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ANFIA: come la filiera si sta riposizionando sull’elettrico

Il direttore generale Giorda: il 2023 non sarà un anno sfavillante

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Una «scelta molto netta dal punto di vista tecnologico»: le nuove auto e i nuovi veicoli commerciali leggeri dal 2035 potranno essere solo elettrici o a idrogeno. Questo significa, ha sottolineato Gianmarco Giorda, direttore generale di ANFIA, l’approvazione in via definitiva da parte del Parlamento europeo dei nuovi obiettivi vincolanti per la riduzione del 100% delle emissioni di CO2. «Ci eravamo battuti nei mesi scorsi per un’apertura anche ad altre tecnologie al 2035, che potrebbero dare un giusto contributo alla decarbonizzazione del mondo dei trasporti, che ovviamente noi vogliamo e che riteniamo virtuosa. Ma avremmo preferito, per esempio – ha spiegato –, la possibilità di inserire biocombustibili o carburanti sintetici, che hanno un’impronta carbonica praticamente a zero, valutando tutto il ciclo di produzione e consumo».

Cosa potrebbe significare questo scenario ormai praticamente definitivo per la supply chain e per l’acciaio, Giorda l’ha spiegato nel webinar di siderweb “Acciaio: i clienti protagonisti”, che si è tenuto questa mattina.

«L’auto elettrica ha meno componenti rispetto all’auto a combustione interna ed è meno complessa. Ma soprattutto, buona parte dei componenti “core”, come le batterie, è appannaggio di altri Paesi, Cina soprattutto». Così come lo sono le conoscenze tecnologiche e le materie prime, anche se in Italia e in Europa «si stanno lanciando progetti di giga factory».

C’è poi un altro fenomeno che avrà un notevole impatto sulla supply chain: «Una parte dei nuovi componenti legati all’auto elettrica è sempre più prodotto internamente dai costruttori. Sempre più i grandi OEM – ha spiegato Giorda – stanno producendo per esempio i motori elettrici, perché anche i produttori di autoveicoli hanno il problema di come gestire la manodopera in eccesso» in questa transizione all’elettrico. «Questo rappresenta un’ulteriore limitazione, un’occasione in meno per diversificare l’attività da parte di aziende che oggi producono per esempio serbatoi, sistemi di scarico... che in Unione europea non potranno più essere prodotti, o perlomeno potranno esserlo solo per l’export». Di certo, ha aggiunto, «stiamo vedendo molta proattività nella filiera della componentistica nel guardare alle altre tecnologie legate all’auto elettrica. Storicamente siamo molto forti sui motori diesel e benzina ed è chiaro che rispetto a francesi e tedeschi abbiamo forse meno competenze sulla parte elettronica. Ma abbiamo realtà che in questi due anni, visto il percorso stabilito, hanno saputo guardare anche ad altre soluzioni». Sono 2.200 in Italia le aziende della componentistica automotive; 4-500 sono toccate dalla transizione all’elettrico. «Buona parte – ha chiarito Giorda – sta guardando ad altre soluzioni o ad altri settori, come l’aeronautica e il ferroviario, dove le loro competenze possono trovare applicazione, aiutando a diversificare le fonti di fatturato».

Quanto ai produttori di acciaio che lavorano per l’auto, «il calo del consumo è giustificato dal fatto che in Europa, negli ultimi 4 anni, tra il 2019 e il 2022, abbiamo perso oltre 4 milioni di auto prodotte – ha ricordato il direttore di Anfia –. Siamo passati da circa 15,5 a 11,5 milioni». Inoltre, la necessità di alleggerire i veicoli (quando solo la batteria pesa 3-400 chili) sta facendo sì che si richiedano «acciaio con performance sempre maggiori. Si guarda anche con interesse a materiali diversi, all’alluminio, al magnesio, al carbonio, proprio per alleggerire il peso della vettura».

Quanto al mercato dell’auto, nel 2023 ci si attende un incremento di qualche punto percentuale. «L’anno si è aperto bene, ma scontiamo gli ultimi anni di grande decrescita. Non sarà, insomma, un anno sfavillante. Sarà da vedere che impatto avranno gli incentivi all’acquisto di nuove vetture, che oggi funzionano a singhiozzo».


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