25 luglio 2024 Translated by Deepl
«Il posizionamento del mercato europeo a livello mondiale è ormai marginale. L’Europa oggi produce circa 150 milioni di tonnellate di acciaio all’anno e presto l’India ci supererà». È un’analisi lucida della situazione della siderurgia italiana ed europea quella che il presidente di Federacciai Antonio Gozzi ha proposto nel corso dell’appuntamento odierno di siderweb on air. Un quadro senz’altro complesso, in cui però - secondo il portavoce dei produttori nazionali - la siderurgia italiana ha diverse opportunità per brillare.
Tra queste, le scadenze disposte da ETS e CBAM che fissano al 2030 l’abbandono delle quote gratuite di emissione di CO2, che porteranno fuori mercato l’acciaio prodotto con il tradizionale ciclo integrale.
«I progetti di riconversione sono ancora pochi e riguardano alcuni milioni di tonnellate, se si pensa che oggi 90 milioni di tonnellate di acciaio in Europa sono prodotte con altoforno. Inoltre, sarebbero necessari 45 miliardi di euro, senza che sia stato disposto un fondo di transizione da parte dell'Ue cui attingere. E lo stesso problema vale per l’ex Ilva».
L’Italia però potrebbe essere la prima siderurgia mondiale a essere completamente decarbonizzata: «Abbiamo l’85% di produzione da forno elettrico e produciamo tutte le tipologie di acciaio, a eccezione del profondo stampaggio. Sullo Scope 1 siamo già decarbonizzati e anche una norma sul biogas andrà ad eliminare la CO2 dall’unica parte ad oggi non ancora completamente affrontata, che è quella dei forni di preriscaldo per i laminatoi. Il recente Mou firmato con EDF e Ansaldo va nella direzione di decarbonizzare anche il nostro Scope 2, in questo caso l’energia. Ad oggi, un terzo dell’energia arriva da fonti rinnovabili, un terzo verrà probabilmente coperta grazie al meccanismo virtuoso previsto dall’energy release. L’ultimo terzo puntiamo a poterlo coprire con un PPA nucleare a 10 anni, che ci permette di essere la prima siderurgia decarbonizzata al mondo. Addirittura, potremmo diventare carbon negative».
Per il presidente di Federacciai, poter produrre acciai di qualità net zero diventerebbe di per sé un sistema di difesa più efficace dello stesso CBAM. Gozzi non ha mancato di criticare il sistema europeo, che avrebbe permesso ai singoli Stati la gestione di eventuali incentivi pubblici, per poi affrontare lo spinoso tema del rottame: Gozzi ha ribadito di aver avviato il confronto con l’Ue perché esso venga considerato materia prima strategica.
Sul fronte italiano, Gozzi ha anche annunciato una nuova iniziativa legata a un possibile impianto per la produzione di DRI a Ravenna. «Ci sono ancora degli aspetti da chiarire, primo tra tutti il fondale per le navi di grandi portata. Poi il costo della materia prima, sia gas che minerale, che però potrebbe essere acquisto al miglior prezzo possibile. Con la facoltà, infine, di captare la CO2 e stoccarla nei giacimenti esausti al largo nel Mediterraneo. Guardiamo anche ad altri Paesi: Algeria, Libia, Brasile sarebbero felici di ospitare l’investimento di un consorzio di aziende italiane».
Gozzi ha dedicato anche alcune battute al rilancio dell’ex Ilva, indicando che la mancanza di certezze europee sui modelli produttivi, riferiti alle scadenze al 2030, rende complicato delineare un piano industriale dettagliato e ponderato. «E questa è forse la difficoltà principale per trovare un investitore per il sito. Vedremo come andrà il bando di gara che il ministero sta approntando».
Davide Lorenzini
24 gennaio 2025
Nuova edizione del siderweb TG. Credits: archivio siderweb; World Steel Association media library.
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