12 settembre 2023 Translated by Deepl
Il mercato dei prodotti piani si sta preparando a un autunno piuttosto difficile. «Siamo in una situazione di grande incertezza ed è difficile capire che direzione si stia imboccando» ha detto Emanuele Norsa, analista di Kallanish e collaboratore siderweb, aprendo l’appuntamento di oggi con MERCATO & DINTORNI, il webinar di siderweb dedicato alla congiuntura siderurgica.
La sua analisi è partita dal minerale di ferro. Durante l’estate il prezzo ha rimbalzato in maniera importante, tornando intorno ai 120 $/t (Kore 62% Fe/Qingdao Cfr), quindi «relativamente in buona forma per l’ultimo trimestre. Siamo a livelli più alti rispetto allo scorso trimestre e al di sopra dei minimi di 110-115 $/t di inizio anno. Ma c’è grande incertezza». Dalla Cina, ha spiegato Norsa, arrivano notizie complicate da interpretare: da un lato c’è un’economia che fatica, dall’altro una produzione siderurgica che non sta rallentando come ci si aspettava.
Quanto al coking coal (Australia Fob), da maggio a oggi c’è stata una ripresa del prezzo (arrivato intorno ai 280 $/t). «Rimaniamo su livelli relativamente bassi rispetto agli ultimi 2 anni, ma il fondo è stato toccato». Quindi si potrà avere un influsso sui costi di produzione, visto che anche i costi energetici sono in ripresa rispetto alla primavera 2023.
Il rottame turco (Hms 1&2 80:20 Turkey Cfr) «sta ancora attraversando una fase di sgonfiamento dei prezzi – ha ricordato Norsa -. C’è stato un recupero quest’estate; ora siamo in una fase di stabilità, ma comunque il trend è ribassista rispetto ai picchi toccati a inizio 2023». Da capire se questo trend, nel lungo termine, porterà il prezzo sotto i 350 $/t, o se si raggiungerà una certa stabilità nella fascia 350-400 $/t.
In questo contesto, il minerale di ferro sta mostrando una forza superiore rispetto alle altre materie prime, anche se originata da segnali contrastanti. Rispetto a settembre 2022 infatti, ha illustrato Norsa, il prezzo del minerale di ferro è salito del 20%; quello del coking coal è sugli stessi livelli; la quotazione del rottame è sotto del 3-4%. «A oggi – ha previsto Norsa – il minerale potrebbe chiudere l’anno sugli stessi livelli registrati nel 2022, superando le attese».
Ma la situazione non è così semplice. Tra gennaio e luglio, il consumo apparente di acciaio in Cina, secondo i calcoli di Kallanish, è calato di circa lo 0,5%, mentre la produzione di acciaio è cresciuta del 2,5%. «È il motivo principale per cui il minerale di ferro resta su livelli elevati» ha sottolineato Norsa. Quanto all’outlook per il 2023, ci si attende un output cinese in crescita dell’1,3% (una previsione che probabilmente dovrà essere rivista al rialzo) e un consumo apparente in aumento dell’1,7%. Una variazione che, «con le notizie che riceviamo sul settore cinese delle costruzioni, difficilmente potrà essere confermata. È più realistica una stabilità – ha puntualizzato Norsa -, se non il segno meno».
Le costruzioni residenziali, infatti, consumano oltre il 30% dell’acciaio made in China, il doppio rispetto all’Europa, e il loro trend negativo è iniziato nell’estate 2021. Quindi, il mercato siderurgico cinese ha un problema di domanda interna molto debole, il che apre alla «possibilità di maggiori esportazioni, visto che le produzioni, a oggi, non sono scese. Ma anche alla possibilità di stimoli pubblici al settore, che però non sono stati approvati, e sembra che non lo saranno – ha detto Norsa -. Il mercato sta avendo grossi problemi e necessita o di un rapidissimo cambio di focus su altri settori, come l’automotive che è in crescita, o di tornare a essere un forte esportatore, o di ridurre l’output di acciaio».
Quanto ai prezzi, proprio per questa particolare congiuntura sul mercato cinese i coils a caldo stanno performando meglio rispetto al tondo (-10% su settembre 2022, contro un +4%). In nord Europa la quotazione degli HRC è ancora in una fase di stabilità-decrescita e nei maggiori mercati esportatori non c’è stata una decrescita: a oggi, quindi, ha detto Norsa, «il prezzo europeo non ha necessità di rimbalzare verso l’alto, rimane relativamente sicuro». Tuttavia, arrivano segnali che non si possono ignorare dagli Stati Uniti: dopo una discesa costante durante l’estate, la scorsa settimana il prezzo dei coils a caldo «è sceso molto rapidamente a causa di nuove incertezze: il possibile sciopero degli autotrasportatori, la vendita di US Steel… Ciò rappresenta un campanello d’allarme importante per i prezzi europei – ha detto Norsa -. Anche se stanno trovando una certa stabilità, questa discesa non può essere buon segno per il mercato europeo e rende difficile un rimbalzo dei prezzi nell’ultimo trimestre dell’anno». Prezzi degli HRC europei che sono in una fase negativa rispetto a settembre 2022 (circa -15/18%). «Abbiamo registrato di tentativi di rialzo delle quotazioni da parte di tedeschi ed europei, ma non si sono sentiti sul mercato ed è difficile - secondo Norsa - che possano essere accettati. È un piccolo tentativo di portare il mercato verso l’alto, ma ciò è molto complicato».
Nonostante tutto, in Europa i prodotti lunghi stanno soffrendo ancora di più. Il tondo è tornato intorno ai 600 euro/t, che non si vedeva da fine 2020. «C’è stato poi un riallineamento di mercato, con le quotazioni dei coils che sono tornate sopra quelle del tondo. È la conferma – ha concluso Norsa – dell’attuale grande incertezza. Le costruzioni, dopo il momento di grande ripresa, oggi sono in difficoltà, mentre l’automotive si sta quantomeno stabilizzando».
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