10 marzo 2023 Translated by Deepl
BERZO INFERIORE (Bs) - Il miglior modo per riuscire a capire quanto sia grande l’eredità lasciata da un imprenditore è senza dubbio quello di ascoltare coloro che con lui hanno affrontato l’avventura di costruire e sviluppare l’azienda che, come spesso accade, si trasforma in una famiglia allargata. Il caso delle Ferriere Bellicini per «Pì del fra», come solevano chiamare Valentino Bellicini, non fa eccezione.
Per ricordare l’imprenditore spentosi a 85 anni lo scorso 26 gennaio 2023, abbiamo quindi preferito abbandonare la fredda ricostruzione della storia e dei successi imprenditoriali per ascoltare la figlia Kikka e i suoi collaboratori più stretti: il direttore di stabilimento Luca Turla e il responsabile logistica e acquisti Roberto Gabrieli.
Kikka ha voluto raccontare del padre direttamente alla telecamera. Potete ascoltare il suo racconto cliccando il player qui in basso.
Turla e Gabrieli, complici anche i momenti di emozione che hanno accompagnato i ricordi, hanno preferito affidarsi al testo scritto.
Come ogni imprenditore che si rispetti, le prime qualità che saltano all’occhio sono il forte carisma e la visione sullo sviluppo dell’azienda e dei possibili sviluppi del mercato.
«Una delle sue grandi capacità era senza dubbio quella di far sentire tutti parte di qualcosa, di un progetto comune – racconta Turla –. Che si trattasse delle prime linee o dell’ultimo operaio assunto, lui riusciva a trasmetterti l’importanza del tuo lavoro nello sviluppo e crescita dell’azienda e questo penso si sia visto proprio quando lo abbiamo salutato e nessuno è voluto mancare».
Forse proprio gli operai dei reparti di produzione hanno instaurato con l’imprenditore il rapporto più stretto dal momento che la sua attenzione per la cura e la qualità del prodotto era massima. Al punto che, persino nel periodo della malattia, anche fare solo un giro in laminatoio sembrava la migliore delle medicine.
«Aveva un’attenzione estrema alle persone e una visione capace di trasmettere sicurezza anche quando si navigava in acque agitate. Inoltre, ancor prima che venissero attuate le procedure obbligatorie legate alla medicina del lavoro, lui aveva autonomamente avviato queste prassi – ricorda Gabrieli –. Credo sia stato il primo tra gli imprenditori camuni ad avviare il progetto, proprio perché dava un grandissimo valore alle persone che lavoravano con lui, non per lui, e le ha sempre difese».
«Ci ha insegnato ad avere passione per il proprio lavoro. Può sembrare forse banale, ma è qualcosa che cambia il tuo modo di vivere, l’esperienza lavorativa e il modo e la cura con cui le cose vengono fatte. E questo aspetto siamo lieti di confermare che è passato anche alla figlia. Un segno di continuità che per tutti noi è importante» rimarcano Turla e Gabrieli.
Una capacità di creare empatia con i dipendenti, un legame di riconoscenza reciproca che prosegue anche dopo l’ultimo saluto all’imprenditore, particolarmente sentito da tutti e avvenuto proprio all’interno del reparto di produzione a lui tanto caro.
Davide Lorenzini
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