifre di oggi per “intuire” opportunità e problemi che le imprese potranno trovarsi ad affrontare nei prossimi anni. Ma partiamo proprio dai numeri, affidati alla relazione di Claudio Teodori, prorettore dell’Università degli Studi di Brescia. Numeri che non si possono considerare esaltanti, ma non sono allo stesso tempo privi di segnali positivi. I bilanci del 2014 delle oltre 800 aziende della filiera siderurgica “stretta”, infatti, hanno evidenziato il 76% del totale che hanno chiuso in utile, a fronte del 70% registrato nel 2013. Il 50% del totale, inoltre, ha evidenziato un aumento del fatturato, così come torna in territorio positivo il sistema che ritrova l’attivo, a fronte di un 2013 in perdita complessiva. «Nel 2014 c’è stato un decremento contenuto del fatturato – ha spiegato Claudio Teodori -, che per la filiera siderurgica stretta si è attestato a 40,7 miliardi di euro (-1,5% rispetto al 2013), al quale però ha fatto fronte un recupero sia del valore aggiunto, sia dell’EBITDA (salito del 7,7% a 2,5 miliardi di euro)». Inoltre, dopo un 2013 caratterizzato da una perdita complessiva del settore di circa 76 milioni di euro, nel 2014 l’utile netto totale è stato di 149,6 milioni di euro, il che si può leggere come «un modesto segnale di ripresa». Le aziende, ha commentato Teodori, «sono entrate nel 2015 con una situazione che si può definire stazionaria, quasi di attesa, anche se alcuni indicatori sono migliorati». Complessivamente, «il business tiene, ma i valori sono rischiosamente bassi» ha aggiunto Teodori «così come è preoccupante il valore aggiunto sul fatturato - +1% -, non più sufficiente». Ma l’acciaio italiano, in quale contesto si sta muovendo? «Lo scenario mondiale è contraddistinto da commercio estero e Pil in crescita inferiore alle stime – ha spiegato Gianfranco Tosini, responsabile dell’Ufficio Studi di Siderweb nel corso della propria relazione –, così come l’inflazione ha lasciato il posto alla deflazione». Entrando più nel dettaglio, però, non si può non menzionare il tema del calo delle quotazioni delle materie prime e dell’energia. In questo quadro, l’Italia dell’acciaio è caratterizzata da «stagnazione della domanda interna, commercio estero in calo, un incremento dell’1,1% del consumo apparente nel 2014 a fronte del 2013 e un tasso di utilizzo della capacità installata in erosione» continua Tosini. Anche i settori utilizzatori – per i quali è doveroso spostare l’asse di confronto al periodo pre crisi - «le notizie positive si concentrano nell’automotive e nella produzione di mezzi di trasporto, benché in maniera più contenuta rispetto all’andamento positivo registrato nella media Ue». Alcuni numeri curiosi, Tosini li ha presentati in relazione al calo dei prezzi delle materie prime che hanno evidenziato una “convenienza” che sembra pendere per la produzione da altoforno, rispetto a quella elettrosiderurgica. «Torniamo al 2008: una tonnellata di acciaio da ciclo integrale aveva un costo di produzione pari a 677,8 dollari, a fronte di 540,7 dollari del costo della produzione da forno elettrico. – spiega il responsabile del Centro Studi di Siderweb – Oggi i numeri sono molto cambiati: 370,8 dollari la tonnellata da minerale e 440,7 dollari da rottame. È evidente che la bilancia, oggi, mostri un andamento opposto». Ma torniamo, quindi, ai numeri analizzati grazie a Bilanci d’Acciaio. «La redditività della maggior parte dei segmenti nel quale si articola la filiera siderurgica (produzione di semilavorati in acciaio, produzione di tubi e distribuzione di acciaio) ha avuto performance migliori in Italia rispetto alla media Ue – ha aggiunto Gianfranco Tosini -. Per questi tre comparti, l’utile si è attestato rispettivamente all’1,5%, al 4,1% ed allo 0,6% dei ricavi, contro il -0,3%, il -3,6% e lo 0,1% dei concorrenti europei». Soffrono, invece, i produttori italiani di acciaio al carbonio e inox, con performance inferiori rispetto all’Europa. «La redditività delle aziende europee - ha continuato Tosini – è però al di sotto della media mondiale (in base ad un confronto tra i risultati delle prime 70 aziende siderurgiche globali), con un ebit sui ricavi del 4,2% contro il 5,6% mondiale». Inoltre, seppur in miglioramento, le industrie siderurgiche europee nel 2014 hanno fatto registrare una perdita complessiva di 107 milioni di euro (-3,7 miliardi nel 2013), confermando che l’Ue è l’area più in difficoltà a livello internazionale dopo Russia e Ucraina, le cui acciaierie nel 2014 hanno perso oltre 6,5 miliardi di euro. Buone le performance giapponesi (+3,4 miliardi di euro), della Cina (+1,9 miliardi di euro), della Turchia (+700 milioni di euro), della Corea del Sud (+909 milioni di euro) e degli USA, passati da -680 milioni di euro nel 2013 a +817 milioni di euro l’anno scorso. Questi numeri, queste analisi – come affermato dal presidente di Siderweb – devono necessariamente rappresentare uno strumento per la lettura del futuro del settore siderurgico nazionale. Ma Siderweb ha intenzione di fornire, nei prossimi mesi, un ulteriore aiuto alla filiera dell’acciaio nazionale. «Il percorso di studio sul futuro del settore non si ferma con “Industria e Acciaio 2030”, (lo studio presentato nel corso dell’ultima edizione di Made in Steel ndr) infatti, nella primavera del 2016 la Community dell’Acciaio organizzerà gli Stati Generali della Siderurgia all’interno dei quali verranno coinvolte le istituzioni europee e nazionali, le imprese, i sindacati e tutti i soggetti le cui riflessioni potranno risultare vitali per uscire dalle riflessioni day by day, e buttarci seriamente verso il futuro».
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