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Un 2023 di "paradossi" per le trafilerie

Rispetto al 2021/22, il calo del prezzo dei finiti è stato «molto più che proporzionale» rispetto a quello dei costi

LECCO L’anno che si sta avviando alla conclusione, cioè il 2023, è stato molto diverso dai due precedenti. È stato un periodo più complicato, a diverse velocità, nonché caratterizzato da paradossi. Su questo sono stati concordi tutti i relatori della tavola rotonda moderata da Diego Minonzio (direttore de La Provincia di Como, Lecco e Sondrio) durante “Trafilando nell’incertezza”, secondo appuntamento con Bilanci d’Acciaio 2023 dedicato al settore delle trafilerie.

Per il gruppo ITA, il 2023 è stato un anno diverso non solo rispetto al 2021 e 2022, ma anche a seconda dei settori utilizzatori e dei mercati regionali. «Dal nostro punto di vista – ha spiegato l’amministratore delegato Andrea Beri – sono stati mesi decisamente difficili per il settore delle costruzioni, con volumi in flessione del 30% e fatturati che hanno visto un calo del 48%. Diverso il discorso per l’automotive, in crescita del 10% per volumi e del 2% per quanto riguarda i fatturati, con gli acciai di qualità che sotto il profilo dei prezzi hanno mostrato una significativa resistenza. Per tutte le altre realtà, i fatturati hanno subito una contrazione del 5%, una percentuale accettabile, in linea con il calo dei prezzi». Parlando di mercati di sbocco, nonostante il rallentamento della Germania, «oggi i clienti tedeschi preferiscono comunque comprare prodotti italiani rispetto a quelli nazionali per ragioni di qualità. Questo ci avvantaggia, unitamente al fatto che i tedeschi hanno difficoltà a fornire i loro stessi clienti sul territorio». Rimane però il problema del divario importante in termini di costi di produzione tra Italia e Paesi come Germania e Francia, ha sottolineato Beri.

Sul tema dei costi si è espresso anche Edoardo Zanardelli, vice direttore business unit Specialties di Caleotto. «Rispetto agli anni 2021 e 2022, giustamente considerati da tutti irripetibili, abbiamo riscontrato quest’anno una significativa debolezza della domanda, ma anche una mancata correlazione tra l’andamento dei prezzi delle materie prime e quello dei prezzi di vendita dei prodotti finiti. Prima i prezzi di vendita seguivano un andamento simile a quello dei primi, prima o dopo. Nel 2023 abbiamo assistito invece a un decremento molto più che proporzionale del prezzo dei prodotti finiti rispetto a quello delle materie prime». Rispetto a un anno fa, ha rimarcato Zanardelli, «la quotazione della vergella è scesa del 30-31 per cento, mentre i costi delle materie prime (rottame, energia) sono scesi del 4% al netto di vari crediti energivori». Rispetto invece a marzo-aprile 2021, cioè prima della crisi energetica, il prezzo del prodotto finito e quello del rottame risultano stabili, ma quello dell’energia è praticamente raddoppiato.

Concentrandosi sul settore dei mollifici, il presidente di ANCCEM, Francesco Silvestri, ha affermato che «l’export incide per le molle per il 30% e, di questa quota, il 45% circa raggiunge l’Europa. Le principali destinazioni sono la Germania per distacco e, successivamente, la Francia». In Germania l’import dall’Italia rappresenta una quota molto bassa dei volumi di importazione totale, il che significa che «c’è ancora tanto spazio per crescere eventualmente sul territorio tedesco. Chiaro però che la crisi dell’economia tedesca pesa». Esistono anche altri mercati di sbocco, ma «il problema della molla – ha spiegato - è che, essendo un prodotto semplice e a basso valore aggiunto, risulta difficile esportarla in mercati lontani. Necessiterebbe di una presenza locale, cioè di aziende in grado di essere presenti fisicamente con delle unità, cosa che per le aziende produttrici di molle, tenuto conto delle loro dimensioni, è molto difficile».

Parlando di costi di produzione e domanda di prodotti finiti, non si può prescindere dal considerare un elemento come il forte rialzo dei tassi di interesse degli ultimi due anni. Rialzo che, tuttavia, sembra essersi interrotto, almeno temporaneamente. «Nell’ultimo meeting della Bce a ottobre è stata decisa una tregua dopo che già la Fed aveva preso una decisione analoga – ha ricordato Davide Vellani, responsabile Direzione imprese e global transaction di BPER Banca -. L’idea è quella di stare a guardare cosa succederà a economia e inflazione. In questo senso, i dati usciti ieri sono incoraggianti, l’inflazione ha dato un segnale di rallentamento. La prossima riunione della Bce si terrà tra circa un mese e la teoria degli analisti è che ci sarà una continuità della tregua all’innalzamento dei tassi». Secondo Vellani, «la domanda ora è: quando inizieranno a calare? Per qualcuno potrebbe succedere già dalla prossima primavera. Certo è che la Bce continuerà a mantenere un approccio molto prudente». Il manager di BPER ha sottolineato infine che «ci troviamo in un periodo di continui paradossi anche nel mondo dei tassi, con l’inflazione che resta molto maggiore di essi. È paradossale anche che i tassi a medio termine siano più bassi dei tassi a breve».


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