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Materie prime: prezzi più alti rispetto alle attese

L’analisi di Norsa e Ferrari del mercato internazionale e italiano. Continua il trend di rafforzamento del rottame

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“Scrap is the new gold” e la conferma del macro-trend in corso di valorizzazione economica del rottame è arrivata a marzo: come evidenziato dal modello di siderweb, il costo di produzione di una tonnellata di acciaio grezzo con forno elettrico ha superato quello con altoforno; non si vedeva dall’estate 2023. Lo ha evidenziato Emanuele Norsa, coordinatore contenuti di siderweb, nel webinar MERCATO & DINTORNI di questa mattina dedicato alle materie prime siderurgiche.

«I costi di produzione sono comunque in discesa dal picco di marzo 2022, ma restano relativamente alti se comparati con le quotazioni dei prezzi finiti, con uno schiacciamento dei margini per i siderurgici» ha detto l’analista, con «i prezzi delle materie prime che hanno mostrato una resistenza maggiore alla discesa rispetto ai prodotti finiti». Il valore medio degli input resta, infatti, più alto rispetto alle attese di inizio anno, con una certa volatilità ma prezzi relativamente forti.

Il minerale di ferro 62% Qingdao CFR «ha mostrato una volatilità accentuata. Ad aprile è sceso sotto i 100 $/t. Ieri, 6 maggio, era già vicino ai 120 $/t, al di sopra delle attese – ha sottolineato Norsa -. Ciò è dovuto alla ripresa della domanda in Cina».

Quest’anno ha avuto invece un chiaro andamento negativo il coking coal Australia FOB: dopo i picchi importanti del 2023, c’è stata una discesa che si è interrotta nelle scorse settimane. «Oggi il prezzo spot è intorno ai 250 $/t, più basso rispetto alle previsioni. Gli analisti sono tutti concordi nel pensare che non si ripeterà il rally del 2023 e ciò dovrebbe mantenere i prezzi più bassi» ha spiegato Norsa. L’outlook 2025-2028 conferma, comunque, che le quotazioni resteranno relativamente più alte della media storica.   

Quanto al rottame HMS 1&2 80:20 Turchia, l’anno si è aperto con una discesa vertiginosa dei prezzi. Il fondo è stato toccato a fine marzo. «Ora è in corso una ripresa che sa più di stabilizzazione – ha illustrato Norsa –, con le quotazioni intorno ai 385 $/t. Restiamo quindi su valori medi in linea, se non più alti, rispetto a quelli del 2023». Non ci si attende una discesa quest’anno: in Turchia la domanda di acciaio è data in crescita del 9% dalla worldsteel nel 2024; la romanda globale di rottame sarà più alta per la transizione in corso all’EAF (il consumo dell’India è stimato in aumento del 14% nel 2024; la domanda turca avrà il segno più nei prossimi 5 anni).

Il mercato nazionale
«I dati sulla produzione di acciaio e sull’import ed export nazionali di materie prime dicono di un mercato ancora debole. I prezzi, però, stanno relativamente tenendo, restando su livelli più elevati rispetto al 2018». È la fotografia scattata della piazza commerciale siderurgica nazionale da Stefano Ferrari, responsabile dell’Ufficio Studi siderweb. E le prospettive non sono rosee, con Eurofer che nell’ultimo outlook trimestrale ha rivisto al ribasso le stime sul consumo reale (-1,7% nel 2024) e sul consumo apparente (+3,2% invece che +5,6%), «sintomo di un peggioramento del sentiment».

A gennaio la bilancia commerciale nazionale è stata negativa per 1 milione di tonnellate (850mila nello stesso mese del 2023). Nel 2023 il bilancio era stato negativo per 10 milioni, contro i 10,8 del 2022 e i 12 milioni del 2021, «segno che la necessità di assorbire acciaio da fuori è calata».

A gennaio 2024, l’import nazionale di rottame è sceso del 10% (358mila tonnellate) mentre è aumentato del 45% l’export (69mila tonnellate). «La bilancia commerciale è passata da -350mila tonnellate di gennaio 2023 a -290mila tonnellate dello stesso mese del 2024» ha sottolineato Ferrari.

Nello stesso mese, l’Italia ha importato l’81% tendenziale in meno di ghisa (27mila tonnellate). Nel 2023 l’import era stato di 1,6 milioni di tonnellate (+200mila tonnellate sul 2022). Per contro, a gennaio 2024 è salito moltissimo l’import di DRI, con un +182% (141mila tonnellate). «È interessante notare – ha sottolineato Ferrari – come la somma dei volumi importati di ghisa e DRI sia rimasta sostanzialmente stabile: 167mila tonnellate a gennaio 2024 e 187mila a gennaio 2023. L’ipotesi è che sia in corso un processo di sostituzione», anche in chiave di decarbonizzazione.


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