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Assofermet: la spinta al rialzo è appena iniziata

Secondo il presidente Benso, la transizione green, gli effetti delle riforme in Germania e quelli del PNRR in Italia dov

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CBAM, Salvaguardia, esportazioni di rottame e GASSA tra i principali temi su cui si è concentrato il lavoro dell’associazione dei distributori, che ha festeggiato quest’anno il 75° anniversario della sua fondazione. E, ancora, il mercato, sull’andamento del quale il presidente Riccardo Benso si dice ottimista per il 2024.

Che anno è stato il 2023 per Assofermet? Su quali temi si è concentrato maggiormente il lavoro?

Sotto il profilo associativo il 2023 è stato un anno particolare perché, se da un lato non sono emerse criticità veramente nuove o inaspettate, dall'altro se ne sono consolidate alcune a noi già note da molto tempo. Penso alla questione degli approvvigionamenti, quindi alle barriere protezionistiche. La novità più rilevante, di cui si è iniziato a parlare negli ultimi mesi, è il GASSA (Global Arrangement on Sustainable Steel and Aluminium, ndr), l’ipotetico accordo tra Europa e Stati Uniti che andrebbe a regolamentare una sorta di mercato comune tra le due aree geografiche. A nostro avviso nasce con dei presupposti perlopiù difensivi che ci preoccupano, in quanto l’accordo potrebbe bloccare flussi di materiali che provengono da Paesi “in sintonia” con l’economia cinese. Nelle recenti settimane ci sono stati tuttavia degli incontri tra Cina e Nord America che ci auguriamo possano tradursi in possibili riavvicinamenti sul piano economico: ad oggi, è difficile capire cosa succederà. Io penso non ci siano assolutamente i presupposti per chiudere l’accordo sul GASSA che, per come è impostato, non farebbe sicuramente il bene dell’Europa. Stiamo collaborando con le istituzioni europee fin dallo scorso luglio perché riteniamo che alcune revisioni siano necessarie. Non nascondiamo le nostre forti perplessità alla luce delle particolarità del mercato europeo. Penso per esempio all’importante ruolo svolto dai rilaminatori nel nostro Paese. Bisogna fare estrema attenzione a sottoscrivere accordi che potrebbero impedirci di stringere relazioni con alcuni Paesi. Il primo che mi viene in mente è il Vietnam, con il quale invece vorremmo continuare ad intrattenere rapporti di reciproco vantaggio. Poi naturalmente c'è il CBAM (Carbon Border Adjustment Mechanism, ndr), sul quale la confusione è totale. Continuiamo a ricevere documenti lunghi centinaia di pagine che vorrebbero essere guide per orientarsi all'interno della normativa, ma che sono per la quasi totalità degli utenti di assai difficile comprensione. Dal nostro punto di vista, il CBAM avrebbe potuto avere senso in chiave di superamento delle Salvaguardie, dei dazi e di tutte le regole che nel corso degli ultimi anni stato sono state imposte da Bruxelles in chiave protezionistica. Resta il fatto però che, per come è scritto, questo regolamento è quasi inapplicabile. Il rischio è che per la prima dichiarazione, relativa all'ultimo trimestre del 2023, si esca con i "default value", ossia si debba alzare bandiera bianca e dire che non si è riusciti a reperire i dati richiesti. Questo perché si chiede un contributo che non è l'importatore a poter dare, bensì l'esportatore. Purtroppo, però, nemmeno le acciaierie più sviluppate, più moderne e simili a quelle occidentali sono il più delle volte in grado di fornire i dati richiesti. Spero quindi che anche per il CBAM si vada verso una proroga o verso una presa di coscienza del fatto che l'impianto di tale meccanismo è eccessivamente complicato. C'è poi un altro tema: il CBAM al momento si preoccupa semplicemente di prodotti che interessano la parte alta della filiera siderurgica, il che è un errore. È vero che nel regolamento è scritto che il suo campo di applicazione potrà essere esteso ad altri manufatti e prodotti finiti, e quindi la norma potrebbe diventare più adatta ad abbracciare l'intera filiera; resta comunque il fatto che, per come è strutturato adesso, il CBAM non protegge il settore manifatturiero. Da sempre spieghiamo ai legislatori che, quando si distrugge la domanda, poi è difficilissimo tornare indietro: il comparto manifatturiero andrebbe aiutato e sostenuto per permettere all’offerta di crescere di conseguenza. Senza domanda, scompare anche l'offerta. Resta poi la questione delle misure di Salvaguardia, di cui abbiamo evidenziato le criticità numerose volte negli ultimi anni e che, a nostro avviso, dovrebbero semplicemente scadere come da programma a giugno dell'anno prossimo. Ci rendiamo conto però, allo stesso tempo, che ha poco senso fare un discorso "spacchettato". Ormai serve cercare di fare un ragionamento organico mettendo assieme tutti i temi: Salvaguardia, CBAM e GASSA sono argomenti che bisogna cercare di affrontare unitamente per riuscire a generare un sistema maggiormente semplificato che sia facilmente applicabile e plasmato sull’intera filiera. Oltre che sui temi relativi alle importazioni, Assofermet si è occupata anche molto di quello dei rottami ferrosi. La pensiamo in modo diverso dai produttori siderurgici, quantomeno quelli italiani, forse anche perché nel resto d’Europa si è molto meno dipendenti dal forno elettrico e quindi l’interesse da parte dei produttori europei su questi temi è decisamente minore. Noi non siamo contrari a proposte che prendano in considerazione la graduale e pianificata regolamentazione delle esportazioni del rottame europeo verso Paesi terzi extra-Ue. Ne abbiamo discusso recentemente anche all’evento Bilanci d’Acciaio a Brescia. Ad ogni modo riteniamo incomprensibile, in parte anche irresponsabile, l’idea di bloccare da un giorno all’altro circa 17-18 milioni di tonnellate di rottame che vengono esportate annualmente dall’Ue verso Paesi terzi. Su questo tema, a suo tempo, abbiamo dato piena disponibilità al dialogo ai rappresentanti dei produttori. Siamo consapevoli del fatto che nei prossimi anni aumenterà il bisogno di rottame in quanto materia prima per la transizione green della siderurgia; chiediamo però che un contenimento dell’export avvenga gradualmente, anche perché la sostituzione della produzione tradizionale con la produzione da forno elettrico richiederà diversi anni. La nostra proposta di un tavolo permanente con i produttori è nata anche dal fatto che vorremmo seguire questo fenomeno da vicino, con aggiornamenti costanti a livello di regolamenti e norme affinché non ci sia mai carenza di questa materia prima necessaria per questo percorso. Chiudere un portone di uscita di milioni di tonnellate di rottame dall’Ue, oltre ad essere concretamente irrealizzabile, potrebbe causare anche fortissimi danni. Il conseguente crollo dei prezzi del rottame farebbe scomparire moltissimi impianti di raccolta e recupero di rottami, fondamentali per la preparazione del materiale. Il rischio quindi è anche giuridico-ambientale, perché i rottami non possono restare depositati presso i piazzali ad libitum. Per finire, si è discusso ovviamente anche di temi relativi ai mercati. Dico ovviamente perché sarebbe stato impossibile non farlo alla luce delle fortissime oscillazioni di prezzo degli ultimi due-tre anni. Ne abbiamo parlato anche nel recente convegno autunnale di Assofermet a Roma, evento durante il quale abbiamo celebrato il nostro 75° anniversario. In generale, il 2023 è stato un anno di grande attività dell'associazione, nel quale abbiamo anche iniziato ad intraprendere dei rapporti un po’ più strutturati con le istituzioni di Bruxelles, di cui avremo modo di parlare nel corso del 2024.

L’anno prossimo terminerà il suo secondo e ultimo mandato da presidente di Assofermet. Quali sono gli aspetti della sua presidenza di cui è più soddisfatto? Quali consigli darebbe al suo successore?

Gli aspetti di cui sono più soddisfatto sono legati alla situazione interna all’associazione, che veniva da un periodo complicato. Al momento del mio insediamento nel 2018 era già stata avviata una fase di risanamento, ma devo dire che il lavoro che la mia squadra è riuscita a compiere nei due mandati che abbiamo avuto a disposizione è stato molto interessante. Non saremmo riusciti a farlo se non avessimo avuto una base associativa molto coinvolta, che ha recepito anche la necessità da parte dell’associazione di dotarsi di risorse anche patrimoniali per migliorare i propri servizi e offrire così una maggior tutela agli associati. Quindi, devo ringraziare tutti gli associati che hanno capito fin da subito le ragioni della riforma contributiva. Riforma che, senza dubbio, permetterà di accelerare il percorso di risanamento che era già stato intrapreso in maniera molto abile dai miei predecessori e che io ho dovuto semplicemente portare avanti nella giusta direzione, magari con qualche accorgimento, come per esempio appunto la riforma contributiva, che ho ritenuto fin da subito necessario proporre e implementare. A seguito di questo percorso legato soprattutto all’attività interna, economica e organizzativa di Assofermet, siamo riusciti a innovarci, ad assumere risorse, a rendere l’associazione più efficiente. Questo mi rende sereno nel passaggio di consegne, perché sono sicuro che il prossimo presidente e la sua squadra avranno molto da fare. Ciò che mi rammarica, invece, è il fatto di non essere riuscito fino in fondo ad instaurare un dialogo costruttivo all’interno della filiera. Spero che il prossimo presidente abbia caratteristiche che lo aiutino a raggiungere questo obiettivo importantissimo. Oltre che con i produttori, non nascondo che vi è stato qualche problema nel costruire in maniera ordinata e continuativa un dialogo anche con gli utilizzatori finali. Questo dipende anche dal fatto che essi spesso appartengono ad associazioni di categoria che dettano la “linea di condotta”, dunque non è facile per loro interloquire con una associazione come la nostra, che ha una fortissima indipendenza. Sono comunque sicuro che anche qui, un passo alla volta, come Assofermet riusciremo a costruire un meccanismo di filiera molto più efficiente. Vorremmo distribuire all’interno della filiera tutti i vantaggi di un’azione, anche di lobbying, che vada a intercettare i meccanismi legislativi proposti a livello sia nazionale che europeo.

Parliamo infine di mercato. In termini di prezzo, abbiamo avuto oscillazioni meno forti che nei due anni precedenti, ma l’anno è stato generalmente più complicato in termini di domanda. Ora si sta assistendo da diverse settimane a rialzi di prezzo un po’ per tutti i prodotti finiti. A suo avviso si tratta di un trend sostenibile?

Una svolta era prevedibile, perché ci si era resi conto facilmente che la situazione alla quale eravamo arrivati a fine settembre non era più sostenibile. Da troppi mesi c’erano forti problemi di marginalità nelle vendite sia di coils che di prodotti finiti, con conseguenze negative sui conti della produzione e della distribuzione. Di conseguenza, era solo questione di tempo. Ha aiutato sicuramente il mercato nordamericano, che ha invertito in maniera molto decisa la rotta e senza il quale, a partire da novembre, il trend rialzista non avrebbe avuto la stessa forza. Ora ci si interroga su quanto possa durare e fino a che punto si possa spingere l’andamento attuale. Ovviamente, molto dipenderà dalla domanda che si genererà sui nostri mercati, perché effettivamente per alcuni prodotti, per i quali si può dire terminato il destoccaggio, la domanda sarà più forte, mentre per altri potrebbero esserci alcune criticità, legate anche all’impianto delle misure di Salvaguardia che ha fatto sì che si accumulassero scorte, per esempio di coils a caldo, estremamente elevate. Vedremo quindi cosa accadrà all’inizio dei prossimi trimestri. Anche a seguito dei continui confronti, riteniamo che questa spinta rialzista sia appena iniziata, anche perché lo sforzo che si chiede ai produttori europei per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale ed energetica richiede ancora forti strappi sui prezzi affinché sia realizzabile. Probabilmente si tratterà di un percorso lento, dal momento che la domanda non è brillante. Bisognerà sicuramente monitorare anche quello che avviene in Germania. Abbiamo visto chiaramente, durante la fiera Blechexpo a Stoccarda, qualche settimana fa, che i tedeschi, fiaccati da mesi di recessione, erano consapevoli del fatto che il loro Governo si stesse per muovere. Le riforme che si stanno decidendo in Germania e che probabilmente prenderanno piede l’anno prossimo credo creeranno i presupposti per una forte ripresa. Credo che potremmo vederla nella seconda metà del 2024 e che rappresenti un elemento di fiducia per tutti i mercati europei, perché non va dimenticato, per esempio, che la manifattura italiana è molto legata al mercato tedesco. Sono quindi molto ottimista, come lo ero a Bilanci d’Acciaio, anticipando alcuni miei colleghi, nel prevedere un giro di boa. Sarà un anno sicuramente più complicato del 2021 e del 2022, ma meno complicato del 2023, in quanto caratterizzato da qualche spiraglio positivo. Il 2024 ci traghetterà verso un 2025 che a mio avviso potrebbe essere brillante, perché vedremo i vantaggi derivanti dalle riforme atte a rimettere in moto il motore tedesco, che è il cuore pulsante dell’economia europea. Va poi considerato che i cigni neri degli ultimi anni – dopo il Covid, la guerra russo-ucraina e, più recentemente, la crisi mediorientale – andranno probabilmente a risolversi completamente o, almeno, questo è ciò che ci auguriamo. Anche in tema PNRR, devo dire che nelle ultime settimane è emerso qualche elemento positivo. Gli operatori economici brancolavano nel buio, mentre recentemente il Governo sembra essersi messo veramente a testa bassa per lavorare su questo dossier. L’impressione è che stiano avvenendo tutti i passaggi necessari affinché entro il 2026 vengano messi a terra questi investimenti molto importanti anche per la siderurgia e i comparti sottostanti.


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