
Comisi: «Il Cbam punti su valori di default stabili e affidabili»
L’esperto di Studio Armella & Associati su scadenze, nodi tecnici e rischi competitivi legati al meccanismo
24 settembre 2025
Il Cbam continua a sollevare interrogativi a pochi mesi dalla sua piena entrata in vigore. Durante il webinar siderweb on air, Stefano Comisi, partner dello studio Armella & Associati, ha tracciato un quadro delle sfide che attendono imprese e importatori, sottolineando i nodi ancora aperti sul piano tecnico e normativo.
«Quando parliamo di Cbam – ha esordito Comisi – sembra di discutere di una normativa vecchia di decenni. Dall'inizio della fase transitoria nel 2023 è cambiata la Commissione, sono mutate le priorità del Green Deal e sono cambiati gli equilibri geopolitici. È chiaro che il regolamento subirà ulteriori adattamenti».
Da gennaio 2026 scatterà la fase definitiva: le dichiarazioni passeranno da trimestrali ad annuali, ma l’acquisto effettivo dei certificati è stato posticipato al 2027. «Dal 2026 – ha ricordato Comisi – si dovranno comunque accantonare gli importi, contabilizzandoli a bilancio. Sarà un costo previsto per gli anni a venire, anche se variabile, legato all’andamento del prezzo medio delle quote Ets, che cambia di settimana in settimana. Ci aspettiamo chiarimenti dalla Commissione su questo punto nel corso del 2026».
Altro fronte critico è quello delle qualifiche per gli importatori. «Molte imprese – ha avvertito Comisi – sono già in ritardo. Il ministero dell’Ambiente avrebbe a disposizione ben 120 giorni per riscontrare le istanze, motivo per cui noi le prime per i nostri clienti abbiamo iniziato a inviarle a fine luglio. Dal 2026 senza la qualifica non si potrà importare, se si superano le 50 tonnellate annue previste come soglia de minimis». Una soglia che, ha precisato Comisi, varia a seconda del materiale importato e che, per chi si trova a ridosso del limite, rende opportuno l’ottenimento della qualifica di dichiarante Cbam autorizzato comunque. «La documentazione da allegare è corposa – ha aggiunto –: visure, bilanci, dati storici e prospettici sulle importazioni».
Uno dei punti più delicati riguarda i valori di default, ovvero le emissioni standard attribuite ai prodotti quando mancano dati certificati. Secondo le ultime indiscrezioni, la Commissione adotterà valori differenziati per tipologia di produzione: 1,3 tonnellate di CO₂ per l’altoforno e 0,2 tonnellate per il forno elettrico.
A tal propoosito, Comisi ha sottolineato come molte imprese si siano trovate in una vera e propria «giungla di dati»: «Questo perché, spesso, per non saper né leggere né scrivere, i valori dichiarati sono più alti di quelli di default, e non dovrebbe essere così. Ma anche perché ci sono Paesi che hanno assunto posizione estremamente critica nei confronti del Cbam e quindi le imprese esportatrici di questi Paesi seguono un po’ il flusso politico. Ancora, l’assenza di un benchmark europeo condiviso impedisce di risolvere molte situazioni». Un limite strutturale del meccanismo è, per esempio, il fatto di non tenere conto degli standard commerciali reali: nel settore siderurgico, ad esempio, è frequente acquistare tramite broker che raccolgono forniture da più stabilimenti. «Avere un benchmark di partenza – ha osservato Comisi – servirebbe ad evitare passaggi inutili e laboriosi. I valori devono essere stabili, affidabili, ragionevoli e non penalizzanti, altrimenti conviene rincorrere dati reali, con tempi e costi maggiori».
L’avvocato di Studio Armella & Associati ha inoltre sottolineato due questioni destinate ad animare il dibattito nei prossimi mesi. La prima è l’adozione da parte dell’Ue di specifiche deroghe per gli Stati Uniti, ipotizzate nell’intesa transatlantica di fine agosto: «Un’ipotesi che rischia di confliggere con lo spirito stesso dell’Ue: se concediamo una deroga agli Stati Uniti dobbiamo concederla a tutti». La seconda riguarda l’allargamento del meccanismo ai prodotti a valle: «Molte aziende hanno già spostato le importazioni dalle materie prime ai semilavorati e prodotti finiti per evitare il Cbam. Ma in futuro, come già previsto nel regolamento del 2023, potrebbero rientrare nel perimetro anche componenti complessi, come parti di automobili».
Altro punto critico, ha aggiunto Comisi, è che non sono impattati soltanto gli importatori: «Gli esportatori europei sono già gravati dal sistema Ets, con le quote gratuite che andranno peraltro a scomparire. Quindi anche le merci in uscita dall’Europa sono penalizzate. Un meccanismo di riconoscimento, un "rebate", al momento non lo vedo. In altri Paesi, come il Regno Unito, si stanno studiando meccanismi simili al Cbam, ma nessuno prevede un "rebate" per gli esportatori. Il rischio è che siano ancora una volta le imprese europee a pagare il prezzo più alto, trovandosi in svantaggio competitivo rispetto a concorrenti globali. È necessario abbassare le pretese nei confronti delle aziende europee: le motivazioni alla base del Cbam sono solide, ma non possono ricadere solo su di loro».
Un ultimo rilievo riguarda la responsabilità di eventuali dichiarazioni delle emissioni non corrette da parte del fornitore extra Ue: «Nei confronti delle autorità competenti, che sono ministero dell'Ambiente in Italia e Commissione europea a livello di coordinamento, la responsabilità è sempre in capo all’importatore – ha chiarito Comisi – ma è fondamentale responsabilizzare a livello contrattuale, dove possibile, il fornitore, per operare una sorta di ribaltamento della responsabilità economica con delle clausole ad hoc da inserire nei contratti quadro o anche semplicemente all'interno dell'ordine».
Tra scadenze serrate, regole in evoluzione e valori di riferimento ancora incerti, il quadro che emerge è quello di un meccanismo «in perenne aggiornamento». Per Comisi, la priorità è che il Cbam non sia un adempimento «ingestibile e time-consuming», bensì uno strumento equo, trasparente e compatibile con la competitività delle imprese europee.
Calcolatore Cbam
Per supportare le aziende, siderweb ha sviluppato un calcolatore che consente di stimare in modo semplice e veloce l’importo del corrispettivo previsto dal Cbam per le importazioni di prodotti in ferro e acciaio dai Paesi terzi.
Il calcolatore è disponibile a questo link.
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